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A scuola di tennis coi maestri di Londra: il quadro delle semifinali
Il talento ha sempre avuto un’applicazione fondamentale nelle aspirazioni di successo di qualsiasi individuo, in qualsiasi campo. Certo, l’applicazione e l’impegno sono vitali, ma la spinta è davvero, davvero forte solo se la molla è di quelle davvero speciali. Come recitava quel famosissimo detto, “Chi non ha talento insegna“. Già. Il punto è che il genio che ha inquinato le menti altrui con queste parole deve non aver mai giocato a tennis.
Perchè in questo sport, maestri si nasce. Non è un caso che nello slang tennistico si parli di Masters, o nel caso delle Barclays ATP World Tour Finals, di Masters Cup: la coppa dei maestri, dove insegnare vuol dire competere, insegnare vuol dire agonismo, insegnare vuol dire vincere. I saggi della racchetta condividono i propri saperi in quel della O2 arena londinese, ma allo stesso tempo vogliono insegnare una lezione ai propri avversari, per confermare col metodo scientifico/empirico i propri saperi. Perchè, si sa, non si finisce mai di imparare, soprattutto se la fame di cultura si associa alla fame di gloria, a tal punto da voler innalzare l’ego personale fino alla vittoria.
Maestri duttili, onniscenti. Una delle materie più insegnate sui campi da tennis è la storia. Come quella che ci raccontano gli esimi professori Roger Federer e Rafael Nadal. Se è vero che l’esperienza è la maggior fonte di cultura nella vita, allora questi due signori devono saperla veramente molto lunga: chi meglio di loro due possono spiegare al mondo la storia contemporanea di questo sport? Quasi un decennio di incroci, alla ricerca del miglior metodo di insegnamento possibile: una comparazione di idee così fulminanti, e altresì così complementari, da aver ispirato più di ogni altra scuola la formazione di nuovi maestri, di nuove storie.
Il FeDal numero trentadue del circuito è ricco di spunti come lo sarebbe il primo, il secondo o il sedicesimo. Perchè cambiano le rotte, cambia la velocità con la quale gira il mondo, ma come meridiane e parallele quei due saran sempre destinati ad incontrarsi, e a garantire un ordine a questo pianeta. Indispensabili come l’amore in una storia d’amore, gli scontri tra questi due signori del tennis, nonostante ranking, età e condizioni fisiche ormai quasi agli antipodi, pervadono l’universo tennis di quel senso di fondamentale e di romantico, come se loro due sorreggessero da soli sulle proprie spalle il peso dell’universo stesso. Son passati tanti tennisti, molti di loro ormai già insediatisi permanentemente nei vertici della classifica mondiale, ma un FeDal rappresenta e rappresenterà per sempre lo scontro tra i due modi migliori di insegnar tennis.
E anche se Rafa s’è oramai insediato in pianta stabile al top del ranking mentre il suo avversario di sempre Rog ha arrancato vistosamente nell’ultimo anno e mezzo, la sfida tra i due nella semifinale delle World Tour Finals è forse uno dei crocevia spagnolo-svizzero più equilibrati da qualche anno a questa parte: un Federer fenomenale sull’indoor ultimamente quasi rinato dalle sue ceneri, orgoglioso e ferito e senza il groppone del mal di schiena da tener sulla groppa, sfida un Nadal padrone del suo destino e capitano della sua anima, in una sfida che forse più di tutte potrebbe determinare chi tra i due è il vero maestro dei maestri.
Ma chi si sta guadagnando un posto al sole tutto suo estraneo alla luce accecante del romanticissimo FeDal è il grandissimo Stanislas Wawrinka. Dopo anni di brancolamenti nel buio, l’altro svizzero del giro titolato quest’anno ha vissuto un momento perennemente eccezionale, entrando nella top ten, facendo semifinale negli US Open e guadagnandosi l’accesso alla Final Eight di Londra. Un’ascesa eccezionale la sua, proseguita col fantastico gironcino giocato in questa settimana, cedendo solo in due tiebreak a Nadal e battendo i più quotati Berdych e Ferrer. Maestoso, imperiale, col suo rovescio squarcia avversari e soprattutto pronostici avversi, coadiuvato da una condizione fisica eccezionale. E il match nella semifinale di stasera con Djokovic è davvero tutto tranne che scontato.
Certo, il serbo non perde un incontro dalla finale degli US Open (!!) consegnata nelle mani di Nadal, ma lo stesso Stan fu capace di metterlo in totale difficoltà proprio nelle semifinali dello Slam americano. Un passato di buon auspicio per Wawrinka, da cui fondare un futuro prospero: perchè il miglior maestro è quello che non smette mai di voler imparare, e soprattutto quello che mette sempre alla prova se stesso. Un professore d’arte estasiato dal mondo che lo circonda e da ciò che circondò il mondo nelle sue epoche più sublimi: Stan è pronto a dipinger tennis, buttando vernice sui numeri in suo sfavore forniti dal prof di matematica Djokovic (in stravantaggio negli scontri diretti con lo svizzero) pur di cominciare un nuovo quadro. Quello tra l’ispirazione artistica di prof Wawrinka e le traiettorie geometriche calcolate al millimetro di prof Nole è uno scontro acceso, intrigante, radioso.
Che dunque, alla fine, vinca la voglia di imparare. E viva la scuola tennis, la cui competizione tra maestri porta in dote un bagaglio culturale infinito nei cuori di noi aspiranti studenti.
Giovanni Nolè