Football
Il taccuino: le meraviglie di Mister Conte
Pubblicato
9 anni fa|

TORINO, 24 MAGGIO – La differenza, nel calcio, la fanno i campioni. E ci sono campioni del pallone, campioni della lavagnetta e anche campioni della scrivania. Le grandi vittorie nascono quando questi tre elementi si intrecciano e si equilibrano l’un l’altro. L’ultimo campionato dimostra come questa sia la realtà: la Juventus è tornata al trionfo proprio nell’anno in cui i campioni della lavagnetta e della scrivania hanno dato il meglio di sè, risultando addirittura più decisivi dei campioni del pallone tanto celebrati sulle pagine dei quotidiani sportivi. Oggi cercheremo di comprendere ed approfondire il ruolo del regista di questa grande impresa, Antonio Conte.
UN ALLENATORE VINCENTE – Il Conte che si presenta ai nastri di partenza di questo campionato è un allenatore contraddistinto da una peculiarità: ovunque (o quasi) sia andato ha dimostrato di saper vincere, si chieda per conferma ai tifosi di Siena e Bari. Ed oltre a vincere, l’allenatore Conte ha dimostrato di essere un profondo conoscitore del calcio, tanto da essere in grado di creare una strategia di gioco completamente innovativa ed inedita. Il Bell’Antonio fin dalla prima conferenza stampa ha declamato – a tratti con irritante spavalderia – il suo credo calcistico: il 4-2-4, modulo e filosofia che gli hanno permesso di vincere il premio federale “Panchina d’Argento” come miglior allenatore della serie B per la stagione 2008/2009 a coronamento dell’incredibile cavalcata verso la promozione del Bari. Sceso in campo per il primo allenamento ha compreso però che applicare le sue idee non sarebbe stato così semplice come in un sogno a lieto fine: la straordinaria eredità ricevuta dalla gestione precedente è un Andrea Pirlo in forma smagliante, un fenomeno di livello mondiale, un giocatore tanto meraviglioso quanto ingombrante.
IL CORAGGIO DI CAMBIARE – L’ex milanista è un regista puro, per vocazione e caratteristiche fulcro del gioco di tutte le squadre in cui ha militato, Milan e Nazionale in primis. Un regista da inquadrare in un meccanismo fondato sulla rapidità del gioco di fascia e sulla prestanza atletica degli interditori che lo affiancano. Una missione difficile, degna di un grande allenatore, appunto. L’obiettivo è trasformare Pirlo da corpo estraneo ad asse portante di un nuovo progetto, di una nuova esperienza tattica. L’acquisto di un fuoriclasse come Vidal ha accelerato ancor di più il cambiamento ideologico dell’allenatore leccese: come pensare di lasciar fuori uno tra Marchisio, Pirlo e il cileno? La stagione però comincia e comincia bene: nelle prime 10 partite la squadra realizza 6 vittorie e 4 pareggi dimostrandosi solida in fase difensiva schierata con il classico 4-2-4 tanto caro al mister e adattato alla presenza di Pirlo che si rivela fin dalla prima giornata (assist meraviglioso per Lichtsteiner) lontano anni luce delle ombre dell’ultima stagione milanista. Conte chiede alla squadra di non gettare mai via la palla in fase di costruzione difensiva e ordisce una rete di passaggi fitta e ordinata attuata appena al di fuori della propria area di rigore, una trama che ha come protagonista principale proprio il regista bresciano a cui è assegnato il compito di rilanciare improvvisamente l’azione sulle fasce per creare dal nulla un capovolgimento di fronte repentino, quasi un contropiede propiziato proprio dal possesso palla. La transizione offensiva è rapidissima ed impone a tutti i giocatori di lanciarsi in avanti per colpire in rapidità o ricostruire il possesso palla all’estremo opposto del campo, appena fuori dall’area avversaria.
Un gioco bello e spumeggiante, l’antitesi tattica del tiki-taka insegnato in quel di Barcellona, l’esempio che si può far calcio, bel calcio, anche in modo diverso.
LA STOCCATA FINALE – A metà del girone d’andata il Bell’Antonio cambia ancora modulo, passando ad un dinamico 4-3-3: la nuova disposizione tattica porta subito i suoi frutti e la Juve si avvicina in maniera consistenta al titolo d’inverno. Il colpo di genio del grande allenatore arriva però il 24 gennaio in occasione di Juventus-Roma. Prima giornata del campionato di ritorno: Conte inaugura il 3-5-2 e il campionato vola inesorabilmente verso Torino. Il tecnico bianconero sperimenta, con una bella dose di fortuna, il modulo che riesce a valorizzare tutti gli elementi della sua rosa: una difesa solidissima che sarà la spina dorsale della nazionale subendo 20 reti in 38 giornate, 3 centrocampisti duttili e perfettamente in simbiosi fra loro, 2 esterni che si comportano come motorini inesauribili e 2 attaccanti con l’esclusivo compito di concretizzare una parte dell’incredibile lavoro di squadra. Possesso palla basso, verticalizzazioni improvvise, attacco portato da 6/7 calciatori contemporaneamente: una meraviglia tattica. Una meraviglia in grado di superare tutte le difficoltà e di portare la squadra alla vittoria finale. Una vittoria meritata.
UNA VITTORIA PER IL CALCIO – Il trionfo della Juventus è in fondo un successo anche per il calcio italiano che ha dimostrato, in primis a se’ stesso, di poter essere – per una volta – innovativo. La squadra di Conte ha saputo essere superiore nella testa prima che nelle gambe ed anzi solo la superiorità mentale ha permesso alle gambe di girare più forte, di reagire ai momenti di difficoltà ed ai cali fisici fisiologici nel corso della stagione, fino al raggiungimento del fantastico risultato di un’intera annata senza macchia nella casella delle sconfitte. Un eventuale Scudetto al Milan avrebbe significato l’affermazione di una filosofia di gioco non molto in voga in Europa, improntata sulla grande forza dei singoli piuttosto che sul grande lavoro collettivo. Ed invece il buon vecchio Belpaese pallonaro ha bisogno di nuova linfa, idee rivoluzionarie, elasticità mentale. Soltanto cosi’ la Serie A potrà ritrovare l’appeal di un tempo rimettendosi al pari con Premier e Liga. Antonio Conte ha vinto il titolo mettendosi sempre in discussione e trasformandosi in un autentico camaleonte della panchina a seconda delle situazioni. Il tecnico bianconero ha tracciato la strada maestra: se il suo esempio venisse seguito da tutti probabilmente il calcio italiano tornerebbe a primeggiare nelle classifiche mondiali di gradimento.
a cura di Angelo Chilla
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