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Storie di sport: Maurizio Schillaci, dall’ Olimpico alla strada

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Maurizio Schillaci

Il calcio è tutt’altro che una scienza esatta. La matematica lo è, la fisica anche, ma di certo non il calcio che contiene un’infinita quantità di variabili le quali possono direzionare il destino in migliaia di possibili sensi. Capita, perciò, di imbattersi in storie come quella di Maurizio Schillaci. Gli appassionati, quelli veri, probabilmente se lo ricorderanno. Cugino del Totò Schillaci protagonista di Italia 90, Maurizio è tutto quello che il calcio non ti può regalare. Già, perchè per ogni campione che sfonda nelle massime serie, esistono centinaia, forse migliaia di ragazzi di belle speranze che inesorabilmente finiscono risucchiati dal vortice dell’ anonimato.

GLI INIZI Maurizio Schillaci cresce nelle giovanili del Palermo, squadra della sua città natale. Il trasferimento al Licata rappresenta la possibile porta verso il successo. Voluto fortemente da Zdenek Zeman, segna 22 gol in 66 gare con la squadra della provincia di Agrigento. Proprio quando lo stesso tecnico boemo passa al Foggia, inizia il calvario di Schillaci: “Fossi andato al Foggia, sarebbe stata la svolta“, racconta lo stesso Maurizio a Siciliainformazioni.com. Il passo dalla quasi fama al pieno declino è incredibilmente breve, soprattutto in un sistema spietato come quello del calcio.

IL DECLINO C’è di fatto che certe volte Madama Fortuna ti gira le spalle di netto. Schillaci passa dal Licata alla Lazio, allora in Serie B. Il suo ginocchio però fa crack e, complice una cattiva cura dello stesso, il siciliano alterna prestazioni pessime a infortuni sempre più frequenti. Prima il Messina, dove gioca insieme al cugino Totò, e poi in seguito la Juve Stabia decidono di puntare ancora su di lui. Tuttavia, i risultati non cambiano. Ancora acciacchi, ancora guai fisici, ancora infortuni. Il calcio sembra avergli definitivamente sbattuto la porta in faccia. Il tunnel della droga, invece, gli si spalanca davanti.

LA BASTARDA Prima l’eroina, poi la cocaina. Quella maledetta nemica della vita e amica dei cuori affranti. Maurizio perde prima gli amici, poi la famiglia e inesorabilmente tutto il suo vissuto se ne va a farsi benedire. La realtà attuale è tutta nelle drammatiche dichiarazioni che egli stesso rilascia al summenzionato portale: “Tutti dicevano che ero più forte di Totò – commenta – Può essere. Di sicuro io non ho avuto la sua fortuna. Il mio declino è stato velocissimo e ora mi ritrovo per strada. Non riesco a trovare lavoro, dormo nei treni fermi alla stazione. Ci sono altre persone con me, siamo un gruppo di 20 barboni. Con mio cugino Totò non ci sentiamo più. Ho lavorato nella sua scuola calcio per un periodo, ma per “travagghiare” là spendevo 300 mila lire e guadagnavo la stessa cifra. Ho deciso di mollare. Ed ero stanco delle chiacchiere della gente, di quel guardarti storto di chi diceva: non porto mio figlio da chi si drogava“.

IL BIVIO La vita ci pone continuamente davanti a delle scelte. Per chi, come Maurizio, è arrivato al punto di non ritorno, non possono esserci che due possibilità: o mollare del tutto o provare a risalire. Schillaci, quantomeno, ha scelto la seconda: ” L’eroina per me non esiste più. Ho toccato il fondo ma ora voglio risalire…“.

La speranza è l’artiglio dell’esistenza. Schillaci ha deciso di credere ancora in qualcosa, nonostante il suo vissuto burrascoso. E il calcio è ancora una parte importante del suo cuore: “Ogni tanto guardo i bambini giocare in mezzo alla strada. Li osservo e mi piacerebbe dare un calcio a quel pallone…”.

LA MORALE Di Maurizio Schillaci il mondo del calcio ne ha sfornati tanti. Molti credono che sia colpa del sistema, altri che sia un problema dell’ uomo stesso (che la fama e i soldi fanno smettere di essere tale). Chissà, magari è solo una questione di fortuna o di sfortuna. Magari se quel ginocchio non si fosse rotto, se le cure fossero state adeguate o se l’offerta del Foggia fosse stata accettata, ora staremmo  parlando di tutt’altra storia. Dello Schillaci campione, del Maurizio goleador. Eppure, siamo convinti che non può esistere campione più grande di colui che sa rialzarsi dopo una tremenda caduta…

Antonio Fioretto

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