Moto Gp
MotoGP Malesia: tragedia sfiorata sul circuito fatale a Simoncelli


Marco Simoncelli: si ritorna a correre laddove perse la vita
Partiamo dalla fine: da un numero 46 che sventola con fierezza e allo stesso tempo rammarico un gran bel numero 58 di colore rosso fuoco, su sfondo bianco e con accanto una scritta grossa così, che parla da sola: SIC, soprannome di Marco Simoncelli. La domenica del motomondiale -tappa odierna il Gran Premio di Malesia– è un mix di emozioni vecchie e nuove, che vanno dall’ adrenalina per il dominio spagnolo in MotoGp (Pedrosa-Marquez-Lorenzo l’ordine di arrivo) alla suddetta immagine di fine gara, la quale racchiude il ricordo nostalgico della morte di Marco Simoncelli, due anni fa e su questo stesso circuito.
LA MORTE – In realtà, l’ombra della tragedia che un anno fa coinvolse il romagnolo ha accompagnato tutta la tre giorni di Malesia. Romagnolo, nato a Cattolica il 20 Gennaio 1987, il Sic fu strappato alla vita il 23 Ottobre 2011 a causa di un incidente fatale, avvenuto dopo pochi secondi dall’ avvio della gara di Sepang. Un colpo impossibile da digerire per i genitori, la fidanzata, i colleghi e tutto il mondo delle due ruote.
MI RITORNI IN MENTE – Se poi, al ricordo della morte di Sic si aggiunge l’ incidente coi controfiocchi avvenuto in Moto2 (6 corridori coinvolti), il quale non miete vittime solo per un puro miracolo della sorte (benevola stavolta), la giornata diventa perfetta per critiche e riflessioni. C’è infatti chi affibia le colpe agli organizzatori delle gare, asserendo che i circuiti sono fatti male, con punti critici e zone troppo compromettenti. Esiste poi il partito dei disfattisti, colore che si scagliano verso l’intero sistema…”Da pazzi metter su un evento dove si corre a 300 km/h e dove si mettono in pericolo delle vite, il tutto solo ed esclusivamente per l’effimero fascino dei soldi”. La teoria numero 3, invece, è rappresentata dai cosiddetti “critici dei consapevoli“. Se io sono un pilota di moto (o di auto, fa lo stesso) so bene che vengo sparato a velocità superiori ai proiettili e so altrettanto bene che può succedermi qualcosa di spiacevole.
COSA RESTERA’? – Se è vero che le chiacchiere se le porta via il vento, quello che resta è la certezza che probabilmente le critiche, le lamentele e le fasi di pensiero umanistico che accompagnano sport del genere solo in seguito a tragedie simili, ci saranno sempre. Proprio per questo in apertura si diceva “partiamo dalla fine”. Rossi che sventola una bandiera in memoria del Sic riporta tutti coi piedi per terra: lo sport esiste, è seguitissimo, è pericolosissimo e, di conseguenza, la tragedia è dietro l’angolo. La rassegnazione e il realismo sono due cose ben diverse. L’obiettivo primario è cercare di migliorare le già altissime misure di sicurezza. Tuttavia, sarebbe un grosso errore dimenticare che il miglior modo per rispettare chi se ne va è andare avanti. Anche Simoncelli avrebbe voluto così.
Antonio Fioretto
