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Segna, soffre, prega, ribalta, ma l’Italia sbatte fuori la Danimarca

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Aquilani ancora a segno con la maglia dell'Italia
Prandelli. ct dell'Italia

Prandelli. ct dell’Italia

IL PREPARTITA – L’Italia per sperimentare e cercare nuove “vecchie” idee, la Danimarca per vincere ed alimentare il sogno brasiliano: è questo lo scenario che apre le ostilità in un “Parken” colmo di spettatori per sostenere la speranza di un’impresa che Cesare Prandelli cerca di spegnere disegnando l’Italia tra una certezza ed un nuovo esperimento. La difesa è guidata dai veterani Buffon e Chiellini, con il centrale juventino accompagnato da Ranocchia. Ai lati si rivedono De Silvestri a destra e Balzaretti a sinistra. Spazio anche a Thiago Motta in fase di interdizione, grazie al supporto di Montolivo in regia e Marchisio al suo fianco. Diamanti e Candreva agiscono alle spalle di Osvaldo.

IL PRIMO TEMPO – Olsen sa di potersi giocare le sue chance contro l’Italia grazie all’aiuto di giocatori fisici come Agger in difesa e Bendtner in avanti e al talento di Boilesen, Eriksen e Krhon-Dehli, pericoloso trio che sul ramo mancino cerca di scombussolare la retroguardia dell’Italia, capace, sin dai primi minuti dal fischio del direttore di gara Lannoy, di bloccare la statica manovra danese, incapace in un giro di palla troppo disordinato ed inconcludente, di produrre occasioni degne di nota. Gli azzurri attendono e cercano di colpire. E se all’11’ Diamanti manca l’appuntamento con il gol sull’ottimo servizio di Osvaldo, lo stesso centravanti del Southampton non fallisce al 28’, quando la gara a tratti soporifera, subisce lo scossone decisivo. Thiago Motta si traveste da Pirlo e lancia un pallone invitante per lo stesso Osvaldo, che osserva scendere dal cielo una sfera toccata dolcemente dall’ex Roma ed è capace di eludere l’intervento di Agger, osservare il posizionamento del portiere Andersen e calciare con un destro chirurgico che si spegne all’angolino e ammutolisce i locali.

La Danimarca è in difficoltà, stordita dallo svantaggio e da una costruzione del gioco assolutamente dannosa che produce solo grandi interventi da parte di una difesa che crolla proprio al primo gong. Khron-Dehli, quasi con la forza della disperazione, pennella verso il centro un pallone sul quale si avventa un Bendtner assolutamente anonimo sino a quel momento: il gigante con un passato non molto glorioso alla Juventus svetta imperiosamente sulla testa di un impotente Balzaretti e schiaccia con tutta la potenza possibile. Buffon può solo accennare una parata, che muore però in fondo al sacco riaccendendo la speranza di una squadra, quella di casa, totalmente rigenerata nella ripresa, quando psicologicamente cambiano i valori in campo.

LA RIPRESA – La ripresa è piena zeppa di brividi tinti molto spesso sui legni salva-Italia. Larsen, entrato in avvio di ripresa, guadagna dopo 10’ una punizione da posizione invitante per Eriksen, che può calciare da una mattonella pregiata. Il gioiello del Tottenham, con una freddezza agghiacciante, lascia partire un destro che si stampa sul palo, mentre Buffon può solo, immobile, pregare che il pallone non termini in fondo al sacco. L’Italia non ci sta e Marchisio, servito da Diamanti, sbuca dalle retrovie e batte a rete, trovando sulla sua strada l’opposizione di Andersen. Ma è solo un fuoco di paglia per la nostra nazionale, chiusa a riccio nella propria metà campo. Il forcing di casa è asfissiante, prendere respiro si fa sempre più complesso con il passare del tempo, specie quando è Zimling a sfoderare una gran botta dalla distanza respinta da Buffon in angolo. Sul conseguente accade di tutto: Bjelland, nel pieno dell’area di rigore, fa partire una conclusione poderosa su cui ci mette ancora una pezza la dea bendata, questa volta mascherata nella traversa che rimette tutto in campo, rischiando in mezzo a mille deviazioni di beffare il numero uno azzurro, che con il supporto di Osvaldo, allontana con riflessi strepitosi ancora sulla bandierina.

PRANDELLI AZZECCA LA MOSSA: AQUILANI – Prandelli legge il momento e comprende che è il turno di Aquilani: l’ex Milan rileva Marchisio per restituire vigore ad un centrocampo, che necessita anche della rapidità di Cerci, entrato per Diamanti. Ma la fortuna e i pali non sono regali eterni, specie quando le ripartenze in 35’ sono poche ed inconcludenti. Ed allora ci pensa ancora Bendtner a punire un’Italia schierata sul traversone di uno scatenato Khron-Dehli, che di fatto fotocopia la rete del pareggio. Cross morbido dalla sinistra in un tre contro cinque che si tramuta nel clamoroso bis concesso dal bomber danese, che stacca ancora e inginocchia gli azzurri ancora nell’angolo sinistro.
L’inerzia cambia: spazio a Gilardino, fuori Montolivo. La mentalità è più offensiva e la reazione è affidata allo stesso centravanti appena entrato che buca l’intervento su un traversone dalla destra quando il cronometro corre verso il minuto 42. Ma questa squadra, nonostante pecchi di “momenti vuoti”, è dura a morire e pesca ancora Osvaldo nel momento giusto. Il numero dieci, nel primo dei tre minuti di recupero, raccoglie sulla sinistra, dribbla verso il centro e calcia un pallone sporcato, anzi, pulito da Aquilani che devìa quanto basta per ingannare l’estremo danese e siglare il 2-2.
Finita? Quasi. Perché al capitolo di un pareggio rocambolesco, rischia di svoltare il finale ancora un siluro di Candreva, ad un passo dalla beffa definitiva per una Danimarca tranciata da una sporca deviazione che di fatto sbatte fuori i biancorossi.

IL PUNTO – Doppio volto della nazionale di Prandelli, attenta e veloce nel primo tempo, schiacciata e sottomessa dalla pressione danese in una ripresa condita da tanta sofferenza, capace di rendere vulnerabile un’Italia bruciata dal bis di Bendtner. I cambi sono decisivi, il baricentro si alza ed è ancora Osvaldo a mettere lo zampino decisivo dopo il gol d’apertura, servendo ad Aquilani, anche involontariamente, il piatto d’oro per evitare di perdere l’imbattibilità nel cammino delle qualificazioni. La vera faccia dell’Italia è ancora oscura, ma servirà lavorare ancora molto per completare una squadra ricca di idee, di caparbietà ma che necessita ancora dei correttivi giusti per ben figurare in Brasile.

Marco Fornaro

Polemico, pedante, pignolo, poco fedele al suo nome (la modestia è dannosa se sei consapevole dei tuoi limiti) ma molto al suo cognome ( piccolo bandito, che fugge dai recinti dell'informazione a un coro solo). Perché leggermi? Perché sono chiaro, informato e motivo precisamente ogni mia opinione

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