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Pagelle US Open: Nadal è Robocop, Wawrinka un museo dell’arte

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Rafael Nadal alla vittoria degli US Open

nadal_h2h_9settembre2010_470 A giochi chiusi e a sangue freddo, ogni colpo assume una fisionomia sempre più chiara e precisa. Alcune palline che sembravano in campo in realtà non hanno neanche toccato la riga di fondo, altre volte un possibile doppio fallo si tramuta nel più imbattibile degli ace. Il compito del pagellista è quello di fare da occhio di falco della situazione, ovvero quello di analizzare, PC sotto le mani e qualche appunto in testa, a fari spenti, le situazioni e i personaggi principali proposti da questa edizione degli US Open. Tra delusioni, rivelazioni e conferme, lo spettacolo della racchetta a Flushing Meadows ha proposto scenari interessanti da pagellare, per quanto dall’esterno sia sempre più facile trarre conclusioni. Ma siccome ad una azione corrisponde sempre una reazione, uguale e contraria, ecco le nostre reazioni, sotto forma di numeri e voti, alle azioni proposte dai migliori tennisti in scena a New York.

Nadal voto 10 – Ingiocabile, irraggiungibile, semplicemente il migliore. Gli manca solo l’opinione della matematica per essere riconosciuto ufficialmente come nuovo numero uno del ranking, ma di fatto la plateale mancanza di concorrenza lo ha reso tale già da prima che lo US Open aprisse i battenti. Il suo gioco non sarà dei più divertenti da guardare, non è di certo un cultore dell’ “hot shot”, ma l’intelligenza e la resistenza fisica messe costantemente in campo dal tennista di Manacor non hanno eguali al mondo. L’unico match più o meno combattuto ce l’ha avuto in finale; per il resto, vedi Rafa e poi muori. ROBOCOP

Djokovic voto 9 – L’unico in grado di creare un ponte tra Nadal e i comuni esseri mortali. Non è più il giocatore del 2011, e più in generale forse nessuno sarà mai in grado di replicare l’annata clamorosa vissuta da Nole due anni fa, lui in primis; la continuità con la quale riesce comunque a raggiungere l’appuntamento della finale in praticamente ogni occasione lo rende in ogni caso un tennista fenomenale. L’ultimo atto degli US Open gli ha consentito, per ora, di mantenere per ancora qualche settimana la prima posizione del ranking ATP, e rappresenta per il serbo la dodicesima finale in un torneo dello Slam, la quinta in uno US Open e la quarta consecutiva. Come a dire: se vuoi vincere qualcosa, prima devi battere il migliore. E per battere un numero uno, serve un numero uno. La resa, difatti, avviene soltanto di fronte al mancino spagnolo, giocando per altro uno dei migliori match di questa stagione tennistica. Poi certo, Novak non alza un trofeo da Montecarlo di metà aprile, e in semifinale ha sudato sette camicie, ma di paura, prima di avere la meglio su Wawrinka; il fatto di dover confrontarsi costantemente con Rafa per la conquista di un trofeo, però, toglie dai riflettori lo stesso serbo, la cui capacità di confrontarsi alla pari con lo spagnolo lo rende comunque uno dei migliori giocatori del decennio. A TESTA ALTA

Murray voto 4 – Le disastrose prestazioni da Wimbledon in poi facevani quasi pensare che Andy stesse nascondendo le sue reali capacità, limitandosi al compitino prima di mostrare, contro avversari più tosti e match dalla posta in palio più alta, le sue carte. E invece, sembrerebbe proprio che lo scozzese abbia lasciato la propria testa sugli incantati giardini dell’All England Club: orrendo a Montreal e Cincinnati, zombiesco nella Grande Mela, fatto a fettina da Wawrinka. Una pessima figura, soprattutto perchè proprio a New York difendeva un bottino troppo importante per essere buttato via in questa maniera. BRITISH BOY

Wawrinka voto 9 – Lo svizzero che non t’aspetti. Stan ha deciso che agli US Open doveva essere in forma, così, di punto in bianco. E il suo corpo si è limitato ad eseguire gli ordini. Perchè se c’è il corpo, i colpi meravigliosi sono già compresi nel prezzo: il suo tennis è la bellezza come la intendevano i Michelangelo e i Da Vinci, il suo rovescio è il miglior highlight di questo torneo. Tutte cose già risapute, d’altronde, per chi Wawrinka l’ha già visto giocare una volta nella vita; questa volta, però, al suo tennis di classe ed eleganza, lo svizzero ha aggiunto quella componente in più capace di regalargli più di qualche soddisfazione a New York: la continuità di risultati. Per informazioni, chiedere a Berdych e Murray. MUSEO DELL’ARTE

Federer voto 4 – Doveva essere il torneo della redenzione per lui.  O forse doveva esserlo Wimbledon, o forse quello ancor precedente. Fatto sta che Flushing Meadows sembrava potesse essere davvero la svolta per Rog, dopo un’annata disastrosa dal punto di vista dei risultati: la bella prestazione contro Rafa Nadal nei quarti di Cincinnati e i primi tre turni passati davvero in scioltezza nel torneo della Grande Mela sembravano davvero far presagire a quella che sarebbe potuta essere una grande sorpresa per l’elvetico e per i suoi innumerevoli fan. Ma è proprio questo contesto di relativa tranquillità che rende ancor più drammatica l’eliminazione per mano di Robredo al quarto turno. Che sia un problema fisico? Difficile, più probabile che forse più di tutti i suoi detrattori Rog si sia convinto che l’aria delle vette più alte è sempre più difficile da respirare. ILLUSIONE

Serena Williams voto 9,5 – Fino alla finale, la solita routine: solo una campionessa come lei poteva rendere normale dare un 6-0 6-3 ad un’assoluta campionessa del calibro della Na Li in semifinale come se si trattasse di una sprovveduta dilettante. Nell’ultimo atto del torneo, però, sapeva che sarebbe stata un’ esperienza completamente di un altro pianeta, quasi di un’altra competizione, contro Ice Girl Vika Azarenka. Solida e glaciale per tutto il percorso che l’ha portata a giocarsi la finale sull’Artur Ashe, il ghiaccio ha rischiato davvero di sciogliersi sotto i colpi della bielorussa, rischiando di cedere soprattutto mentalmente dopo aver perso il secondo set, in cui era in vantaggio di due break, al tiebreak. Ma alla fine l’americana è riuscita a dimostrare la sua completa superiorità anche in situazioni di emergenza, tenendo duro fino alla fine e togliendo i freni inibitori alla sua straordinaria classe e alla sua incredibile potenza nei colpi. Assicurandosi, dunque, il secondo US Open di fila, nonchè il quinto in carriera. TIGRE

Azarenka voto 8,5 – L’unica tennista in grado di affrontare alla pari, per due finali di fila a New York, la campionessa americana, ed un motivo c’è. A differenza di tutte le altre tenniste, Vika è in grado non subire le pressioni, il peso di doversi confrontare con un avversario dalla fama di essere talmente imbattibile, a differenza delle numerose vittime della Williams, che scendevano in campo, già sconfitte, contro il nome di Serena e dall’ecodi onnipotenza che emana, e non contro la Williams stessa. L’ambizione alla vittoria di Vika le permette di non considerarsi inferiore a nessuna, e di sfoggiare tutte le sue armi, completamente cariche, per fermare l’avanzata del rullo compressore del Michigan. Alla fine è costretta a cedere, ma dopo tre set intensissimi, in cui la bielorussa non ha mollato neanche nei momenti in cui il match poteva definirsi già concluso. DONNA DI GHIACCIO

Flavia Pennetta voto 9 – Ha affrontato la Azarenka in semifinale perdendo, ma a differenza della bielorussa prende mezzo voto in più in relazione al percorso che l’ha portara a raggiungere la prima semi in un torneo dello Slam in carriera. Dopo un anno e mezzo da incubo per la brindisina, crollata nel ranking per via di un infortunio al polso che l’ha costretta al forfait negli Open degli Stati Uniti dell’anno scorso, Flavia trova il suo riscatto giocando alla stragrande e mettendo in fila dietro di lei giocatrici come la Halep e la Vinci, che considera quasi una sorella. Ma se si vuole vincere, le emozioni vanno messe da parte quando si è su un campo da tennis. E forse, la tensione di giocare per la prima volta in vita sua una partita così importante contro un avversario così importante come la Azarenka, ha pagato sin troppo; nonostante ciò, la brindisina ha giocato per un set alla pari della bielorussa, provando di dimostrare certi palcoscenici. REDENZIONE

Sara Errani voto 4 – Dall’italiana dalla quale ci si aspettava di più, il risultato che entusiasma di meno. Vero che la siciliana ha sofferto incredibilmente il cambio di superficie, e con la terra rossa ancora attaccata al completino, ha combinato solo disastri tra Wimbledon ed il cemento americano. Una allergia al cemento che l’anno scorso non aveva provato più di tanto, ma che quest’anno non ha fatto altro che indebolirla negli scambi e rendere ancor più inefficace il suo già mediocre servizio; alla fine, da testa di serie numero cinque, deve arrendersi nella sfida sorellicida contro la Pennetta. ALLERGIA PORTAMI VIA

Pioggia voto 9 – Mai come quest’anno, i nuvoloni carichi d’acqua, qualche folata a parte nei primi turni, si son fatti i fatti loro, tenendosi lontani dai campi del Flushing Meadows. Voto 2 però per il dispetto fatto: per paura della pioggia, si è spostata la finale maschile al lunedì. E alla fine, con tanto di pernacchia, non ha fatto la cortesia di presentarsi.

Le gufate di Wilander voto 0,0001 –Come potete pensare che uno come Roger Federer possa perdere anche solo un set contro uno del calibro di Robredo?” “Il vincitore del torneo? SICURAMENTE Djokovic” Ecco, sì.

La maglietta di  Stepanek voto 100 – Ovvio, dipende dai punti di vista. Ma guardando gli obbobbri presentati nei tornei precedenti, lo skyline di New York su sfondo bianco è un’innovazione non da poco. Bravò.

Pubblico voto 2 – Soprattutto durante la finale maschile. Molto rumoroso, troppo irrispettoso nei confronti dei due giocatori, infastidendo con i suoi ululati tra un punto e l’altro. Uno schiaffo morale, ma pure fisico direi, alla concezione di tennis come sport di eleganza e nobiluomini.

Giovanni Nolè

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