Football
Roma, nun fa la stupida sta…volta: il tuo uomo è Mancini!
Pubblicato
8 anni fa|
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Vincenzo Arnone
La guida tecnica della Roma per la prossima stagione è uno degli enigmi di questo primo scorcio di estate calcistica, anche se parlare proprio di enigma è, forse, improprio. La realtà è un’altra e ben più dolorosa: saltati Allegri e Mazzarri, la dirigenza romanista si è ritrovata senza un “piano C”. Il nuovo corso formato stelle e strisce si trova in mezzo a un guado e davanti a un bivio. Sono passati appena due anni dalla mancata conferma di Montella e conseguente arrivo di Luis Enrique eppure sembrano passati due decadi. Già, vent’anni, come nei primi anni 90 quando la Roma era una Rometta e non era ancora esploso l’astro Totti…
DUE ANNI E TROPPI ERRORI – Pensare all’errore dell’addio a Montella, poi messosi in luce sotto l’Etna e consacratosi a Firenze quale uno dei migliori tecnici emergenti del nostro calcio, è come sparare sulla croce rossa, soprattutto visto che il suo sostituto, il bonario ma acerbo Luis Enrique, non è riuscito a portare l’atmosfera del Barcellona dalle parti di Trigoria. Archiviato lo spagnolo, ecco Zeman: sulla sua scelta, è pesato anche il parere della “piazza”, favorevole al suo ritorno a quindici anni circa dal suo primo addio. Le minestre riscaldate però spesso risultano poco digeribili e poco saporite e quella del boemo, a parte rari sprazzi, ha dimostrato che gli ingredienti della Serie A ormai sono cambiati e che per la Zemanlandia in versione 1.0 non c’è spazio. L’esonero di ZZ fa arrivare in panchina AA, Aurelio Andreazzoli, già collaboratore di Spalletti (l’ultimo allenatore che sia stato veramente amato tanto dalla piazza quanto dalla squadra) e pronto per il grande salto… nel buio della metà classifica e della finale di Coppa Italia persa contro la Lazio, che brucia come sale su una ferita aperta nell’orgoglio dei tifosi, con tanto di litigio finale con Pablo Osvaldo, che ha sicuramente sbagliato i modi e i tempi della sua contestazione ma…
LA ROSA DEI PAPABILI – Adesso la dirigenza si gioca tutto perché, dopo due anni senza Europa, è giusto che i tifosi giallorossi incassino quella cambiale di fiducia, firmata in bianco, con il passaggio di proprietà e con l’avvio del fantomatico “Progetto”. E molto, forse addirittura tutto, dipenderà dal nome del prossimo allenatore. I nomi che circolano sono quelli dei francesi Rudi Garcia e Laurent Blanc (che però, sperando in una chiamata del PSG, si è chiamato fuori), dell’argentino Marcelo Bielsa e del “nostrano” Roberto Mancini. Sono tutti ottimi tecnici, preparati e capaci di grandi cose, ma tutto dipende da cosa vuole fare la Roma. Provare ad essere una grande squadra è un azzardo che spesso paga, ma rimane un azzardo, comportarsi da tale, invece, è altra storia, altra pasta, altra categoria. E tra gli allenatori in ballo, l’unico che potrebbe fare, da subito o quasi, la fortuna della Lupa è solo e soltanto uno: Mancini.
PERCHE’ PUNTARE SU MANCINI – Per palmarès, mentalità, stile di gioco e carattere, il “Mancio” rappresenta la più valida alternativa tra quelle in campo: ha vinto su tutte le panchine che ha occupato, da quella della Fiorentina a quella del City, ha dato spesso un’impronta riconoscibile alle sue squadre, è stato in grado di aprire un ciclo vincente all’Inter, facendo valere spesso le sue ragioni e inimicandosi qualche dirigente (cosa che in nerazzurro è mancata, come le vittorie, dal dopo-Mourinho in poi, tanti auguri a Mazzarri). Di contro il suo stipendio non è esattamente “cheap” e vuole con sè uno staff piuttosto ampio e dispendioso, ma il gioco potrebbe valere la candela se dovesse riuscire a ripetere sulla sponda giallorossa dell’Olimpico quanto fatto altrove. Nonostante i suoi trascorsi laziali, è considerato dai tifosi come la scelta migliore per uscire dalla palude degli ultimi due anni, a dimostrazione che anche la curva si è stancata di supportare una squadra che gioca a fare la grande ma è stata, finora, un’incompiuta. Con la testa di Baldini rotolata a causa dei “gran rifiuti” di Mazzarri prima e Allegri poi, il pallino è adesso in mano a Pallotta e Sabatini: sta a loro decidere se giocare ancora una volta d’azzardo o riportare la Roma ai fasti di un tempo, se lasciare perdere i “Progetti” per tornare a vincere o se rimandare ancora una volta l’appuntamento con la storia. Perché la storia, anche quella del calcio italiano, non perdona. Per averne la conferma, citofonare Zeman e Luis Enrique.
Vincenzo Arnone
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