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La storia del Borussia Dortmund: dalle stalle alle stelle in cinque anni
Pubblicato
8 anni fa|
Editor
Mirko Di Natale
Il gioco del calcio è fatto oltre che di calci dietro ad un pallone, anche di analogie, di storie che si intrecciano tra di loro in grado di creare ed allacciare nuove realtà e dimensioni. Un esempio concreto di tutto ciò è il Borussia Dortmund, club tedesco che nelle ultime tre stagioni, ha fornito e regalato parecchie gioie ai propri tifosi, ma prima di questo triennio non erano tutte rose e fiori.
DOPO LA PIOGGIA IL SOLE – Facciamo prima un piccolo passo indietro e partiamo dal recente passato. La gloriosa nazionale tedesca conobbe una serie di insuccessi e di brutte figure, come quella rimediata in occasione di Euro 2000, quando l’allora Germania era guidata da Erich Ribbeck, e tra le sue file annoverava tanti giocatori ormai a fine carriera come il trentanovenne Lothar Mattheus. I Campioni in carica vennero eliminati alla prima fase senza neanche una vittoria, con la sconfitta altisonante rimediata dal Portogallo per 3-0. La disfatta di Belgio e Olanda (paesi ospitanti di quell’Europeo) fece davvero bene alla nazionale teutonica, proprio da li vennero gettate le basi che a distanza di 13 anni abbiamo visto. Innanzitutto investire di più nei settori giovanili attraverso accademie e scuole calcio, inculcare nella famiglia il concetto di calcio al ragazzo e farlo crescere seguendolo passo per passo. Con l’avvento poi dei Mondiali del 2006 in casa, la Germania che tra l’altro veniva da un’altra delusione di due anni prima ad Euro 2004, con una squadra più giovane rispetto al passato (spiccavano il ventunenne Lukas Podolski ed il ventiduenne Bastian Schweinstiger), guidata da Jurgen Klinsmann, conquistò un insperato terzo posto, che l’ha proiettata ai risultati eccellenti visti oggi.
IL MODELLO BORUSSIA – Parallelamente a questo, il Borussia Dortmund (l’unica assieme a Bayern Monaco e ad Amburgo ad aver conquistato la Champions League tra le formazioni tedesche) aveva appena vinto nella stagione 2001-2002 il suo sesto titolo teutonico. La cattiva gestione societaria portò la formazione di Dortmund ad un forte indebitamento, e per sanarlo è stato necessario vendere addirittura il proprio stadio ad una compagnia di assicurazioni, e a tagliare il 20% di stipendio ai propri calciatori. Il Borussia, dopo stagioni al di sotto delle aspettative, attestatasi tra la zona medio-bassa, trovò respiro nella vendita dei propri gioielli, quali i cechi Thomas Rosicky e Jan Koller, oltre del veloce terzino tedesco David Odonkor. Il profitto ricavato da questi calciatori, ha permesso ai gialloneri di intraprendere la via già inarcata dalla Germania calcistica e quindi di puntare sui giovanissimi talenti provenienti dalle scuole calcio dislocate nella Nazione. Dopo aver sfiorato la retrocessione in seconda divisione nel 2007, pian piano il Borussia ha iniziato a mettere dei tasselli importanti che gli han permesso di ottenere la finale di Champions quest’anno. Il primo passo è stato ingaggiare un allenatore semi-sconosciuto allora (Jurgen Klopp), promuovere giovani di talento dal vivaio alla prima squadra (vedesi gli esempi di Mario Gotze e Marcel Schmelzer) e comprare giocatori sconosciuti a pochi soldi o a parametro zero (come Mats Hummels strappato ai rivali del Bayern o Robert Lewandowski, comprato grazie al rifiuto del Genoa per 4 milioni di euro). Nel solo 2012 il BVB ha fatturato 34 milioni di utili grazie anche agli ottantamila spettatori di media in casa.
Una pianificazione quella imposta dal calcio tedesco durata tanto quanto basta a vederne i risultati, non soltanto la nazionale si è risollevata, ma i club stanno bene economicamente grazie al culto degli stadi di proprietà sempre pieni, che qui in Italia probabilmente non vedremo mai. L’aver toccato il fondo ha permesso di risalire e rinascere come un’araba fenice, credendo e dando fiducia ad un gruppo di giovani che ora dominano in lungo e in largo, lasciando agli altri le briciole. Il caso concreto è quello italiano: siamo passati da vedere campioni del calibro di Van Basten, Platini, Ronaldo e Zidane, a tifare per giocatori(ni) come Alvarez, Bendtner, Jonathan e Constant, regredendo di anno in anno dai successi degli anni 90 alle briciole attuali. Perché mentre i nostri rivali crucchi costruivano il loro futuro con il coraggio delle idee, il belpaese che era il centro del mondo sperperava sempre più, facendo diventare quello che una volta era il calciomercato in mercatino delle pulci.
Mirko Di Natale
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