Connect with us

Prima Pagina

Juventus : dieci anni fa moriva Gianni Agnelli, uomo d’altri tempi e simbolo di un calcio che non esiste più

Pubblicato

|

TORINO, 24 GENNAIO – Il protagonista di uno dei più grandi capolavori cinematografici della storia, recitava in questo modo : “Le gesta che facciamo in vita, riecheggiano per l’ eternità“. Cosa aggiungere? A volte una semplice frase può racchiudere il senso di una vita intera. Chi ha avuto la fortuna (tutti noi) di conoscere, di vedere, o solo di sentir parlare dell’ Avvocato Gianni Agnelli e delle sue gesta, non può far altro che ripensare alla suddetta citazione. Oggi, 24 Gennaio 2013, ricorre l’anniversario della sua morte. Dieci anni fa, infatti, moriva uno dei personaggi più carismatici ma allo stesso tempo signorili del nostro calcio. Un uomo vero, da ricordare ed ammirare a due lustri di distanza dalla sua scomparsa. Giochi del destino per colui che del numero 10 era innamorato.

Ma chi era Gianni Agnelli? Non è facile dirlo. Non è facile semplicemente perchè Gianni Agnelli era tante, troppe cose. Svolgeva tanti ruoli, ricopriva molte cariche, sedeva dietro troppe scrivanie, il tutto rimanendo sempre sè stesso.

VISIONARIO Gianni “eredita” dal nonno nel 1966 il comando dell’azienda di famiglia dopo un periodo ventennale di “reggenza” da parte di Vittorio Valletta. Insediatosi al timone della Fiat all’età di 45 anni e avendo precedentemente svolto semplici ruoli di rappresentanza, Giovanni (così all’ anagrafe) si trova a far fronte a vari problemi : rinnovamenti di produzione, legami vari con potenze estere, reminiscenze negative delle gestioni precedenti. Nell’ arco della sua guida al timone dell’ azienda piemontese, Agnelli prenderà decisioni straordinarie, dettate da una filosofia innovativa e da delle idee geniali. Espande l’azienda con l’ inizio della costruzione di aereoplani; ingloba anche la Ferrari, dando così nascita ad un binomio di storia e prestigio; affronta la grave crisi finanziaria degli anni 70; quelle successive degli anni 80′. Ma ciò che più ha distinto l’ Avvocato è stato il suo obiettivo principe : l’ Internazionalizzazione.

Sia nel campo imprenditoriale che in quello calcistico, Agnelli ebbe la capacità e di conseguenza la responsabilità di portare l’ Italia nel mondo. Lo fece con la Fiat, e lo fece soprattutto con la Juventus. Conosceva persone ovunque, aveva legami influenti in ogni luogo, sapeva chi aveva di fronte in qualsiasi dove si trovasse. Era amico dei Kennedy e della Famiglia Reale Inglese. Nel mondo del calcio tutti lo rispettavano e lo ammiravano, oltre ovviamente a temere la sua squadra, la Juve per l’appunto. Già, Agnelli e la Juve…

CUORE BIANCONERO Agnelli è stato un simbolo della Juventus e della juventinità. E’ soprattutto grazie a lui che oggi si parla di stile Juventus, quello vero. Ha comprato il meglio che c’era da comprare, investito in maniera, attenta e oculata. C’è chi dice che addirittura studiasse le cartelle cliniche degli eventuali nuovi acquisti. Il tutto, condito da una passione fuori dal normale. I suoi anni “bianconeri” sono stati imperniati di successi strabilianti. Ha praticamente vinto tutto ciò che c’era da vincere. Come dimenticare, poi, il lato romantico e straordinariamente sensibili dell’ Avvocato? Memorabili i soprannomi affibbiati ai vari Del Piero, Vialli, Baggio e Platini. Sostanzialmente irripetibili. E poi … E poi c’erano le sue frasi.

Le massime di Gianni Agnelli si sono guadagnate menzioni sui libri di aforismi. Quei pensieri che come un equilibrista si barcamenavano sul sottile confine tra poesia e cinismo. Ne riportiamo alcune, per prendere una boccata d’aria, separandoci dall’ inquinato mondo calcistico di oggi. Gianni Agnelli anche con semplici citazioni è tuttora in grado di ricordarci che è stato un uomo d’altri tempi, simbolo di un calcio che non esiste più. Arrivederci Avvocato …

LE SUE MASSIME, STORIE DI CALCIO E DI VITA

Una cosa fatta bene può essere fatta meglio.

Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme.

Nei momenti difficili di una partita, c’è sempre nel mio subconscio qualcosa a cui mi appello, a quella capacità di non arrendersi mai. E questo è il motivo per cui la Juventus vince anche quando non te l’aspetti.

[Su Michel Platini] L’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras.

È abitudine della Juventus dire e credere che quando le cose vanno bene il merito è dei giocatori, quando vanno meno bene la responsabilità è della società.

[Su Marcello Lippi] Il più bel prodotto di Viareggio, dopo Stefania Sandrelli.

La Juventus rappresenta, per chi ama la Juventus, una passione, uno svago… e qualche cosa la domenica. Noi abbiamo cercato di dare a loro il migliore spettacolo possibile e anche molte soddisfazioni.

[Il giorno dopo la finale di Coppa dei Campioni 1982-1983: Amburgo-Juventus 1-0] Non è successo niente, questi tedeschi ci hanno insegnato a leggere e a scrivere.

[…] Perché la Juventus, dopo già un secolo di storia, è diventata una leggenda. Una leggenda che è sorta in un liceo di Torino e che ha finito per conquistare nove, dieci milioni di tifosi in Italia e, certo, altrettanti all’estero con un nome, una maglia e dei colori conosciuti in tutto il mondo.

[Prima della finale della UEFA Champions League 1995-1996 tra la Juventus e l’Ajax] Se loro sono una squadra di pittori fiamminghi, noi saremo dei piemontesi tosti.

[Rispondendo a chi chiedeva: «Vinca la Juve o vinca il migliore?»] Sono fortunato, spesso le due cose coincidono.

Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi.

[Su Franco Zeffirelli] È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire.

Fino ad oggi il Partito comunista è stato visto con due prospettive: quella della speranza e quella della paura. Dopo l’episodio di oggi credo che la prospettiva della speranza sia cancellata. [Dopo il picchettaggio di Mirafiori: frecciata a Enrico Berlinguer]

Faccio i complimenti a De Benedetti anche se lui parla male di noi. [Dopo una sua affermazione sulla Fiat]

Come tutti i politici, anche Montezemolo è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi: è più sensibile ai giornali che ai fatti. Sbaglia.

«Avvocato, sono Marta Marzotto», gli disse la nobildonna correndogli incontro. E lui: «Sì, lo so», sveltendo il passo per raggiungere l’ascensore.

Ci si innamora a vent’anni: dopo si innamorano soltanto le cameriere.

Saragat: «Caro Agnelli, adesso che è presidente della Fiat non potrà più corteggiare le ragazze». Agnelli: «Allora mi dimetto subito».

Non siamo una repubblica delle banane. [Sui severi commenti della stampa estera su Silvio Berlusconi prima delle elezioni del 2001.]

[Su Zibì Boniek] Bello di notte.

[Su Aldo Serena] Bravo dalla cintola in su.

[Su Alessandro Del Piero] Mi ricordava Pinturicchio. Adesso è Godot.

[Su Diego Armando Maradona] Migliore di qualunque allenatore.

[Su Roberto Baggio] Un coniglio bagnato.

Antonio Fioretto