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Overvaluation: Vampeta, un baffetto costato 30 miliardi di lire

ROMA, 20 DICEMBRE – Siamo a cavallo tra il vecchio ed il nuovo millennio, epoca in cui gli sprechi e gli eccessi sono all’ordine del giorno nel calcio italiano. C’è una storia, quella dell’Inter, che nel vano tentativo di vincere un campionato a suon di miliardi riesce ad imporsi prima in classifica nella “black list” dei bidoni. Poi c’è una storia nella storia, di quelle divertenti più che sportive. La storia di Marcos André Batista Santos. Scritto in questi termini nessuno potrebbe mai capire di chi stiamo parlando, ma forse ricollegando a questo sopravvalutato il nome di Vampeta, salterebbe subito in mente l’immagine di uno stiloso, inconfondibile baffetto. Era il 1974 quando a Nazaré das Farinhas, in Brasile, nasce un piccolo grande talento del calcio brasiliano, dai denti un po’ troppo lunghi da sembrare un piccolo vampiro e dagli occhi da diavolo, che in brasiliano si dice capeta. Non è uno scherzo, è lo stesso Vampeta a dichiarare orgogliosamente che il suo soprannome da film horror deriva dalla fusione tra vampiro e capeta.
CHI BEN COMINCIA E’ GIA’ A META’ DELL’OPERA? – L’avventura calcistica del vampiro baffuto inizia in patria, in Brasile, nella squadra dello stato di Bahia, il Vitória. Finchè dall’Olanda non arriva l’intuizione più geniale che abbiano mai avuto nelle fila del PSV Eindhoven. Un paio d’anni dopo l’acquisto di un certo Ronaldo Luís Nazário de Lima (anche lui non scherza in quanto a dentatura), i dirigenti “orange” fiutano le potenzialità di Vampeta. E’ la stagione 1996/97 quella in cui la squadra di Eindhoven conquista il Campionato olandese e la Supercoppa d’Olanda. L’esperienza nei Paesi Bassi dura due anni, in cui il centrocampista disputa ottime prestazioni e mette a segno qualche gol, anche se la sua affermazione non è tale da attirare già l’interesse di altri club in Europa. Ritorne per altre due stagioni in Brasile, nel Corinthians. E’ in questo periodo che arriva la consacrazione calcistica di Vampeta: 1 Campionato brasiliano, 1 Coppa del Brasile e una Coppa del mondo per club. Sembra un predestinato.
FINALMENTE L’INTER – Non si fanno attendere le offerte dei grandi club europei, tanto che la migliore si concretizza nell’acquisto del portentoso centrocampista brasiliano da parte del maggiore attrattore di bidoni del momento, Massimo Moratti, pronto ad investirci ben 30 miliardi di vecchie lire. Condito da un bel triennale con opzione per il quarto anno, 4 miliardi puliti a stagione. L’approdo all’Inter sembra segnare l’ennesima affermazione di un talento brasiliano tra i nerazzurri, tant’è che Vampeta trova in squadra proprio Ronaldo, il (vero) Fenomeno. “Un po’ Rivelino, un po’ Dunga“, il pensiero del ct della Seleçao Luxemburgo, che in Nazionale lo considera un titolarissimo. “Il Tardelli moderno“, l’eco di Antognoni. “E’ talmente bravo che la sua collocazione non è e non sarà sicuramente un problema“, assicura Oriali. Sbarca fisicamente in Italia il 5 settembre del 2000, in una sessione di mercato affollata (Macellari, Cirillo, Ferrari, Pirlo, Brocchi, Farinos, Hakan Sukur e Robbie Keane) che fa fregare le mani al mister Marcello Lippi. E’ l’8 settembre del 2000, finale di Supercoppa italiana contro la Lazio: l’Inter perde 4-3, ma il brasiliano è già in campo e segna anche un gol su un cross sballato. Sembra l’inizio di un idillio. Detto fatto. Gioca la sua prima partita di serie A, a Reggio Calabria, il 1° ottobre 2000: Reggina-Inter 2-1, la domenica della sceneggiata di Lippi in sala stampa. Vampeta resta in campo 72′. I primi ma anche gli ultimi. Il nuovo allenatore Lippi viene cacciato dopo la prima giornata di campionato, sostituito da Marco Tardelli che stronca prematuramente la carriera meneghina del nostro baffuto sopravvalutato. Vampeta ama la movida, si dice. Ma Tardelli non lo ama e non lo vuole né in campo né accanto a lui. Solo tribuna per il simpatico baffetto, che raccoglie solo 5 presenze nelle coppe sino a dicembre 2000. “In Brasile sono un idolo e perciò mi chiedo: possibile che i brasiliani siano degli stupidi e che in Italia abbiano tutti ragione?” – durante un suo sfogo dalle tribune nel novembre dello stesso anno.
GLI ULTIMI ANNI – Tempo gennaio ed è già in partenza per un’altra destinazione. Viene praticamente regalato dall’Inter al Paris Saint Germain, in cambio di Dalmat. In un’intervista rilasciata a Playboy (sembra strano ma è vero, proprio a Playboy) sulla sua permanenza a Parigi Vampeta dichiara: “Moratti sa tutto di petrolio, ma di “bola” non s’intende. Milano è una città di negozi dove piove sempre. Neppure Parigi mi piace: c’è la torre, ci sono i musei, ma preferisco la spiaggia di Bahia, per chi sa vivere non c’è posto migliore. La mia seconda patria è l’Olanda, un Paese libero: donne, droga, birra. La gente fuma, beve e si fa gli affari propri“. Anche questo nuovo tentativo di affermazione europea rimane vano, il centrocampista non trova stimoli giusti e gioca solo 15 partite. Così arriva di nuovo il tempo di tornare in Brasile, dove prova a ritornare il calciatore di una volta prima con la maglia del Flamengo e poi di nuovo con quella del Corinthians. Nel 2002 un brutto infortunio lo rigetta nel dimenticatoio, costringendolo a cercare ingaggi di fortuna, come quelli in squadre minori brasiliane o a provare un’improbabile esperienza in Kuwait, buona solo racimolare qualche petroldollaro. Altre 19 presenze strappate nel Corinthians nel 2007, finchè l’anno successivo non comunica l’addio definitivo alla carriera professionistica. Non si hanno concrete tracce di lui fino al 2011. Vampeta compie 37 anni e dichiara: “Gioco e alleno il Gremio Osasco in terza divisione, guadagno appena 450 euro al mese, e visto che sono l’allenatore mi manderò in campo per soli 15 minuti a partita, altrimenti rischiano il posto sia il giocatore sia il tecnico…“.
CON IL BRASILE – E’ proprio strana la carriera di Vampeta. Tanto disastrata e inconcludente coi i club quanto duratura e vincente col la maglia della sua nazionale. Tra il 1998 ed il 2004 colleziona 41 presenze e 2 gol. Sembra incredibile ma nel 1999 gioca da protagonista e vince la Coppa America. Nello stesso anno fa parte della spedizione che conquista l’argento alla Confederations Cup 1999. L’ultima chicca della carriera (calcistica) del brasiliano è la partecipazione ai Mondiali di calcio del 2002, vinti dallo stesso Brasile, nella quale però Vampeta colleziona solo 18 minuti nella prima partita contro la Turchia.
CARRIERA PARALLELA – La vita del nostro protagonista lo ha visto non soltanto impegnato nell’ambito calcistico. Anzi. Lo è stato anche e soprattutto in altri ambiti, che vanno da quello omosessuale a quello eterosessuale. Prima di sbarcare a Milano il bel Vampeta (da alcuni definito “il Clarke Gable brasiliano”) appare in un servizio fotografico uscito sulla rivista gay “G Magazine”.
E’ immortalato nudo e in baffi, con il corpo marmoreo ricoperto da litri di olio, dentro una porta da calcio con le maglie della rete a fungere da elemento “portante” per la resa della foto. Il tutto a suo dire per beneficenza: “Mi hanno pagato 80mila dollari e una buona parte della cifra l’ho consegnata al padre di Cesar (suo amico e factotum di Ronaldo)”. Un sacrificio necessario per ristrutturare un vecchio cinema nella sua città natale. Un gesto da apprezzare. Poi ancora altre foto lo ritraggono in compagnia di trans più grossi di lui. Senonché la sfera dell’omosessualità sembra avere un seguito, in senso omofobico, nella vita di Vampeta.
Anni dopo criticherà alcuni calciatori della Nazionale campione nel 2002, come Kakà o Baptista, etichettandoli in maniera dispregiativa come dei bambi, che nello slang brasiliano è sinonimo di omosessuale e non del cerbiatto della Disney. Non mancano accenni alla sua eterosessualità quando durante un concorso di bellezza, in cui fa parte della giuria, dichiara: “Forse non capirò niente di calcio, ma di donne sono un vero esperto…“. Un personaggio controverso Vampeta: appena conquistato il Mondiale nippo-coreano da protagonista, si presenta al ricevimento presidenziale completamente sbronzo e in cerca di realizzare un’improbabile balletto. Non avrà lasciato un segno indelebile sul campo, ma fuori dal campo nessuno si dimenticherà mai del suo baffetto.
Gaetano Galotta
