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Tributo a Riccardo Schicchi, il re del porno italiano
ROMA, 10 DICEMBRE – In morte come in vita: lontano dai riflettori, lasciava che fossero le sue “creature” a parlare per lui. Così la fine è arrivata, improvvisa, sottotraccia, ma ci costringe a fare i conti col nostro passato, e con un’età che non tornerà più, dai contorni intimi e privati, spesso divisi solo con gli amici più stretti, o spesso mai.
All’età di 60 anni, in solitudine, si è spento al “Fatebenefratelli” di Roma, Riccardo Schicchi fotografo, regista, talent-scout produttore e imprenditore italiano che ha legato indissolubilmente il suo nome agli anni d’oro del porno italiano.
GLI ESORDI E L’INCONTRO CON ILONA STALLER – Riccardo Schicchi nace a Sciacca, in Sicilia nel 1952: talento precoce, si diploma al liceo artistico con specializzazione in fotografia e riesce a diventare reporter per il tabloid “Epoca”: il lavoro lo porta a girare il mondo, e non mancano zone di guerra tra i suoi servizi più apprezzati.
Ma è l’incontro con Ilona Staller, a dare una svolta alla sua carriera e, senza che ce ne aggorcessimo, ai destini delle generazioni a venire: insieme alla procace modella e pornostar ungherese, sdoganò progressivamente il mondo del porno nel perbenismo italiano degli anni ’70. All’inizio in radio, nella trasmisione Voulez-vous coucher avec moi, dove i due, da conduttori, discutevano di sesso coinvolgendo anche il pubblico da casa. Lì nacque un buffo soprannome per i genitali della pornostar, nomignolo che poi diventerà il suo nome d’arte per la vita: Cicciolina.
Negli anni Schicchi porta gli italiani a confrontarsi con il porno e la nudità. E’ del 1976 il primo spettacolo di nudo italiano (ovviamente della Staller) in pubblico e del 1979 il primo film soft-core del Bel Paese: protagonisti, manco a dirlo, ancora loro due, lei davanti allo schermo e lui dietro, a coordinare il tutto. Il titolo resterà una pietra miliare della produzione erotica italiana (nonchè il primo di molti del genere): Cicciolina amore mio.
DA DIVA FUTURA AD OGGI – I due mietono successi e decidono di creare qualcosa che possa ampliare la loro espansione nel mondo dell’hard: nasce così Diva Futura, che legherà indissolubilmente il suo nome al periodo d’oro del porno italiano. L’agenzia, nata come casting per modelli e modelle da introdurre nel mondo dell’erotismo, diventa col tempo vera e propria agenzia di produzione, potendo quindi contare sui talenti che essa stessa aveva fatto nascere. Da qui esordiranno, per poi diventare vere e proprie icone degli anni ’80 e ’90, oltre ovviamente a Cicciolina, personaggi del calibro di Eva Henger (diventata poi sua moglie e madre dei suoi due figli), Milly d’Abbraccio, Mercedes Ambrus, il trans Maurizia Paradiso, Edelweiss, ma soprattutto Moana Pozzi, leggendaria, icona erotica, indimenticabile per chiunque abbia oggi 30 anni ed abbia potuto raffigurare la sua giovinezza anche in quelle immagini così reali da sembrare possibili a tutti e così rare da donare alla visione una gioia tanto intima quanto sincera.
Era lo stesso Schicchi a sceglierle, tutte donne, con una sola eccezione, un ragazzo così bello da non poter essere scartato, un ragazzo che ancora oggi lo rimpiange come un padre: Rocco Siffredi. Nelle sue parole in ricordo del produttore e talent scout, tutte le contraddizioni di un’Italia che faticava ad accettare ciò che non smetteva di ammaliarla “A me dicevano che era un figo – ricorda il più importante e famoso pornoattore italiano di tutti i tempi – mentre lui si prendeva gli insulti dei benpensanti”. Benpensanti che più di una volta non mancarono di denunciarlo, negli anni con accuse sempre più gravi, dall’oltraggio al pudore all’immigrazione clandestina, allo sfruttamento della prostituzione, portandolo anche a passare alcuni mesi nel carcere di Regina Coeli.
Ma Schicchi nella vita non ha mai smesso di sperimentare le più diverse forme del porno: suo il primo spettacolo porno live italiano, Curve deliziose, del 1986, e suo lo sdoganamento del porno in politica, con Cicciolina che diventa la prima pornostar al mondo a sedere in Parlamento. E’ l’anno 1987, la lista sarà quella dei radicali, del cui leader, Marco Pannella, Schicchi è intimo amico. Insieme agli esperimenti, però arrivavano, rabbiose e feroci, le reazioni di molta gente comune, che non apprezzava e non capiva. Ancora Siffredi ricorda i calci, i pugni e gli sputi che negli anni ’80 Schicchi prendeva quando era, in pubblico, insieme a Moana e Cicciolina.
Ma quella ostilità, affrontata con il sorriso e con una volontà incrollabile, ha poi aperto la strada al successo ed all’apprezzamento del porno italiano in gran parte della società di oggi, permettendo, tra gli altri, anche allo stesso Siffredi di diventare produttore a sua volta, con molte meno difficolta di quelle incontrate dal suo mentore.
Gli ultimi anni di Riccardo Schicchi sono stati un calvario discendente: sulla sedia a rotelle, abbandonato da moltissimi, malato irrimediabilmente di diabete di tipo 2, quasi cieco, ha continuato a dirigere, ma rivolgendosi al mondo delle video-chat, fino a morire, per le complicazioni derivate dal diabete, a Roma.
UN BILANCIO – La morte di Schicchi, nei tempi e nei modi, costringe una buona parte della nostra generazione a fare i conti con chi siamo stati e con chi siamo diventati: quasi chiunque ha potuto ammirare le sue “creature” in quell’affascinante percorso che era la scoperta del sesso pre-internet, con tutti i suoi tabù che ancora resistevano come antiche magie da sfatare. E lui le sfatava, e ce le mostrava, con una grazia assai simile all’arte (in questo si rivelò fondamentale la sua esperienza di fotografo) e con un valore molto spesso associato alla rarità, e ad un mercato assai diverso da quello di oggi. Senza dimenticare che Schicchi, oltre ad essere un artista, è stato un imprenditore (il primo e più illuminato tra tutti quelli del porno italiano) e che quindi la parte economica e la contentezza del pubblico avevano un’enorme rilevanza nel suo lavoro, la sua scomparsa sommessa e taciuta è indice di un qualcosa che è ancora difficile da accettare.
Se ancora adesso perbenismo e qualunquismo affondano l’amore in un mare di banalità, Schicchi ha creato e diretto negli anni ’80 la più potente nave scuola dell’educazione sessuale italiana, spesso sostituendosi alla società civile nell’affrontare e nel mettere in piazza il più naturale dei temi di dominio pubblico, il sesso e la sua rappresentazione. Vergognarsene è anche un po’ vergognarsi di noi stessi, ma a lui, e al suo contagioso sorriso, di tutto questo sarebbe importato davvero poco. Se ne va con la certezza di avere fatto un ottimo lavoro, quello nel quale ha speso la vita e la passione, che lo ha ripagato con l’affetto pubblico di tutti gli addetti ai lavori e quello privato di una generazione ancora troppo muta per rivendicare, in gran parte, le proprie origini.
Modestino Picariello