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Roma, dove tutto cambia… affinchè nulla cambi?

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ROMA, 2 OTTOBRE- Tutto cambia affinchè nulla cambi. Lo scriveva Tomasi da Lampedusa nel “Gattopardo”, lo si può pensare guardando al nero presente dell’A.S. Roma. Come il 22 aprile con Luis Enrique in panchina, anche lo scorso 29 settembre, a cinque mesi di distanza, è arrivata una sconfitta con quattro centri al passivo nella cornice dello “Juventus Stadium” per i giallorossi: questa volta in panchina c’era Zdenek Zeman e la Roma è andata in rete per il centro della bandiera con Osvaldo (su rigore) terminando in 11- ad aprile fu espulso Stekelenburg- ma le differenze rispetto allo 0-4 dello scorso campionato si fermano qui. Stessa squadra flemmatica, incapace di pressare alta, con maglie difensive larghissime, una rosa che tarda a recepire le indicazioni del proprio allenatore, un Totti in panchina dopo la sostituzione (5 mesi fa vi restò per 90’) e un post-partita agitato in società.

Approccio fallimentare- 22 aprile 2012, al 15’ Vidal con un destro a incrociare dal limite dell’area firma il 2-0 per la Juventus sulla Roma di Luis Enrique. 29 settembre 2012, al 15’ ancora il cileno bianconero, questa volta dal dischetto, realizza il centro del raddoppio dal dischetto. Una pura coincidenza temporale, che si immerge in un mare di similitudini: anche sabato, come cinque mesi prima, i vari Vidal, Marchisio e lo stesso Pirlo si sono mossi con irrisoria facilità negli oceanici spazi concessi dalla mediana giallorossa: Vidal e Pirlo sono andati in rete su palla inattiva, mentre Marchisio ha sfiorato più volte il centro, colpendo anche l’incrocio dei pali nella prima frazione. Cambiati gli interpreti, passando da Perrotta-Gago-Marquinho a De Rossi- Tatchtsidis- Florenzi, l’interpretazione è rimasta errata: chilometri per Pirlo, spazi ampi tra i mediani e praterie in cui inserirsi in diagonale per i bianconeri, padroni anche delle fasce dove Totti e Lamela spesso “dimenticavano” di dare una mano. Scacco matto in poche mosse: troppo facile per la Juventus;

De Rossi, il grande equivoco; Lamela-Osvaldo, la lite continua-  «Questa non è una crociata, è solo una partita di calcio». Con queste presunte dichiarazioni di commento all’approccio mediatico a Juve-Roma, lanciato nei confronti dell’allenatore boemo nel post-partita, riportate da Sky e attribuite a Daniele De Rossi, è stato acclarato il momento-no del centrocampista romano, nella stagione che l’avrebbe dovuto consacrare ulteriormente come nuovo simbolo della romanità e della Roma dopo il “gran rifiuto” al Manchester City. Anche De Rossi è un inconsueto “trait d’union” tra la gestione-Luis Enrique e quella di Zeman. Ad aprile fu schierato addirittura centrale sinistro di difesa, rimediando una magra figura, mentre sabato è stato proposto come interno destro. Due equivoci tattici, altrettante prestazioni negative e un solo messaggio tra le righe: De Rossi è e resta un grandissimo centromediano, non testatelo altrove. Quello che resta sono anche le cosiddette “teste calde”: a Trigoria si racconta di una nuova lite tra Osvaldo e Lamela, seconda puntata dopo quella dello scorso anno a seguito della sconfitta rimediata al “Friuli” di Udine. Un’altra sconfitta a firma di una formazione bianconera, un altro litigio tra i due argentini (anche se Osvaldo è naturalizzato). La storia si ripete…;

Sabatini e i “calciatori sopravvalutati”, Pallotta in ritiro- Così il ds giallorosso Walter Sabatini nella notte del 22 aprile: «Ci vorrebbe lo psicoterapeuta per capire cosa succede. Abbiamo alcune fragilità strutturali da correggere in futuro, quando la partita inizia male, non riusciamo più a riprenderla».  Lo stesso Sabatini cinque mesi dopo: «Abbiamo fatto scelte chiare e magari dobbiamo interrogarci su altre scelte non tutte felici. Forse abbiamo sopravvalutato alcuni calciatori. Ora è il momento di scuoterci e di affrontare queste partite con altra mentalità e altro futore per renderci una squadra competitiva e dignitosa – ha spiegato il ds della Roma a Sky – Questi ragazzi sono sulla carta e teoricamente molto forti, ma devono dimostrarlo tutti i giorni e soprattutto nelle partite importanti». Cinque mesi di differenza, ma resta una sensazione univoca: la dirigenza non vede unità d’intenti nella rosa e vede occasioni (e spese ) importanti sprecate nel tempo. Sarà da leggere in tale ottica l’arrivo del presidente James Pallotta nella Capitale, già previsto per la cerimonia della Hall of Fame di domenica prima della sfida allo stadio Olimpico contro l’Atalanta delle 12.30, momento nel quale Pallotta chiederà spiegazioni per il deludente avvio.

Una difesa formato-groviera- Il ko di Torino ha riaperto un’antica crepa. La difesa e Zeman: un rapporto difficile  negli anni, lasciato sempre irrisolto dall’allenatore boemo. La partita giocata a Torino tra la sua Roma e la Juventus non ha fatto altro che evidenziare le lacune difensive tipiche del suo gioco, con gli attaccanti e i centrocampisti avversari che facevano a gara a chi si buttasse prima nelle voragini aperte da Castan e compagni. Con le 4 reti subite a Torino da Stekelenburg, aumentano a 11 i gol presi dalla Roma in 6 giornate di campionato: 1.83 gol subiti a partita.  Ma se guardiamo con attenzione al calendario, scopriamo che la Roma non ha subito gol solo quando…non si è giocato: è successo in Cagliari-Roma, terminata 0-3 a tavolino per motivi ben noti. Le reti subite diventano così 2,2 a partita, medie elevatissime che ricordano brutti tempi per Zeman. Il Foggia, nella stagione ’92-’93, prese 14 gol nei primi 6 match; stessa media per il Napoli nel 2000/2001, quando l’allenatore boemo venne esonerato a novembre dalla società partenopea. La difesa giallorossa non sembra all’altezza, né per quel che riguarda gli esterni, nè per i centrali: Piris è stato evidentemente bocciato da Zeman, se non dalle scelte sul campo dalle parole dette nella conferenza prima di Roma-SampdoriaDodò è un oggetto misterioso,Taddei non è un terzino.

L’ultimo interrogativo riguarda lui, Zdenek Zeman: è più incompreso o incomprensibile? La sua Roma per ora difende male e poco e, nonostante una dura preparazione atletica, cala alla distanza, proprio come accadeva con Luis Enrique. E visto che siamo in tema spagnoleggiante, mas que…una coincidenza?

P.S.: L’unica cosa che non cambia e invece dovrebbe cambiare è l’ignoranza di alcuni tifosi, come quelli di fede juventina che nello scorso sabato ha insultato l’allenatore della Roma e la sua progenie per l’intera gara. Non può piacere a chi ama il calcio.

 

A cura di Luca Guerra

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