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Inter, in vista del Chievo con la difesa a 3. Ecco cosa cambia Stramaccioni
MILANO, 25 SETTEMBRE – Che sia arrivato anche per l’Inter il momento di convertirsi alla difesa a 3 è ancora troppo presto per dirlo. Lavoro tattico e tante prove in allenamento, oltre alla necessità di avere in rosa giocatori con determinate caratteristiche, saranno necessari per ottenere un responso che forse ad Appiano Gentile Stramaccioni ha già ricevuto. Sembra proprio questo l’orientamento verso il quale è diretto il mister in vista del macth che vedrà l’Inter sfidare il Chievo Verona, per la quinta giornata di Serie A. Curioso il fatto che giusto un anno fa, alla quarta giornata dello scorso campionato, ci fu l’inversione di tendenza opposta quando l’allora mister Gasperini fu costretto un pò dalle circostanze un pò dalle pressioni interne al club ad affidarsi ad un più collaudato schieramento a 4. Scelta coraggiosa per chi come il Gasp non ha mai nascosto la sua predilezione per il 3-4-3 ed un gioco votato all’attacco, ma non seguita da un felice epilogo, come tutti sappiamo.
SFATIAMO IL TABU’ – In casa Inter è da quel momento che la difesa a tre è incominciata a diventare un vero e proprio tabù, così come rappresentò il punto di maggior contrasto tra il presidente Moratti e Gasperini. Un anno dopo l’allenatore è cambiato e con lui anche la predisposizione del patron nerazzurro, il cui suo pupillo Strama ha carta bianca in questo senso. Alla domanda perchè parlare di tabù, la risposta è da collocarsi in un passato non troppo remoto, qualsiasi ingranaggio non azzeccato nell’era post-mourinhiana ha costituito un peso per ogni suo successore e a Gasperini è toccato rinnegare il suo 3-4-3. Se nessuno è profeta in patria, figuriamoci al di fuori, quando il mister allenava le giovanili della Juventus o il Genoa tutto era più semplice, ma all’Inter la sua idea di gioco è stata subito sfiduciata e le colpe del fallimento, ad essere sinceri, non sono a lui attribuibili. La difesa a 3 non poteva essere efficace prima di tutto per l’ambiente circostante: un clima societario non del tutto accondiscendente verso le sue scelte, la ripercussione di ciò nei confronti dello spogliatoio non più coeso e riluttante ad adeguarsi ad un nuovo modulo e la tifoseria stanca dei risultati negativi incassati. Ma da un punto di vista tattico? La squadra non era ancora pronta a causa di una rosa male assortita e dell’ usura di alcuni uomini chiave. Sugli esterni c’era un Maicon che non garantiva i suoi soliti standard prestazionali, un Jonathan assolutamente non all’altezza del ruolo e il solito Zanetti l’unico su cui poter contare, sulla sinistra l’unico che davvero poteva ricoprire il ruolo di esterno bi-fase era Nagatomo; ed al centro un Samuel non al top della condizione fisica, un Chivu in vena di erroracci e lapsus difensivi ed un Ranocchia in fase calante lasciavano il solo Lucio a reggere un reparto allo sbando. Ad oggi le condizioni sono cambiate, l’Inter ha cinque centrali di buon affidamento, ma soprattutto terzini poco difensivi, tre su quattro con propensione offensiva (Pereira, Jonathan e Nagatomo). Giocare con i tre davanti e avere terzini che non brillano nell’uno contro uno difensivo significa alta probabilità di difficoltà nelle ripartenze avversarie, invece con una difesa a tre si possono esaltare le potenzialità difensive di Ranocchia e Juan Jesus e quelle di impostazione di gioco di Chivu, per il quale Stramaccioni ha speso queste parole: “Con lui possiamo mettere in campo anche altre soluzioni. Difesa a tre? Undici squadre su 20 giocano a tre in Italia. Se deciderò di giocare a tre è perché sono convinto che un giocatore mi può diventare un playmaker basso. Lo può fare un centrocampista o Chivu con la sua duttilitá, è un’alternativa da tenere in considerazione”. E soprattutto si può dare libero sfogo alle sortite offensive dei terzini di spinta, per il resto basta solo trovare un equilibrio tattico, come ad esempio dare una risposta al problema delle incursioni centrali che ultimamente stanno facendo soffrire il centrocampo e che con questo modulo potrebbe trovare una soluzione.
DIFESA A 3 : CENNI STORICI – Delio Rossi, ex allenatore della Fiorentina, spiega il motivo per cui ci si orienta verso il pacchetto con tre centrali: “La difesa a tre non credo sia una moda, credo sia piuttosto dettata dall’assenza di terzini abili a interpretare le due fasi, soprattutto sulla corsia mancina. Avendo quindi tre centrali bravi, di cui uno abile a far uscire la palla, diventa giusto trovare due cursori che allarghino la squadra”. Seppure si sia detto che nessuno ha mai vinto nulla con la difesa a tre, in realtà questa ha conosciuto epoche di gloria e momenti di utilizzo su ampia scala sin dalla metà degli anni novanta, non essendo teoricamente né inferiore né superiore alla classica disposizione a quattro, anzi, a certe condizioni più vantaggiosa sul piano tattico. Un passato che ha precedenti illustri come la Germania campione d’Europa nel ’96 od il Brasile campione del mondo nel 2002; in Italia Guidolin, Mazzarri e Conte hanno costruito squadre di assoluta competitività attorno a terzetti difensivi, mentre in Europa un certo Pep Guardiola non si sottraeva dal ricorrere alla difesa a tre con il celebre il movimento in cui Busquets si piazzava al centro, tra Puyol e Pique, con i terzini che restavano alti ed aperti nelle fasi iniziali dell’azione. Il successo del 3-5-2 è dato dal fatto che dà superiorità numerica in difesa, un uomo in più a centrocampo ed un efficace presidio sulle fasce, con possibilità di variare il numero degli attaccanti, l’uso del trequartista o meno, mai a discapito della duttilità mista a solidità difensiva che assicura. Staremo a vedere, anche grazie all’applicazione di Stramaccioni, se la scelta ricorrente dei 3 difensori non sarà soltanto una moda, ma il frutto di interpretazioni di gioco vincenti e spattacolari.
a cura di Gaetano Galotta