Champions League
Ibrahimovic e il mal di Champions: l’ultima chance per ‘diventare grande’

MILANO, 30 MARZO – Alla fine è andata come tutti si aspettavano. Un’altra volta. Dietro la grande impresa del Milan, dietro una grande partita di cuore, sacrifico, di orgoglio, c’è l’altra faccia della medaglia. E la facciata in questione prende ancora una volta le sembianze e le forme del viso crucciato di Zlatan Ibrahimovic, la stella rossonera che l’altra sera si è nascosta dietro i fenomeni catalani. Purtroppo per lui però, questa non è la prima volta che gli accade di incappare in una prestazione incolore in una sfida decisiva di Champions League. Si è letto e scritto di tutto sulla questione Ibra e sul suo ‘mal d’Europa’ e i maligni hanno spesso sottolineato il fatto che squadre come Inter e Barcellona, abbiano ottenuto il trionfo continentale proprio dopo essersi liberate del campione svedese.
Di fatto la Coppa dalle grandi orecchie è l’unico trofeo di grande prestigio che manca nella bacheca del ‘ragazzaccio’ di Malmoe. Con questo non sarebbe giusto affermare che la mancata vittoria delle squadre a cui Ibra ha prestato servizio, sia colpa esclusiva del centravanti svedese: escluso il Barcellona, squadre come Ajax, Juve, Inter e il Milan dell’anno scorso, con tutta probabilità non erano attrezzate al trionfo continentale. Alcuni dicono che nel calcio le coincidenze non esistono e visto che non è una coincidenza che Ibrahimovic con le suddette squadre, trionfi ininterrottamente nel rispettivo campionato nazionale (compresi anche gli Scudetti revocati alla Juve)dalla stagione 2003/2004, è giusto analizzare la situazione e provare a dare una spiegazione ai clamorosi flop fatti registrare più volte dallo svedese in campo internazionale.
A dire il vero dare una spiegazione plausibile diventa un impresa assai ardua, visto che questa situazione ogni anno prontamente si ripete e che nessuno, addetti ai lavori compresi, è in grado di giustificare. In tal senso è forse più opportuno provare ad andare per esclusione, analizzando le condizioni che non impedirebbero certamente allo svedese di far bene. Assolutamente da escluder l’aspetto tecnico. Forse lo Zlatan acerbo dei primi anni all’Ajax poteva non essere in grado tecnicamente delle cose che anche in questo campionato continuiamo a vedergli fare. Anzi, in passato non è mai stato così prolifico ed altruista e quando non segna state pur certi che lo zampino nel gol del compagno ce lo mette sempre. Inoltre, la sua grande fisicità e la sua immensa visione di gioco lo collocano come uno dei più completi centravanti dell’era moderna, tanto da fargli valere il paragone con un certo Marco Van Basten. Da scartare anche l’ipotesi dalla poca esperienza in campo internazionale. Indubbiamente il primo Ibrahimovic che solcava i campi europei con la maglia dei lancieri non aveva la maturità sufficiente per fare la differenza nelle sfide decisive. Con tutta probabilità nemmeno nei due anni juventini lo svedese era in grado di trascinare la sua squadra alla conquista dell’Europa, ma già dai primi anni interisti le cose sarebbero dovute cambiare. Un giocatore che vanta 75 presenze con la maglia della propria nazionale, che ha disputato due europei ed un mondiale, dovrebbe essere in grado di gestire al meglio sfide dall’alto coefficiente di difficoltà e fare, almeno in parte, quello che invece riesce a fare con facilità talvolta imbarazzante nei campionati nazionali. Avendo escluso queste due ipotesi non rimane che considerare l’aspetto mentale e caratteriale. Come direte voi, uno nato per essere leader, che si è imposto in tutti gli spogliatoi dei più grandi club del mondo, si spaventa se si trova davanti alla porta di Victor Valdes e finisce per calciargli debolmente addosso? Evidentemente si.
Probabilmente le prime prestazioni negative inaspettate hanno cominciato a fargli piovere addosso i commenti negativi della critica. Vedendosi puntare il dito addosso dopo prestazioni poco incisive in campo continentale, Ibra deve aver cominciato a subire una tale pressione da sentirsi sempre e comunque sotto esame, non riuscendo a prendersi sulle spalle la squadra che spesso (anzi, quasi sempre) aveva bisogno del suo aiuto. Per carità, è giusto anche ammettere che lo svedese in Champions League qualche bella prestazione l’ha comunque offerta: alla fine ha segnato 29 reti, fra le quali la doppietta contro l’Arsenal all’Emirates quando vestiva la maglia del Barca (incontro valido per i quarti di finale) e la doppietta all’esordio con la maglia del Milan contro l’Auxerre la scorsa stagione. Certo, non partite decisive per la vittoria finale, ma comunque importanti e di valore.
[smartads]
All’Inter aveva l’alibi della maledizione in Champions e di una squadra forse poco attrezzata (nel 2010 i nerazzurri sfatarono il tabù trionfando col Triplete); al Barca magari la pressione e l’incombenza di raccogliere l’eredità di Eto’o e di bissare il successo dell’anno precedente gli impedirono di essere il crack della squadra blaugrana; al Milan però tutti si aspettavano un Ibrahimovic diverso, più maturo, più costante, più decisivo anche in campo europeo. Invece i tifosi rossoneri si sono ritrovati uno Zlatan capace di sparire davanti ad un Dawson qualsiasi, permettendo al Tottenham di eliminare il Milan negli ottavi della scorsa stagione. Quest’anno la storia si sta ripetendo. La partita di andata col Barcellona è stata piuttosto anonima (anche se l’attacco del Milan è stato evanescente in tutti i suoi componenti) e adesso Ibra avrà l’ultima opportunità di cambiare il suo destino: essere decisivo nella gara di martedì prossimo al Camp Nou, davanti a Messi e tutto il Mondo, battere i marziani e qualificare il Milan alla semifinale di Champions League.
Carlo Alberto Pazienza
