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Il lento declino della leva calcistica del 1982

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Il mitico pallone dei mondiali dell’ 82

PALERMO – 25 AGOSTO 2012 – Il 1982 è stato un anno ricco di evoluzioni in tutti campi, al cinema danno per la prima volta E.T. l’Extra terrestre, alla radio comincia a suonare Thriller di Michael Jackson e in Italia Silvio Berlusconi comincia la sua scalata al potere. Fino a poco tempo fa i giocatori nati in quell’anno, storico per noi italiani in quanto diventammo per la terza volta campioni del mondo, erano definiti i nuovi golden boy. Tra i nomi più celebri ci sono Cassano (nato proprio il giorno della finale tra Italia e Germania ndr), Gilardino, Kaka e Amelia. Adesso invece quei giocatori, non più giovanissimi, sembrano avere difficoltà a trovare continuità di rendimento e qualcuno addirittura a trovare spazio nella propria squadra di club. Ma analizziamo nel dettaglio la carriera dei giocatori sopracitati.

Antonio Cassano

ANTONIO CASSANO,  IL PREDESTINATO – Uno dei più talentuosi e fantasiosi giocatori italiani dell’ultimo decennio. Il talento di Bari Vecchia oltre a mettere in mostra in campo le doti tecniche si è fatto notare in questi anni per un carattere non proprio semplice che ne hanno condizionato la carriera. Dopo gli esordi al Bari e il gran gol segnato all’Inter che lo catapulta sul palcoscenico del grande calcio, Antonio arriva alla Roma, preferendo i giallorossi alla Juventus. E in giallorosso nascono i primi problemi, prima con Capello a causa delle numerose sostituzioni non gradite all’attaccante e poi con la società, allora capitanata dalla famiglia Sensi, per le vicende contrattatuali legate ad un rinnovo più volte rifiutato dal pibe de Bari. L’avventura al Real Madrid non lascia particolarmente soddisfatti gli appassionati di calcio; appena arrivato nella capitale spagnola gli viene affibbiato il soprannome El Gordito (il grassotello) a causa della sua forma tutt’altro che smagliante. Nei primi sei mesi gioca pochissimo, ma la svolta arriva però quando la panchina dei blancos fu affidata al suo ex allenatore ai tempi della Roma, Fabio Capello. In quel periodo Cassano si rimette in forma e riesce a guadagnarsi un posto da titolare sia nel Real che nella nazionale Italiana (allenata da Donadoni) ma di li a poco cominciano i primi screzi con l’allenatore italiano che lo mette più volte fuori rosa fino alla cessione alla Sampdoria. Nella squadra ligure si apprezza finalmente il vero Cassano (anche se quelle prestazioni non porteranno ad un convocazione in nazionale a causa di dissidi con Marcello Lippi). Con le sue prestazioni riesce a portare la squadra blucerchiata in finale di Coppa Italia, poi persa contro la Lazio, e a giocarsi il preliminare di Champions League contro il Werder, dove però la Samp viene eliminata. Lui e Pazzini sembrano essere la nuova coppia d’oro del calcio italiano ma anche li qualcosa si incrina: ad ottobre del 2010 viene messo fuori rosa per aver litigato furiosamente con il pratron doriano Garrone dovuti a motivi di contratto che porteranno il talento barese ad essere sanzionato dal collegio arbitrale con decurtazione di parte dell’ingaggio e la sospensione immediata dagli allenamenti. Da qui nasce la nuova avventura di Fantantonio che a dicembre dello stesso anno passa al Milan dove comincia bene sfornando prestazioni decisive, ma questa volta è la sfortuna a metterci lo zampino: di ritorno da una trasferta, Cassano accusa un malore, che poi gli fu diagnosticato come ischemia causata da una malformazione al cuore: operato per risolvere il problema molti pensano che la carriera calcistica sia giunta prematuramente al termine. Antonio però stupisce ancora tutti riuscendo ad ottenere 6 mesi dopo l’operazione l’idoneità fisica e sportiva e riconquistando un posto nella nazionale per gli Europei svolti in Polonia e Ucraina culminati con la sconfitta in finale ai danni della Spagna. Adesso lo attende una nuova avventura, sempre nella città meneghina, ma stavolta con la maglia dell’Inter (passato alla squadra nerazzura dopo uno scambio proprio con Pazzini suo ex compagno di squadra alla Samp ndr), squadra per cui ha sempre fatto il tifo e speriamo possa trovare un pò più di continuità e un pò meno “cassanate”.

KAKA, TALENTO CRISTALLINO E FRAGILE – Il nome completo, lunghissimo come tutti i nomi brasiliani, è Ricardo Izecson dos Santos Leite. Giocatore di una classe e di una tecnica infinita, è stato per molti anni il giocatore più forte al mondo. Inizia le sue avventure calcistiche al San Paolo dove si fa notare da mezzo mondo. Viene acquistato, nell’estate del 2003, dal Milan su segnalazione di Leonardo e da qui parte la scintillante carriera del trequartista carioca che con i rossoneri vince praticamente tutto: Scudetto, Supercoppa, Champions League e Mondiale per Club. Ma Ricardo non è da meno nemmeno con la maglia verdeoro della sua Nazionale, con cui riesce a vincere il Mondiale nel 2002 e due Confederations Cup nel 2005 e nel 2009. Le sue prestazioni personali lo portano a vincere, nel 2007, il Pallone d’oro premio che viene assegnato ai giocatori più forti militanti in campionati europei. Nel 2009 è ad un passo dal lasciare la squadra rossonera; il Manchester City offre al Milan una cifra vicino ai 100 milioni di euro per accaparrarsi il giocatore brasiliano, Galliani ci pensa, i tifosi si riuniscono sotto casa del campione per invitarlo a rimanere ma quando tutto sembra già definito il giocatore rifiuta l’offerta milionara per restare in rossonero. Ma il 2009 era destino che Kaka dovesse lasciare Milano, a giugno viene ufficialmente ceduto al Real Madrid per una cifra vicino ai 70 milioni di euro mentre il brasiliano firma un contratto ultramilionaro che lo lega agli spagnoli per 6 anni.

Kaka

Da qui nasce la fase calante del campione brasilero, infatti nel Real non riesce a mostare quando di bello fatto a Milano e anche nel suo caso ci si mette la sfortuna di mezzo; viene colpito da numerosi infortuni che ne condizionano il rendimento. Una volta ristabilitosi gli allenatori che si sesseguono in questi anni nella panchina dei blancos gli preferiscono sempre qualcuno, anche Mourinho tiene molte volte Kaka in panchina, ma Ricky si sente ancora forte e decide che forse è meglio cambiare aria. Le ultime vicende di calciomercato vedono il futuro del brasiliano sempre più lontano da Madrid e sempre più vicino a Milano dove magari potrà ritrovatre lo smalto e la brillantezza dei vecchi fasti.

GILARDINO, IL BOMBER PERDUTO – Attaccante di razza, nel suo DNA esiste solo una parola, il goal. I suoi esordi lo vedono protagonista in serie B con le maglie di Piacenza e Verona; le prestazioni positive gli valgono un buon ingaggio da parte del Parma e la convocazione nella nazionale under 21 allenata da Claudio Gentile con la quale Alberto vince gli Europei di categoria e la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene. L’avventura in Emilia, con Prandelli allenatore, gli porta fama e prestigio, in 96 partite segna la bellezza di 50 goal ed a sfiorare per 2 anni il titolo di capocannoniere. Al Milan lo vuole fortemente Carlo Ancellotti e inizia subito bene: i primi 2 anni gioca da titolare e continua a segnare caterve di goal. Proprio in quegli anni trionfa prima con la nazionale italiana (nel mondiale del 2006 si alterna in attacco con Toni) e poi nel 2007 con il Milan divenendo campione d’Europa. La stagione seguente viene spesso lasciato in panchina, diventando addirittura il terzo attaccante nelle gerarchie del tecnico, tanto da fargli maledire gli ultimi mesi in maglia rossonera e fargli cambiare aria, destinazione Firenze dove ad attenderlo c’è il suo vecchio amico Cesare Prandelli con il quale ha condiviso i successi al Parma.

Gilardino con la maglia viola

A Firenze riprende a segnare con regolarità, forse spronato dalla voglia di dimostrare di essere ancora uno degli attaccanti più forti in Europa. Riesce ad eguagliare un mostro sacro come Batitusta nei goal segnati con la maglia viola in Europa. Ma qualcosa si rompe; Prandelli lascia i viola per approdare in nazionale e Gilardino si inceppa, i goal cominciano a scarseggiare e il volto da eterno bravo ragazzo comincia a diventare più tetro. Nel gennaio del 2012 viene ceduto al Genoa dove non riesce a sfoderare la sua capacità di grande goleador. E’ destinato a lasciare Genoa per una squadra che gli permetta di tornare il vecchio goleador di un tempo e trovare anche il sorriso perso per strada.

AMELIA, L’EREDE DESIGNATO – E’ stato per tanto tempo designato come l’erede di Buffon. Dopo tanto girovagare trova la sua consacrazione a Livorno che gli vale la convocazione in nazionale da parte di Lippi, proprio come vice Buffon diviene campione del mondo del 2006.

Amelia

Dopo il Livorno passa al Palermo dove soffre e non poco il dualismo con Fontana e a fine stagione lascia la squadra rosanero per giocare titolare al Genoa ma anche li soffre un altro dualismo, stavolta con Scarpi, preferitogli più volte dal tecnico Gasperini. Dopo Genoa, lo chiama il Milan, ma il club rossonero è subito chiaro: lo vuole come riserva di Abbiati. Amelia non è stupido e sa che Abbiati non offre molte garanzie a livello fisico ed accetta ma nonostante questo gioca poco, perché spesso vittima di infortuni muscolari. L’unica competizione che lo vede titolare è la Coppa Italia, ma per un giocatore come lui, paragonato ad un grande portiere come Buffon, non è abbstanza e forse per dare una svolta alla sua carriera, ancora lunga, avrebbe bisogno di giocare titolare magari in una squadra meno blasonata.

Per questi campioni si apre adesso una nuova stagione, nella speranza che riescano a raggiungere nuovi successi per impreziosire ancora le loro bacheche e che possano ridare lustro a quell’anno, il 1982, che issò  l’Italia sul tetto del mondo calcistico. In bocca al lupo, ragazzi.

Azio Agnese

Palermitano, classe 1982. Amante dei viaggi e della buona musica. Tecnico informatico di professione ma Web Journalist per passione. Coordinatore di SportCafe24 dal 2012

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