La Caduta degli Dei
Iván de la Peña, l’incredibile declino di un vero gigante

Il nome di Iván de la Peña porta senza alcun dubbio ad aprire quello che è il cassetto dei ricordi. Ricordi che, come sanno bene i tifosi laziali, sono tutt’altro che positivi e idilliaci. Lo spagnolo è infatti uno di quei calciatori che ha vissuto un declino tanto inatteso quanto incredibile. Ed è per questo che la sua è una storia tutta da raccontare nei minimi dettagli.
Gli inizi e l’esplosione al Barcellona
Classe 1976, nativo di Santander, il basco ha mosso i primi passi nella squadra della sua città, ossia il Racing. Ma nel 1992 è passato al Barcellona, facendosi subito notare e mettendosi in mostra con la Masia, il settore giovanile dei catalani. D’altronde è da qui che sono passati moltissimi grandi campioni. Il buon Iván ha dimostrato, in quegli anni, di dare del tu al pallone, di avere una visione di gioco fuori dal comune e di accompagnare il tutto con una discreta fisicità. Insomma, un centrocampista completo. Ha terminato la sua crescita nel Barcellona B e nelle selezioni giovanili della Nazionale spagnola, ma poi, nel 1995/1996, è stato aggregato in prima squadra. A dargli fiducia è stato Cruijff. 42 presenze e nove gol per lui. De La Peña è sembrato fin da subito un vero e proprio predestinato.
Anche con l’arrivo in panchina di Bobby Robson, è stato un pilastro, contribuendo ai trionfi in Supercoppa di Spagna, Copa del Rey e Coppa delle Coppe. I primi problemi ci sono stati con Van Gaal. Infatti il centrocampista ha iniziato a trovare sempre meno spazio, come dimostrato dalle sole 22 presenze. Ed ecco che nell’estate del 1998 è passato alla Lazio per 30 miliardi di lire e un ingaggio monstre da 6 miliardi a stagione. E le aspettative non possono che essere tantissime, con i capitolini che, in quella stagione, puntavano al sogno scudetto.
La delusione biancoceleste e un brutto risveglio
Atteso da oltre duemila tifosi, il buon Iván è stato uno dei tanti colpi dell’era cragnottiana. La sua avventura è cominciata bene, con lo zampino nei due gol in Supercoppa contro la Juventus. Ma è stato solo un fuoco di paglia, perché a Roma lo spagnolo ha a dir poco deluso. La sua è stata un’incredibile parabola discendente, con il passaggio dal campo alla panchina che è stata causata anche dall’esplosione di un giovane Dejan Stankovic. I capitolini in quella stagione hanno vinto la Coppa delle Coppe, ma è stata solo una mera consolazione.
Per De La Peña ha così preso il via una girandola d squadra. Un vero flop all’Olympique Marsiglia, con 19 presenze e un solo gol. Il basco è diventato l’ombra di se stesso e l”ha confermato con il ritorno al Barcellona, dove non ha lasciato il segno. La Lazio ci ha riprovato una seconda volta, ma le sole due apparizioni non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni. La sua è stata una crisi tecnica e personale e trovare una spiegazione e, anche a distanza di anni, complicato. Ma il calcio permette sempre di riscattarsi.
La rinascita all’Espanyol e il pessimo rapporto con la Capitale
Nell’estate del 2002, il centrocampista ha fatto il suo approdo all’Espanyol, dove è riuscito a rinascere. Il classe 1976 è diventato un simbolo, giocando con i biancoblu ben nove stagioni, conquistando una Coppa del Re nel 2006 e sfiorando la Coppa Uefa l’anno dopo. Nel 2009 è anche arrivata la rivincita contro il Barcellona, con una doppietta al Camp Nou. Una sorta di seconda giovinezza per lui, che, appesi gli scarpini al chiodo, ha intrapreso la carriera di allenatore. Luis Enrique l’ha voluto come vice nella sua avventura alla Roma. Il pessimo rapporto con la Capitale è stato però confermato dal sua abbandono per motivi personali. E c’è davvero poco altro da dire.
















