La Caduta degli Dei
Rivaldo, da numero uno a desaparecido: la discesa di un’icona
Rivaldo Vítor Borba Ferreira, Questo il suo nome all’anagrafe. Ma tutti l’hanno sempre conosciuto come Rivaldo. E non si sta certo parlando di uno qualsiasi, bensì di un calciatore che, nella sua epoca, è stata una vera e proprio icona. O forse addirittura il più forte. La sua discesa però è stata inattesa, incredibile e, a dirla tutta, molto triste. Non resta che analizzare, perché di cose da sviscerare ce ne sono davvero tantissime.
Una carriera costellata di trionfi
Cresciuto scalzo, tra le favelas e nella povertà più assoluta, ha sempre combattuto per realizzare il suo sogno di diventare calciatore. Dopo mille diatribe, tra cui la perdita del padre, è rimasto in Brasile fino al 1996, indossando le maglie di Mogi Mirim, Corinthians e Palmeiras. Poi ecco l’approdo in Europa, più precisamente in Spagna: una stagione al Deportivo La Coruna (21 reti segnate e terzo posto in classifica) e poi il quinquennio al Barcellona, dove è letteralmente entrato nella storia. Rivaldo è stato un trequartista tanto tecnico quanto duttile, vista la sua capacità di ricoprire più ruoli. Il brasiliano, in blaugrana, ha segnato a ripetizione, facendo incetta di trofei: due titoli spagnoli, oltre che una Coppa di Spagna e una Supercoppa Uefa. Nel ’99 ha toccato l’apice, vincendo il Pallone D’oro.
Rivaldo si è fatto valere anche con la maglia del Brasile, con cui ha vinto una Copa America e giocato due Mondiali, vincendo quello del 2002, dove, con Ronaldo e Ronaldinho, ha formato un tridente a dir poco devastante. Un giocatore straordinario, capace di giocate inimmaginabili e con una visione di gioco fuori dal comune. Insomma, la chiamata del Milan è sembrata quasi la naturale conseguenza. Eppure è con i rossoneri, dove ha giocato solo una stagione, che è cominciata la sua discesa. Perché poco è contata la vittoria in Champions League, l’unico trofeo che gli mancava. «Ancelotti mi umilia. L’ho capito ad Ancona, dove sono rimasto in panchina per tutta la partita. Se non gioco in queste occasioni, ho pensato, non giocherò mai le grandi sfide», a queste parole del verdeoro non serve aggiungere altro.
Cosa fa oggi Rivaldo?
Una pagina senza alcun dubbio triste per chi è stato uno dei più grandi. Rivaldo ha comunque giocato fino ai 43 anni, con un’importante esperienza all’Olympiakos e girando il mondo, con tanto di avventure in Uzbekistan e in Angola. L’ultima grande emozione per lui c’è stata nel 2014, quando è tornato al Mogi Mirim. Qui è sceso in campo assieme al figlio Rivaldinho e il 14 luglio 2015 riescono a segnare entrambi nella stessa partita. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, è stato prima allenatore e poi direttore sportivo, Rivaldo molto spesso fa sentire e la sua voce e la sua opinione. Senza mai essere banale.