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Overvaluation

Davvero Pato è stata una delusione?

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Il nome di Alexandre Pato non può certo lasciare indifferenti. Soprattutto per i tifosi rossoneri, al solo pronunciarlo, si apre inevitabilmente il cassetto dei ricordi.

Il nome di Alexandre Pato non può certo lasciare indifferenti. Soprattutto per i tifosi rossoneri, al solo pronunciarlo, si apre inevitabilmente il cassetto dei ricordi. Un cassetto di ricordi dove, inevitabilmente, ci sono sia gioie che delusioni. Il brasiliano è stato senza dubbio uno dei più grandi talenti passati dalle parti di Milanello, ma, in generale, in Serie A. Non resta che capire che cosa abbia portato a un calo nella sua carriera. Perché di spiegazioni ce ne sono state davvero tante.

Un inizio da predestinato

Muove i primi passi nell’Internacional. Si mette in mostra con il Brasile nel Mondiale Under 20, segnando 7 reti. E, quando gioca quella competizione, ha solo 16 anni. Ed è per questo che il suo club inserisce nel suo contratto un clausola da 20 milioni di euro. Arriva il debutto in prima squadra e, nel 2006, è tra i protagonisti del Mondiale per club vinto, segnando un gol nella semifinale con l’Al Ahly. L’attaccante diventa così il più giovane marcatore in un torneo made in FIFA, facendo meglio di un certo Pelè. Nella stagione successiva si conferma e, a 17 anni, si trasferisce al Milan. Inizia dunque per lui una nuova avventura.

L’ascesa e la discesa

In realtà. come raccontato poi dallo stesso interessato, a mettere gli occhi su di lui è, in quegli anni, anche il Real Madrid. Il verdeoro però sceglie di trasferirsi all’ombra del Duomo. Il motivo? Il fascino di esser allenato da Ancelotti, ma anche il volersi unire alla colonia brasiliana rossonera: Dida, Cafù, Emerson, Serginho e Digao, ma soprattutto Kakà e Ronaldo, con cui forma il trio delle meraviglie, chiamato Ka-Pa-Ro. 22 milioni di euro è l’investimento economico dei meneghini, che lo aspettano per sei mesi. Pato sbarca infatti in Italia nel gennaio del 2008. Il suo esordio è datato 13 gennaio con il Napoli. Una partita dove succede di tutto: gol sbagliati, dribbling, accelerazioni, tiri da ogni posizione, giocate di talento sopraffino e finalmente anche il suo primo gol. Rete che tra l’altro è frutto di un controllo per palati fini. La sua avventura milanista è fatta di molti alti e tanti bassi. Va detto che 63 reti in 150 partite non è roba da poco, specie se condite da uno Scudetto e da una Supercoppa. Il momento più bello? Senza dubbio il suo gol fulmine al Camp Nou, arrivato dopo solo 24 secondi, con una fuga da centometrista e una cinica freddezza sotto porta.

Ed è proprio guardando quelle immagini che viene un po’ di malinconia, immaginandolo ora, a 34 anni, da svincolato. Una tristezza che fa tornare in mente le sue successive avventure tutt’altro che positive in Inghilterra (Chelsea), Spagna (Villarreal), Cina e Stati Uniti. Nemmeno il ritorno in patria lo fa risorgere, nonostante qualche lampo al San Paolo. Ma quali sono i motivi di ciò? In molti si soffermano sui problemi fisici, che hanno tormentato la sua avventura al Milan. In tanti però sottolineano le sue fragilità caratteriali, a causa delle quali non è riuscito a venire fuori da momenti complicati. Perché vedendo alcune sue giocate la sensazione è quella del rammarico. Rammarico per chi sarebbe potuto diventare uno dei più forti. Ma non si può nemmeno non pensare a quei 22 milioni…

Giornalista freelance, copywriter e ghostwriter. Sono uno dei volti e delle firme storiche di Sportcafe24.com

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