Chi è il pusher?
Chi è il pusher? Qualcuno salvi il soldato Pioli

«Bisogna sempre evolversi. Noi non siamo soddisfatti di non essere primi. Siamo una squadra giovane e con tanti giocatori nuovi. Si può dire che non fare male non significa che stiamo facendo bene. Ci sono stati tanti infortuni, i giocatori sono costantemente sotto stress per le troppe partite, ma non ce la si può prendere solo con lo staff medico», queste le parole dette da Gerry Cardinale al forum Football summit, organizzato dal Financial Times. Dichiarazioni che non passano inosservate e che sembrano un attacco, nemmeno troppo velato, a Stefano Pioli.
Eppure a molti, in primis a noi, viene in mente solo e soltanto una data: 22 maggio 2022. Impossibile infatti non ricordare il giorno in cui i rossoneri sono tornati a vincere lo scudetto, battendo il Sassuolo 3-0. Un trionfo, tanto inatteso quanto meritato, su cui, ancora oggi, per quanto qualcuno cerchi di cancellarla, si legge la firma in calce dell’allenatore nativo di Parma. Per carità, è vero che nel calcio non si può vivere sempre e comunque solo di riconoscenza, ma esistono anche le vie di mezzo. Vie di mezzo che mancano da quando, precisamente da quasi metà della scorsa stagione, il tecnico dei meneghini sembra vivere costantemente sulle montagne russe. O meglio, molto spesso sulla graticola. E le parole del proprietario del club paiono confermare, o addirittura, sottolineare, tutto ciò. Eppure nel mezzo c’è stata anche una semifinale di Champions League…
Ma tra l’altro ciò che si chiede è che cosa significhi il non esser soddisfatti di essere primi. Davvero in casa Milan qualcuno ha pensato che questa squadra fosse quasi obbligata a vincere lo scudetto o comunque a lottare con un Inter assoluta dominatrice? Forse scaricare tutto sugli infortuni, trovare continuamente scuse e alibi è un errore, ma sopravvalutare la rosa è ancora peggio. E viene quasi da pensare che il buon Pioli ormai si sia un po’ stancato di questo clima avverso, di essere il colpevole e l’additato sempre e comunque, tanto che ieri, nella conferenza stampa della vigilia con la Lazio, si è levato più di qualche sassolino dalla scarpa. Con quell’ironico «magari non so più allenare…». Perché anche l’ambiente, fatto di giornalisti, comunicatori, tifosi, social e tanti presunti esperti. pare vedere proprio in lui il colpevole di un mancato scudetto così tanto scontato…
In realtà però c’è un punto nel discorso di Cardinale che non è certo sfuggito, ossia l’utilizzo del noi. Un noi che include anche Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese ha parlato di una squadra in crescita, ma di tante decisioni importanti da prendere, con dei cambiamenti a dir poco inevitabili. Insomma, nel mirino sembra esserci sempre e solo una persona. La sensazione è che Cardinale abbia in mente un Milan a dir poco Ibracentrico (o egocentrico?). Viene quasi da chiedersi quale allenatore accetterà una figura così ingombrante nello spogliatoio e nel club. Viene quasi da urlare Salvate il soldato Pioli. E permettetegli di portare via il “suo” scudetto. Perché a noi, in fondo, la riconoscenza c piace un pochino di più di un pallone diventato solo mero business.
