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Albert Gudmundsson, una tradizione di famiglia

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Albert Gudmundsson

Albert Gudmundsson non esulta subito. Ha appena mandato il rete una palla d’oro di Ekuban, dopo un’azione che sembrava uscita da una partitella di tedesca, in strada con gli amici. Ha battuto Szczesny, ma aspetta per esultare. Si alza, inizia correre verso i tifosi ma all’indietro, con uno sguardo al guardalinee.

La bandierina non si alza: il gol è buono. È il gol che inchioda la Juventus sull’1 a 1, il gol numero 5 in campionato per lui, il gol numero 23 da quando è in Italia, da gennaio 2022. E ha già fatto meglio del nonno, che di nome faceva sempre Albert Gudmundsson e di professione sempre il calciatore. Il primo islandese a giocare nel calcio vero, quello dei professionisti.

Albert Gudmundsson. Fonte Foto: Eurosport

Albert Gudmundsson. Fonte Foto: Eurosport

Buon sangue non mente

In realtà tra Albert nonno e Albert nipote c’è prima una via di mezzo. È Benediktsson, il papà. Oggi è il vice allenatore del KR Reykjavik, la squadra con cui ha giocato e ha vinto per quasi 10 anni. Una carriera tutta in patria o al massimo in Belgio, tra centrocampo, attacco e adesso panchina. 10 presenze in nazionale, qualche partita commentata al tavolo dei telecronisti, in occasione degli Europei 2016. A dirla tutta c’è anche la madre, Kristbjörg Helga Ingadóttir, che negli anni 90 ha giocato 4 volte con la nazionale femminile. Il nonno dalla parte materna? Anche lui calciatore, si chiamava Ingi Bjorn Albertsson e fino al 2012 era il recordman di reti nel campionato islandese. La vera star della famiglia, almeno fino ad oggi, è invece il bisnonno, il nonno della madre, Albert Gudmundsson, il primo islandese professionista della storia e poi anche uomo politico, prima semplice parlamentare poi Ministro delle Finanze e addirittura dell’Industria.

Albert Gudmundsson esulta. Fonte Foto: Milanlive.it

Albert Gudmundsson esulta. Fonte Foto: Milanlive.it

Il gol nel DNA

Nonno Gudmundsson nasce negli Anni 20, deve aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale per volare a studiare in Scozia. La passione per il calcio era già sbocciata, giocava nel Valur, città della capitale. A Glasgow trova un contratto con i Rangers, da lì poi l’Arsenal, dove deve andarsene in due anni, per problemi con i permessi del lavoro. Un anno in Francia, al Nancy, prima dell’esperienza italiana al Milan: è la stagione 1948-49, sulla panchina c’è Giuseppe Bigogno, in campo, tra gli altri, c’è Gunnar Nordhal. I rossoneri finiranno terzi, dietro Torino e Inter, con Gudmundsson che segna due reti in 14 presenze.

Una tradizione di famiglia, insomma. Un qualcosa di genetico, di viscerale, di biologico. L’Albert di oggi ha già fatto meglio del suo bisnonno, ma ancora molto resta da fare. Ci sono nuovi record da superare, nuove battaglie famigliari da vincere. Per adesso con la maglia del Genoa. Domani, poi, chissà.

Prof di giorno, giornalista freelance di notte. Direttore de il Catenaccio e Head Writer di Sportcafe24.com

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