Calcio Estero
Il leone deve arrendersi: Fabrice Muamba deve dire addio al calcio

MANCHESTER, 15 AGOSTO – Lo scorso 17 marzo si era sfiorato l’ennesimo dramma, il centrocampista del Bolton Fabrice Muamba si era accasciato a terra durante un match di FA Cup in seguito a un arresto cardiaco. Poche settimane dopo sarebbe stato il turno di Piermario Morosini. Due storie simili, ma con finali diversi. Perché se il britannico di origine congolese si è salvato tornando alla vita, per l’ex Under 21 azzurro non è stato lo stesso, da quel pomeriggio a Pescara dal prato verde non si è più svegliato. L’italiano se n’è andato probabilmente nel luogo che gli ha dato le emozioni più intense della sua sfortunata vita, dove ha saputo crescere nonostante una famiglia distrutta dai lutti. Perché il campo da calcio per molti è un modo per volare via, per isolarsi dal mondo crudele, che colpisce tutti, anche quel mondo strapagato e criticato che è il calcio moderno.
“RINGRAZIO MEDICI, FAMIGLIA E TIFOSI” – Il verdetto dei medici che hanno seguito il caso di Muamba è stato negativo, il giovane non potrà più proseguire la sua carriera nel calcio professionistico. Giorno amaro, quindi, ma dopotutto anche a tratti insperato pensando al più recente caso di Morosini e a quelli di Antonio Puerta, Marc Vivien Foè e, più datato, di Renato Curi, morto nel 1977 sempre per arresto cardiaco. “Naturalmente per me non è una giornata felice” afferma l’ex centrocampista “Ma devo comunque ringraziare, una volta di più, i medici che mi hanno soccorso e che non hanno mai mollato con me, nemmeno quando sembrava che non avrei mai più ripreso conoscenza. È per merito loro che sono ancora vivo“. Parole anche per i suoi cari e per i tifosi: “Vorrei anche ringraziare tutti quelli che mi hanno sostenuto nel corso della mia carriera e i tifosi del Bolton, che sono stati incredibili. Sono fortunato ad avere avuto, in questo periodo, l’appoggio della mia famiglia e dei miei amici”. Parla con la consapevolezza di chi è stato per 78 minuti ad un passo dalla fine, Muamba, conscio che comunque la sua più grande vittoria è quella avvenuta il 16 aprile quando dopo un mese tra la vita e la morte e dopo l’impianto di defibrillatore cardiaco uscì dall’ospedale. Sul ritiro del suo ormai ex giocatore ha parlato anche Owen Coyle, tecnico del Bolton: “Tutti hanno visto quale combattente e che persona forte sia, nel corpo e nella mente. Sappiamo che continuerà a fare grandi cose e, pur con tutta la delusione, la cosa più importante è che lui sia qui, oggi, vivo”.
A cura di Giovanni Lorenzi
