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La lunga notte di Lucas Moura
Probabilmente, quella di quest’anno, è la più bella edizione della Champions da anni a questa parte. Imprevedibile, emozionante, aperta fino alla fine e piena zeppa di sorprese. Fuori le big d’Europa, dal Bayern al Real alla Juve, erano rimaste Liverpool e Barcellona. E fin qui tutto in regola. Ma dall’altra parte due outsider di rispetto ma che, ai nastri di partenza, non figuravano certo tra le top four: Tottenham ed Ajax. Se rivedere gli ajacidi in semifinale è stato un bel colpo di nostalgia, aspettarsi il Tottenham al Wanda Metropolitano, a fronteggiare il Liverpool finalista, era un azzardo forse troppo grande. Anche alla luce dei primi 135′ che vedevano l’Ajax in vantaggio di tre gol.
E alla fine, per leggi non scritte nel calcio, passa il Tottenham. In 45′ gli Spurs si conquistano una finale da sogno, tutta inglese, eleggendo la Premier a miglior campionato in Europa. Quando soldi, programmazione ed organizzazione, alla lunga, premiano. E a Londra, nelle ore successive alla presa di Amsterdam, per strada riecheggiava il nome di un unico eroe, capace di piegare de Ligt e compagni: Lucas Moura.
La lunga notte di Lucas Moura
Mercoledì Lucas Moura si è preso il suo posto nel mondo ed in questo meraviglioso Tottenham guidato da Mauricio Pochettino, la squadra che da un anno e mezzo non fa mercato e che, non certo per magia, si trova in finale di Champions League. Nel calcio, ha più volte dichiarato, vuole scrivere la sua storia. Senza paragoni ingombranti, senza nomee da portarsi addosso. Perché quelle, molte volte, possono rivelarsi un boomerang clamoroso. Ma non per un predestinato. Sì, perché una notte così Lucas forse la sognava, senza sapere di avercela scritta nel destino. A ventuno anni, quando dal Brasile si parlava di lui come di un fenomeno, arrivato al PSG, si è reso conto di non trovare lo spazio che si aspettava. Normale, in un contesto di campionissimi. Però non ha mai perso il sorriso. Ed anzi, ha continuato a lavorare sodo, a farsi trovare pronto quando necessario, a segnare anche. A contribuire a successi che, seppur magri, l’hanno reso il giocatore visto ad Amsterdam. L’hanno completato, migliorato, aiutato.
A gennaio del 2018 il PSG decide di privarsi di Lucas, uno di troppo dalle parti della Tour Eiffel. Accusato, con viltà, di essere un informatore e di comunicare all’esterno quel che succedeva nello spogliatoio. Un luogo sacro, per uno abituato a dedicarsi mente e corpore al calcio. Nessun problema, a parte un po’ di comprensibilissimo sdegno. Per tutti i problemi basta tornare a casa, nel Vangelo secondo Lucas, stringere tra le braccia un bambino e dimenticarsi di tutti. Sondato da altri club, tra cui il Napoli (come alternativa, pensate un po’, di Simone Verdi!), è infine finito al Tottenham. Avrà sicuramente pensato a tutta questa traiettoria, Lucas Moura, nella sua lunga notte, ad Amsterdam. Mentre ribaltava il risultato e correva incontro al suo destino. Ha trovato il suo compimento, il viaggio di Lucas. Schivo fuori, esuberante dentro al campo. Calmo e pacato. Religioso, credente. Puntuale col suo destino. Doveva andare così.