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Leo Messi, semplicemente il miglior calciatore al mondo
Pubblicato
2 anni fa|
Editor
Gennaro Donnarumma
«¡De qué planeta viniste, barrilete cosmico!». Con queste parole, il commentatore uruguaiano, trapiantato in Argentina, Victor Hugo Morales, consegnava Diego Armando Maradona all’eternità. Era il 22 giugno 1986, il gioco in cui Diego, contro l’Inghilterra, decise di trasformarsi in aquilone cosmico. Si abbatté, con tutto se stesso, sui britannici. La sua Argentina, da lì a poco, avrebbe trionfato in Messico e per tutti sarebbe stato il Mondiale di Diego, ma anche quello del gol del secolo, della mano di D10S. Il resto fa parte del mito, ancora oggi tangibile.
Leo Messi, più di trent’anni dopo, non ha mai avuto né forse mai avrà un cantore del calibro di Victor Hugo Morales. Ha dei detrattori, pochi, e tanti estimatori. Ed ha trovato la sua gloria nel Barcellona, che da sempre lo accompagna. E nel suo sinistro fatato. Non sarà mai un barrilete cosmico, ma lui questo lo sa e, forse, gli va fin troppo bene. Ma con Maradona condivide più di un tratto, e non solo la comune provenienza argentina. Con Maradona, Messi condivide il genio. Quello che non si compra né si apprende. Il genio, si sa, è innato. Con buona pace dei sostenitori di Cristiano Ronaldo, suo rivale nel dualismo del nuovo millennio.
Leo Messi è semplicemente il miglior calciatore al mondo
I gol 599 e 600 della partita di ieri, che ha difatti messo il Barça con un piede e mezzo in finale di Champions League, denunciano una cosa che ormai dovrebbe essere chiara a tutti e che dovrebbe spegnere le sempre presenti, ma sterili, polemiche e discussioni. Leo Messi è, negli ultimi 15 anni, il giocatore che più ha inciso in un campo di pallone. Da quindici anni Messi ed il Barcellona vincono: nessun ciclo finito, per non trionfare un anno o due, il Barça (e Messi) tornano sempre dove sono stati almeno una volta. E riescono a mettere d’accordo tutti, facendo la cosa più difficile di tutte: chi vince sempre, si sa, non sta mai simpatico a nessuno. In 683 partite, ed i numeri non mentono, Leo Messi si è rivelato essere semplicemente il migliore. Non ha, nel suo eterno confronto con Maradona, né lo stesso carisma né la stessa personalità. Ha altre caratteristiche: meno popolare del Diez, meno populista, più silenzioso. Ma non per questo meno grande.
La differenza tra genio e fenomeno passa da Messi
Leo Messi, con buona pace di chi sostiene il contrario, non ha rivali. Ronaldo il Fenomeno è stato un giocatore eccelso, quasi divino. Ha inciso di meno di Leo, e non solo per colpe sue anzi, forse, soprattutto, per avversione della sorte che, sulle sue gambe e sul suo cuore, si è abbattuta con una veemenza spropositata. Cristiano Ronaldo, l’altro protagonista del dualismo del nuovo millennio, non regge il confronto. Perché, paragonando i due, si entra in una questione ontologica apparentemente senza soluzioni d’uscita. E va precisata una distinzione, che è quella tra il fenomeno ed il genio. Cristiano, che con Leo condivide l’incisività, è un fenomeno, il che è innegabile. Perché è nato con delle oggettive qualità che è andato a migliorare via via, e che l’hanno reso un giocatore incisivo, decisivo, imprescindibile. Messi, lo ripetiamo, non è andato a migliorare niente. Ha preso una palla ed ha cominciato a dipingere. Senza avere l’ossessione di migliorarsi, di vincere e convincere. È il beneficio, forse il più importante, dei più grandi. Quello di nascere, cioè, già grandi. Come Maradona, o comunque pochi altri. Non si offenda Mazzocchi se preferiamo al giovane e all’ottimo Zaniolo (22 anni), il vecchio e grande Leo Messi (32 anni).
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