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L’ennesimo trionfo del moralismo tipicamente italiano

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L'ennesimo trionfo del moralismo tipicamente italiano

Facciamo una premessa: Franck Kessie e Tiemoué Bakayoko hanno sbagliato. Nella misura in cui non si sono resi conto di trovarsi in Italia, dove certi gesti vengono commentati da tutti. In un contesto culturale che è quel che è: dai custodi ai custoditi di platoniana memoria, dai vertici dello Stato ai tifosi, consumatori finali, e legittimi, di un prodotto come il calcio che, nel nostro Paese, è ormai alla deriva. Ha trionfato, all’indomani di Milan-Lazio, il solito, finto, stucchevole e a tratti vomitevole moralismo tipicamente italiano. Scopriamo perché.

Da Gravina a Salvini, quando si perde un buon momento per stare zitti

Parlavamo di moralismo. A cominciare da Gabriele Gravina, numero uno della FIGC che, per i due rossoneri, ha parlato di punizioni e squalifiche, per le violazioni dei principi etici e morali del mondo del calcio italiano. Ma quali principi, quale etica, quale mondo del calcio italiano? Quello dei buu, del razzismo, del boxing day negato nel 2019? Dei presidenti che occultano e negano l’evidenza? Ricordiamo a Gravina, a beneficio di dubbio, che ci troviamo in Italia. Non in Inghilterra, in Germania, in Spagna, in Francia. Il nostro è un paese a parte, un unicum nei maggiori cinque campionati europei: noi i facinorosi, coloro che violano principi e precetti li facciamo sedere a tavola. Non sia mai cacciarli fuori. Gravina ha perso un buon momento per tacere. Perché quando poteva parlare l’ha fatto con dichiarazioni di facciata. Ora, per coerenza, ci prendiamo il lusso di ignorarlo.

Poi, tra l’indignazione dell’Italia pallonara, ha parlato Matteo Salvini, Ministro dell’Interno. Colui che nella vita fa tutto, sa tutto, parla di ogni ramo dello scibile, ama il Milan al punto da criticare Gattuso, tant’è che lui, Matteo Salvini, allenerebbe meglio la sua squadra del cuore, come fa meglio tutte le altre cose. Salvini, l’uomo dei porti chiusi e del populismo, ha parlato di gesto antisportivo. Il problema è alla base, è che Salvini abbia parlato ma, tralasciando questo, ha perso un’altra, ennesima occasione per tacere. Ed è trionfato, così, il moralismo tipicamente italiano. Gli unici giustificati, al momento, sono Francesco Acerbi, il diretto interessato, e Ciro Immobile, offesi, a caldo, nell’immediato post-partita.

Il comunicato del Milan è un capolavoro di comunicazione

I due calciatori rossoneri hanno repentinamente chiesto scusa, per aver offeso, solo in Italia, la faccia di un signor giocatore, sfortunato e vittorioso, come Acerbi. Il Milan, poi, attraverso un comunicato, un vero e proprio capolavoro di comunicazione, ha fatto il resto. Riconducendo, il tutto, alla sua normalità: il gesto sportivo c’è stato prima e lo scambio maglia, molte volte, viene sottovalutato. E poi ancora, per punti: i due rossoneri, dopo gli “screzi” scherzosi sui social dei giorni scorsi, hanno dato libero sfogo ad uno sfottò che nel calcio ci sta tutto. D’altronde, per qualcuno, anche i buu cosiddetti razzisti sarebbero da ricondurre ad un contesto da tifo scherzoso. Vero Salvini? E lo stesso Igli Tare, uno che di calcio ha vissuto, ha usato parole distensive subito dopo la partita. Partita che è stata dura, anche per le provocazioni sui social, ma certamente combattuta sul campo. Kessie e Bakayoko non hanno voluto mostrare la maglia dell’avversario a mo’ di trofeo di guerra, è stato un episodio di campo. A mente lucida l’avrà capito anche Francesco Acerbi, preso, a suo discapito, come simbolo dell’Italia bigotta che usa degli scudi per lanciare i suoi moniti. L’avrà capito Acerbi, anche Ciro Immobile. L’avranno capito in tanti, ma la maggioranza, anche questa volta, ha perso un’altra valida occasione per tacere.

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