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Emanuele Giaccherini, il lungo addio

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Emanuele Giaccherini

Minuto 89 di una partita nefasta, l’ennesima della stagione del Chievo Verona. L’arbitro ha appena fischiato un rigore a favore dei gialloblu, sotto di 4 reti al cospetto di uno scatenato Sassuolo. Sul dischetto si presenta Emanuele Giaccherini, leader silenzioso di una banda sgangherata e sfortunata. Dagli undici metri contano molti fattori, non basta aver vinto due campionati ed aver indossato la maglia azzurra, da protagonista, in una spedizione continentale che avrebbe potuto finire in una favola. Consigli, la sua faccia non trasmette pietà, neutralizza la conclusione. Il lungo addio di Giaccherini ha toccato un’altra tappa.

Il finale che nessuno voleva

Classe 1985, a maggio Giaccherini compirà 34 anni. La sua carriera si sta avviando al tramonto. 161 partite in Serie A, 32 partite in Premier League, 29 apparizioni con la maglia azzurra. Giak è stato felice, e per un momento è stato anche al centro dell’attenzione mediatica del popolo calcistico italiano. Era una giornata di metà luglio, anno 2013. La Juventus lo cede al Sunderland, Conte va su tutte le furie. Gli avevano sottratto il suo pupillo, un fantasista che si era riscoperto, per la Juve e per egli stesso, preziosa bassa manovalanza. Nei due anni in bianconero, Giaccherini ha disputato 40 partite in campionato, andando a mettere il suo marchio in una squadra che aveva appena iniziato la sua egemonia. C’era, e ha visto nascere il tutto. Oggi, probabilmente, Giaccherini non è più felice. Il suo Chievo arranca alla ricerca di un finale di stagione dignitoso, aggrappandosi alle giocate stanche, anche se sempre brillanti, del suo talento. Nessuno avrebbe voluto che le cose si concludessero in questa maniera.

Il lungo addio

La carriera di Giak ha iniziato la propria parabola discendente proprio nel momento in cui stava cercando un nuovo slancio. La stagione 2015-16 è stata la migliore. Con il Bologna, Emanuele ha segnato 7 reti in 28 presenze, guadagnandosi la maglia azzurra per gli Europei in terra di Francia. Quattro partite da titolare, le più importanti. C’era, e ha messo dentro il suo rigore, anche nella battaglia contro la Germania ai quarti di finale. Un ritorno ai fasti di qualche annata prima che sembrava prodromico per una nuova fiammata. Arriva la chiamata del Napoli, Giaccherini risponde presente. All’ombra del Vesuvio, però, Giak non decolla. L’integralismo di Sarri non si coniuga con il talento ibrido del centrocampista aretino, che infatti vede il campo poco e nulla. Un anno e mezzo alla ricerca di uno spazio che non c’è, e che non può trovare. Dopo il purgatorio, ecco il Chievo. L’inferno.

Alla ricerca di un altro finale

Se è vero che a 34 anni la carriera è agli sgoccioli, è anche vero che gli sgoccioli non sono la fine. Giaccherini è stato probabilmente uno dei calciatori più apprezzati del panorama calcistico italiano, in virtù di quella sua disponibilità e di quella faccia da bravo ragazzo che, per quanto ne sia dato sapere, trova conferma anche nella vita reale. La tempesta in cui si è ritrovato, suo malgrado, lo ha assorbito e sfiancato. Oggi, Giak è un calciatore che attende la fine più di quanto non voglia egli stesso auspicare. E pure, il finale è scritto ma può essere cambiato. Non ora, il suo Chievo è destinato a tornare in Serie B, ma più in là sì. Sarà lui a decidere con quale storia provare ad invertire, un’altra volta, la direzione del suo cammino. E tutto deve essere, per Giak, ancora possibile.

 

Giovane studente di filosofia ed aspirante giornalista, nato nel 1993. Calcio e ciclismo sono gli sport che amo maggiormente, ma la mia vera, grande passione, è la politica, vissuta, sempre e comunque, in direzione ostinata e contraria.

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