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Da panchinaro ad arma in più: Correa si è preso la Lazio
Pubblicato
2 anni fa|
Editor
Gianpiero Farina
Rapidità, fantasia, tecnica e abilità nell’uno contro uno: sono queste le principali caratteristiche e qualità di Joaquin Correa. L’argentino, dopo i primi mesi di ambientamento e qualche piccola difficoltà, ha definitivamente conquistato l’allenatore della Lazio Simone Inzaghi. È infatti lui il principale artefice e protagonista del cambiamento tattico adottato dal tecnico della Lazio negli ultimi due mesi e mezzo. La sua storia però merita di essere ripercorsa fin dagli albori.
Gli inizi all’Estudiantes
Soprannominato El Tucu, che letteralmente significa abitante del Tucuman, nasce il 13 agosto del 1994 a Juan Bautista Alberdi. Il classe ’94, dopo un brevissimo periodo nel River Plate, muove i suoi primi passi nelle giovanili dell’Estudiantes. Il 19 maggio del 2012, all’età di 17 anni, debutta in prima squadra. Il buon Joaquin brucia a dir poco le tappe e il suo esordio da titolare arriva nel giugno del 2013. Il primo gol tra i professionisti è invece datato 23 marzo del 2014. Insomma, fin dai suoi primi passi Correa sembra essere un predestinato, tanto da essere considerato l’erede di un certo Juan Sebastian Veron. Le sue doti e la sua visione di gioco non possono certo passare inosservate. Le sirene europee iniziano così a farsi sentire fin dai primi lampi di classe nel campionato argentino. La sua consacrazione a livello continentale, avvenuta con il debutto più che brillante in Copa Sudamericana, gli fa definitivamente spiccare il volo.
L’avventura alla Sampdoria
Ed ecco che, il 16 dicembre del 2014, l’Estudiantes annuncia la sua cessione alla Sampdoria per la cifra di 8,8 milioni di dollari. El Tucu, all’età di 20 anni, piomba in un campionato e in un mondo totalmente diverso. Eppure il suo esordio in blucerchiato arriva già nel febbraio del 2015. Il suo ambientamento però è tutt’altro che semplice. Nei suoi primi sei mesi totalizza infatti soltanto sei presenze. L’anno successivo per lui deve essere quello della definitiva esplosione. L’argentino mette in mostra un’ottima tecnica e una discreta abilità nel dribbling. Le sole tre reti in 25 partite dimostrano però la sua poca lucidità e freddezza sotto porta. Le qualità non sono ovviamente in discussione, tanto da attirare l’attenzione del Siviglia, uno dei club più importanti della Spagna.
Il Siviglia e la maturazione
Gli andalusi, nel luglio del 2016, si aggiudicano le prestazioni di Correa spendendo una cifra non indifferente: 13 milioni più bonus. In terra iberica il buon Joaquin sembra maturare e affinare le sue abilità. Con gli spagnoli esordisce anche in Champions League, realizzando persino una rete. I numeri della sua prima stagione sono più che positivi: 34 presenze e otto reti. Il classe ’94 riesce a confermarsi anche nell’annata successiva, dimostrando continuità, ma soprattutto intelligenza tattica. Insomma, le promesse di quel ragazzino partito dall’Estudiantes sembrano esser state mantenute. Per la conferma definitiva c’è però da superare l’esame chiamato Serie A.
Si scrive Lazio, si legge continua ascesa
A puntare su di lui, per il dopo Felipe Anderson, è la Lazio. I biancocelesti investono circa 16 milioni di euro. Dopo una partenza un po’ in sordina, El Tucu debutta da titolare nel match contro l’Udinese del 26 settembre. Ed ecco che al Friuli stupisce tutti con un gol di rara bellezza. La maglia da titolare è però ancora una chimera. Inzaghi gli concede solo spezzoni di partita e qualche apparizione in Europa League. La svolta arriva il 25 novembre, quando, nella sfida contro il Milan, il buon Joaquin leva le castagne dal fuoco e regala ai capitolini un punto insperato. Quella rete gli vale sempre più spazio. Quella rete, con il tempo, vale una variazione tattica nello scacchiere laziale: Luis Alberto arretra a centrocampo e Correa si posiziona in attacco accanto a Immobile. Il resto è storia degli ultimi mesi. Il resto è storia di una squadra tornata brillante anche grazie alle giocate del 24enne. Vedere il derby per capire: assist a Caicedo e rigore procurato. Resta sempre però il problema della freddezza in zona gol. L’unico neo di un giocatore in ascesa e di un’autentica arma in più. L’unico neo di chi ha tutto per trasformarsi in vero trascinatore.
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