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Mattia Destro, l’ultimo treno del grande bluff
Pubblicato
2 anni fa|
Editor
Matteo Masum
La storia è nota, ma è giusto richiamarla alla memoria ancora una volta, se non altro per premere sui sociologi affinché la inseriscano nei loro saggi su condizionamenti collettivi, psicosi di gruppo e fenomeni simili rispetto ai quali, umilmente, rimaniamo ai margini. Estate 2012. Con una Serie A forse ai minimi storici in quanto ad appeal, le “Big” vanno alla caccia del “Top player”, che a seconda del livello di conoscenza del calcio varia dal bomber in grado di spostare gli equilibri al primo che passa pagato dai 20 in su. I motivi non sono chiari, ma in quel calciomercato l’opzione due andò per la maggiore. Dalla Juve all’Inter, passando per il Milan e per la sventurata Roma, tutta Italia si innamorò di tale Mattia Destro, ingaggiando una logorante battaglia senza esclusioni di colpi, che vide trionfare Walter Sabatini, Ds dei giallorossi. Ad Agosto, l’attaccante classe 1991 si presentò nella Capitale, pronto per mettersi a disposizione di Zdenek Zeman.
Due piedi sinistri
Da allora, la carriera di Destro è stato un lento dipanarsi di un grande bluff, che ha semplicemente impiegato qualche stagione a rivelarsi. L’anno prima, Destro si era ben comportato al Siena, mettendo a segno 12 reti in 30 partite e lasciando intravedere quelle caratteristiche da centravanti puro che l’Italia andava bramando. L’attesa a Roma era a livelli adrenalinici, la combo Zeman-Destro sembrava potenzialmente esplosiva. La realtà, tuttavia, ci disse che Mattia aveva due piedi sinistri (interpretazione libera), ed un carisma talmente mediocre da rendere surreale, a dir poco, la gazzarra che si scatenò per ottenerne la firma. Nella Capitale rimase due anni e mezzo, segnando 29 gol in tutte le competizioni. I tifosi della Roma hanno una specifica particolare, tendono ad assumere i connotati da “Vedova” ogni volta che un calciatore viene ceduto. Dopo quattro anni, vedove di Destro non se ne sono ancora mai viste.
I motivi del flop
Difficile provarsi a dare una spiegazione circa i motivi che portarono Destro a fallire prima a Roma, poi anche in maglia rossonera, a meno che non si voglia semplicemente ricondurre tutto ad una verità laconica e sicuramente molto prosaica: è scarso. In effetti, tecnicamente parlando, il calciatore non presentava fattezze olimpiche. Gobbo nella corsa, stop rivedibile, freddezza sotto porta assente, personalità nulla. Insomma, poco e niente. Però se i migliori Ds se ne innamorarono così perdutamente, qualcos’altro dovrà pur esserci. Sabatini, l’uomo che più ha creduto in lui, ci racconta di un ragazzo permaloso, poco incline ad accettare e comprendere le critiche. D’altra parte, a Roma pagò moltissimo il fatto di non essere mai stato considerato un degno successore di Totti (ma va?); se ne andò anche per questo, e la rabbia con cui ha esultato nelle due occasioni in cui ha punito i giallorossi dimostra la realtà di un rapporto non certo idilliaco.
L’ultimo treno
Domenica scorsa, il capotreno ha fischiato. Mattia Destro ha segnato il suo primo gol stagionale, tornando ad esultare dopo un’attesa lunghissima (l’ultima rete porta la data del 24-02-2018, sempre al Genoa tra l’altro). Il calcio è uno sport che non perdona, ma il cuore degli appassionati e dei tifosi è molto più grande. Per Destro è arrivato il momento di prendere l’ultimo treno. A 28 anni, con un bluff alle spalle ormai ampiamente svelato, potrebbe iniziare una carriera nuova, senza pressioni, senza attese, senza rivincite; l’occasione, sicuramente, per lasciare di sé un ricordo, uno qualsiasi. Più verosimilmente, la rete di domenica scorsa ha rappresentato un insignificante lampo nel buio. Ma se il treno è in partenza, vale la pena provare a salirci per l’ultima volta.
Ah, e lunedì c’è la Roma…
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