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Roma-Milan, il tramonto dell’Impero
Pubblicato
2 anni fa|
Editor
Matteo Masum
Strano Roma-Milan quello che questa sera chiuderà la domenica pallonara, in attesa dei posticipi del lunedì. La squadra di Gattuso sta vivendo una stagione altalenante, fatta di cadute rovinose e picchi di evidente controtendenza, quale ad esempio il successo contro il Napoli. Di Francesco, invece, è riuscito ad inanellare una serie di brutte figure da far impallidire le peggiori stagioni giallorosse, culminate con l’umiliazione patita al Franchi. Il match delle 20.30 rappresenta una tappa fondamentale per la corsa al quarto posto. Niente a che vedere, comunque, con l’Ok Corral a cui assistemmo 15 anni fa, quando Roma-Milan valeva lo scudetto.
La fiera dei campioni
Il 6 gennaio, storicamente, non è una data fortunata per i colori giallorossi. Abbiamo raccontato del Derby del 2005, vinto dalla Lazio con il gol del nemico pubblico Paolo Di Canio. L’anno precedente era arrivata un’altra cocente sconfitta, per mano del Milan, guidato dall’amico Carlo Ancelotti. In quella stagione, la Roma di Capello volava. Fino al rendez-vous con i rossoneri, la squadra non aveva mai perso. Totti era forse al massimo delle sue potenzialità tecniche e fisiche, Cassano aveva iniziato a brillare di luce propria. Il resto era un mix fantastico di solidità difensiva, velocità e qualità. D’altra parte, il Milan campione d’Europa poteva schierare alcuni dei migliori giocatori al mondo. La partita si presentava come l’evento calcistico dell’anno.
La fiera dell’Est
Il 2003 di Shevchenko era stato un enigma risolto solamente all’ultimo rigore della finale di Manchester. Lo sguardo con cui l’ucraino attende il fischio dell’arbitro Markus Merk ha fatto il giro del mondo. In tutta la stagione, il bomber milanista aveva segnato solamente 10 reti, di cui 5 in un campionato anonimo per sé e per la squadra, concluso al terzo posto, a distanze siderali dalla Juventus (quando la cosa era eccezione e non regola). Curioso che la peggiore annata dal punto di vista statistico rappresenti forse il miglior ricordo della carriera di Sheva. Fatto sta che il campionato successivo vide l’ucraino letteralmente trascinatore di una squadra di fuoriclasse. A fine stagione si prese il suo secondo titolo di capocannoniere, con 24 reti, a distanza di quattro anni dal primo. Il 6 gennaio, assai più magnificamente, si prese l’Olimpico.
Il tramonto

Shevchenko segna la rete del definitivo 2-1
Simbolicamente, l’avventura straordinaria di Fabio Capello alla guida della Roma si concluse quella sera. Da lì in poi, i giallorossi persero la magia che li aveva accompagnati fino al vertice del campionato, rinverdendo i fasti del 2001. In estate, Don Fabio consumò il grande tradimento, passando alla Juventus, segnando così il tramonto della Roma che aveva vinto il terzo scudetto, e che per qualche anno aveva fatto tremare l’oligopolio del Nord. Il sacco di Roma avvenne in una serata freddina, accompagnata dalla passione di oltre 75.000 tifosi che riempirono l’arena. Shevchenko assunse le sembianze di Alarico I, passando come il burro nelle tremanti gambe della retroguardia giallorossa. Il primo gol fu un tocco morbidissimo, che beffò Pelizzoli anche grazie alla deviazione di uno spaesato Chivu; il raddoppio arrivò dopo un’iniziativa di Rui Costa, finalizzata da un diagonale mancino dell’ucraino. Nel mezzo, l’inutile lampo di Cassano, che aveva riacceso le illusioni giallorosse. La partita a scacchi tra il maestro Fabio e l’allievo Carlo fu vinta dal secondo, che con un colpo di spugna ripristinò le gerarchie naturali di questo sport.
La Roma dei grandi sconfitta dal Milan dei grandissimi. Così tramontò il piccolo Impero.
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