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Szczesny: un passo indietro per farne due in avanti

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Tre anni fa, Wojciech Szczesny aveva la sua carriera appesa a un filo. Nell’estate del 2015 aveva perso il suo posto come primo portiere dell’Arsenal: davanti aveva l’attuale estremo difensore del Napoli, quel David Ospina che dovette far posto poi all’arrivo di Petr Cech dall’Arsenal. Pensate: a quel punto, Tek era addirittura la terza scelta.

Tre anni dopo quel giorno, oggi Szczesny è titolare indiscusso in una delle più grandi squadre del mondo, la Juventus. E ha saputo prendere il posto di un giocatore come Gianluigi Buffon, probabilmente il miglior portiere dell’era moderna. Dunque, com’è potuto accadere? Come ha fatto a cambiare in modo così drastico le sue fortune? Bella domanda. Ed è bella anche la risposta.

In un’intervista rilasciata alla BBC, il polacco 28enne ha raccontato la sua storia e com’è cambiata la sua vita a Torino. “Avrei voluto essere all’Arsenal per tutta la mia vita. E’ la squadra che amo, per cui ho sempre tifato e che sempre tiferò. Ho dato tutto per giocare lì”. E’ chiaro che Tek non faccia mistero del suo affetto per l’Arsenal: è diventato uomo lì, raggiungendo la maglia dei Gunners dal Legia Varsavia quando aveva appena 16 anni nel 2006. Incredibile come passi il tempo.

Con i biancorossi fa il suo debutto in prima squadra: è il 2010, e in poco tempo diventa la prima scelta dell’allenatore. Giusto il tempo di ambientarsi dai grandi, e cioè un anno dopo – nel 2011 – sembra il predestinato di quella porta. Che lascerà per Ospina solo 4 anni più tardi. Szczesny c’era quando l’Arsenal pareggiò in FA Cup, ed era in porta quando batté l’Aston Villa per 4-0. In quella finale di Wembley, l’ultima grande vittoria dell’era Wenger. E c’è stato per 181 presenze, con il club che è stato pazientemente maestro di vita e di campo. “Mi pento di non aver fatto di più all’Arsenal”, disse una volta l’estremo difensore. “Ho vinto due FA Cups, un Community Shield. Ma avrei voluto vincere almeno un titolo di Premier League”. Certe volte, comunque, bisogna pensare con la testa, e non soltanto con il cuore.

Uno step indietro per farne due avanti, ecco com’è andata per Wojciech. La cui salvezza è arrivata dalla squadra della Capitale, la Roma. I giallorossi erano arrivati al secondo posto in Serie A: qualificazione in Champions archiviata, serviva un portiere affidabile dopo i vari nomi che si erano succeduti tra quei pali maledetti, che non trovavano un elemento fisso dopo l’addio di Antonioli. Quasi dieci anni prima.

Va in prestito, Tek. Si muove per una sola stagione, che poi diverranno due. La Roma termina tra le prime tre in entrambe le occasioni e raggiunge gli ottavi di finale in Champions per due volte. Szczesny fa 81 presenze, ma è il rendimento a scaldare il cuore: fa talmente bene da attirare l’attenzione della Juve, che offre 10 milioni di sterline all’Arsenal, frettolosa di lasciarlo andare per non trovarsi con due numeri uno in rosa. Avevano scelto Cech, a Londra. E il polacco ora doveva capire se fare o meno il vice Buffon dopo due stagioni come miglior portiere della Serie A.

Sapeva cosa andava ad affrontare. Sapeva che sarebbe stato la seconda scelta, per un anno o al massimo due. Storari accetta la corte del Cagliari, e alla Juve iniziano a vedere Gigi in un’altra maniera. A centellinare le sue presenze, a garantirgli un dodicesimo di altrettanto livello. Niente grandi partite, ma una quindicina di presenze, così da poter iniziare a ingranare alle sue spalle. In vista del 2019.

“Il mio primo pensiero è stato che certe volte devi fare un passo indietro per farne due in avanti. Quando ho analizzato la situazione, non era neanche un passo così lontano: Sapevo che avrei giocato abbastanza”, le sue parole. Alla fine porta a casa 21 partite, che non è affatto male per un secondo portiere. “Ma ho avuto anche l’opportunità di imparare da uno dei migliori estremi difensori della storia, e ho avuto un anno per preparare il lavoro da ‘rimpiazzo'”. Tutto giusto, e nient’affatto scontato. La migliore opportunità che gli potesse capitare in carriera.

Oggi Tek si dice “orgoglioso di come siano andate le cose”. Perché tutti possiamo avere dei momenti difficili nelle proprie vite e nelle proprie carriere. Ma è come reagisci, quello che conta. E dov’è oggi non è un regalo piovuto dal cielo: l’ha guadagnato.

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