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Nicklas Bendtner, l’ultimo dei “cattivi” del calcio
Pubblicato
3 anni fa|

Nicklas Bendtner è solo l’ultimo di una serie di “cattivoni” che hanno vestito la maglia di tante squadre di calcio, probabilmente salvandosi da luoghi ben meno nobili e rassicuranti. Nulla di grave, s’intende, ma quello che è successo all’ex attaccante della Juventus è un esempio di come spesso nascere con talento non sia sufficiente per condurre una vita sana e regolare, soprattutto quando si è colmi di danaro.
Il biondo danese è sempre stato un ribelle, noto per una vita sregolata fuori dal campo, per colpa della quale non è mai riuscito a dar seguito alle potenzialità che si paventavano da giovane. Tante per lui le occasioni di lancio e rilancio nel mondo del pallone, dall’Arsenal alla Juventus, fino al Wolfsburg in Germania. Ora, ancora una volta, qualcuno di importante gli aveva offerto la possibilità di provare ad avere un ruolo importante nel milionario mondo del pallone, il Rosenborg, ma anche in questo caso il tentativo è stato vano.
Aggressione ad un tassista e la bellezza di 50 giorni di arresti domiciliari, con tanto di braccialetto elettronico alla caviglia, come da egli stesso mostrato con ironia sui social. A volerci vedere del bene, ha scelto il periodo più adatto in cui chiamarsi fuori dalla squadra, visto che nella gelida Norvegia questo è tempo di sosta per il campionato.
Di lui a Torino si ricordano più per gli sguardi ammiccanti alle hostess durante la sfilata per lo Scudetto in bianconero, che per le sue prodezze in campo. Benino ai gunners, tanto da meritarsi una chance sotto la Mole, ma pochissimo altro, lo stesso in Bundesliga.
Lui come tantissimi altri, molti dei quali ammirati nel bene e nel male nel nostro campionato. Antonio Cassano da Bari Vecchia, soprattutto nella prima parte di carriera, fra corna e minacce agli arbitri, imitazioni a Capello e bandierine scalciate. Eric Cantona e il suo celeberrimo calcio volante in stile kung fu ad uno spettatore a bordo campo con la maglia dello United, che gli costò un passaggio all’Inter di un Moratti innamorato che proprio in quelle settimane trattava per lui.
Liti tra compagni e allenatori, nate in campo e finite negli spogliatoi, come quella in uno Juve-Inter fra Osvaldo ed Icardi, in cui ci andò di mezzo Mancini, con il sosia di Jonny Depp poi costretto a migrare altrove. E come non ricordare il raptus isterico del portiere Soviero contro la Juve, la rissa impari Stam-Parente fino al più celeberrimo degli scontri: Zidane-Materazzi, immortalato persino da una statua.
Campioni di talento si nasce, professionisti si diventa. Se uno vuole: altrimenti si può anche finire con un braccialetto elettronico alla caviglia…
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