Formula 1
Rubens Barrichello, nessuno vuole essere Robin: tranne lui
Pubblicato
3 anni fa|

Nell’immaginario collettivo, Rubens Barrichello ha sempre vestito i panni dell’eterno secondo, della spalla perfetta per il campione Michael Schumacher, dell’aiutante del supereroe, del Robin che ha aiuta Batman nelle sue imprese. Questa volta, però, Rubinho ha vinto la sua battaglia. Quella più dura, quella che proprio il suo compagno Schumi ancora non è riuscito a vincere.
Il 46enne pilota brasiliano ha infatti reso pubblico il suo recente passato fatto di analisi, operazioni e speranza. Non si nasconde Rubens, alle telecamere dell’emittente brasiliana “Globo Tv” mostra il suo “trofeo”, quella cicatrice sul collo che è sinonimo di vittoria, dell’essere riuscito a sconfiggere un tumore al collo. Non un male qualsiasi, visto che secondo i medici solo 14 pazienti su 100 riescono a ristabilirsi completamente.
È lo stesso pilota, che attualmente si cimenta con le stock car, a ricordare cosa gli è successo durante la trasmissione “Conversa com Bial”: «A fine gennaio, ero a casa a fare una doccia: improvvisamente ho sentito un dolore alla testa molto forte. Mi sono ritrovato sul pavimento, non volevo svegliare nessuno, mi sono trascinato a letto ma il dolore era lancinante e non mi passava. Così ho deciso di avvertire mia moglie e di andare in ospedale. Un nostro amico medico – ha continuato l’ex numero 2 della Ferrari – ha visto che non stavo bene e ha subito intuito la gravità della situazione. Sono fortunato, sono stato subito operato».
Il peggio è però già archiviato per il driver d’origini italiane, che ora è già pronto a tornare in pista e a testimoniare la sua incredibile storia. Sin dal suo esordio in Formula 1 nel 1993, Barrichello ha attirato le simpatie del pubblico: un brasiliano atipico, professionista impeccabile privo della tipica “saudade” del suo popolo, perfettamente integrato in Italia dal 1999, anno del suo approdo in Ferrari, ma anche molto legato al ricordo del suo amico e connazionale Ayrton Senna.
Con il campione ha avuto un rapporto viscerale, che più volte lo stesso Barrichello ha raccontato davanti alle videocamere. Nel 1994 infatti, Rubens subisce un incidente durante le libere del Gran Premio di San Marino e il primo ad arrivare in ospedale è proprio Ayrton, che non si preoccupa di mostrarsi con le lacrime agli occhi, allarmato dalle condizioni dell’amico. Appena due giorni dopo, tutto il mondo piangerà lo stesso Senna per un incidente storico, che ha segnato un’epoca della Formula 1. Da quell’episodio, Barrichello è uscito rafforzato, riuscendo a vincere 11 Gran Premi e a far vincere alla Ferrari il titolo costruttori. Da Senna a Schumacher, passando per tanti chilometri percorsi in pista e per un ruolo da eterno secondo che non è mai riuscito a scrollarsi di dosso. Il suo rapporto con il pilota tedesco, ancora alle prese con i postumi dell’incidente sugli sci, non è mai stato idilliaco, tanto che in diverse occasioni Rubinho ha accusato sia Schumi che la scuderia di averlo sfavorito nella corsa ai mondiali.
In ogni caso, il pilota brasiliano ha lasciato il segno nella storia della Formula 1 con il suo stile sempre pacato e raramente fuori dagli schemi. Immagine che ha mantenuto anche lontano dal paddock, in un’epoca in cui i piloti si stavano evolvendo da figure semi-mitologiche osannate da stampa e tifosi a campioni social addicted. Rubens è sempre stato il perfetto Robin, lo stesso che canta Cesare Cremonini: “Ti sei accorta anche tu, che in questo mondo di eroi, nessuno vuole essere Robin”. Per una volta nel mondo moderno un Robin ha conquistato la ribalta vincendo la sua battaglia contro il male e mostrando con orgoglio i segni della lotta contro il tumore.
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