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Paulo Sousa: l’allenatore con la valigia in mano
La storia di Paulo Sousa, a prima vista, potrebbe sembrare uno dei tradimenti sportivi verificatisi nell’ultima decade ossia da quando il pallone, quello fatto di cuoio e fango, ha perso il suo alone di romanticismo ed ha deciso di ricoprirsi d’oro. A Firenze, Paulo Sousa non è arrivato di certo tra gli applausi della piazza, colpa del suo passato da giocatore nella grande Juventus degli anni ’90. Ma il ct portoghese è riuscito a far dimenticare agli occhi dei fiorentini grazie al duro lavoro svolto fin dai primi minuti di ritiro ed a un sorprendente attaccamento alla maglia viola.
VITA CALCISTICA – La biografia scritta da Paulo Sousa fin qui ci consente di accostare la sua vita a quella di un grande viaggiatore come Ulisse. Nasce calcisticamente in Portogallo, sua terra d’origine, ove milita in entrambe le squadre di Lisbona, dapprima Benfica e poi Sporting, a dimostrazione che il carattere non gli è mai mancato. Dopodiché approda a Torino, sponda Juventus, dove proprio con la maglia bianconera conquista il maggior numero di trofei, tra cui uno scudetto ed una Champions nella stagione ’95-’96. Il capitolo successivo della lunga vita calcistica di Sousa lo porta in Germania, a Dortmund ove, ironia della sorte, conquisterà la sua seconda “coppa dalle grandi orecchie” a scapito dei suoi ex compagni. Dopo i trionfi in campo europeo la carriera del portoghese si trascinerà stancamente tra Inter, Parma, Panathinaikos ed Espanyol.
CURRICULUM – Gli ultimi anni da calciatore di Sousa hanno in qualche modo dato il via al lungo iter del portoghese nelle vesti di allenatore. L’instancabile curiosità, prerogativa anche dell’eroe Omerico, lo ha portato a confrontarsi con campionati e spesso relegate ai margini dell’ Europa calcistica e non solo. Sousa spende i suoi anni di apprendistato come assistente allenatore del ct del Portogallo per poi mettersi in proprio sulla panchina del Queens Park Rangers ove verrà sollevato dall’incarico a campionato in corso.
Dopo il deludente inizio con gli “hoops”, Sousa ha continuato ad allenare in Gran Bretagna dove ha guidato prima i gallesi dello Swansea in Premier per poi passare al Leicester city.
Dal 2011 il viaggio di Sousa deraglia dai binari del calcio inglese fino ad arrivare in Ungheria ove vince il titolo nazionale con il Videoton; all’esperienza magiara segue poi la parentesi in Israele al Maccabi Tel Aviv ove resterà fino al 2014 per poi consacrarsi definitivamente in Svizzera, ed è proprio col Basilea che il tecnico portoghese attira su di sè le luci dei riflettori grazie soprattutto alle eccellenti gare disputate in campo europeo.
FIORENTINA – Dopo la rescissione con gli elvetici, Sousa approda a Firenze una delle piazze più bollenti del panorama calcistico italiano, resa ancor più incandescente dopo le infinite diatribe tra i Della Valle e Montella. A Moena, sede del ritiro estivo dei viola, Sousa ha da subto cercato di riattizzare il fuoco che sembrava essersi spento dopo i casi Montella-Salah, riuscendo a forgiare una squadra priva di nomi altisonanti ma terribilmente concreta.
Il tecnico portoghese ora raccoglie i frutti del suo duro lavoro, fatica e sudore che ha riportare i tifosi ad affollare la stazione di Santa Maria Novella in seguito al trionfo del Meazza, scene che non si vedevano dai lontani tempi di Batistuta.