Football
Il ruggito del giaGuaro: l’Inter prende Milano e la vetta
Il ruggito di un giaGuaro spezza il silenzio di una notte milanese. Una notte di settembre come tante, o forse come nessuna. Tra gli 80 mila che affollavano San Siro è il travolgente urlo di gioia di Fredy Guarin a sovrastare la gioia incontenibile dei tanti sostenitori dell’Inter. Il derby torna ad essere nerazzurro, quasi due anni dopo. Ma insieme alla stracittadina arriva anche il primo posto, quasi cinque anni dopo. E questo conta anche di più.
IL SILURO DECISIVO – Nei tre anni e mezzo di esperienza nerazzurra Fredy Guarin è stato un po’ tutto. L’acquisto per tornare grandi, il talento che spezza le partite, l’esubero di ogni sessione di mercato. Con quello scambio con la Juventus per Vucinic che non s’aveva da fare. E grazie al cielo non si è fatto. Il Guarin dell’Inter di Mancini è l’unico centrocampista in grado di proporsi nella trequarti avversaria e rendersi pericoloso. Prima con qualche inserimento minaccioso, poi con un colpo di testa troppo schiacciato. Prove di gloria qualche minuto prima che il mancino, non il suo piede, gli regali il gol più emozionante della sua avventura all’Inter. Con dedica speciale ai figli, i piccoli giaguari che lo seguono a casa. Tra i tanti nuovi acquisti una delle certezze di Mancini è, ironia della sorte, proprio lui.
KONDO SPAESATO E MELO LEADER – L’importanza di Guarin in quest’Inter è accentuata dalle caratteristiche degli altri centrocampisti. Kondogbia sembra ancora stralunato in una realtà completamente nuova per lui. E’ vero che ha calcato campi importanti con il Monaco, ma dove si trova una sfida da 80 mila spettatori con il clima del derby di Milano in Francia? Qualche timida cavalcata, un paio di dribbling esaltanti e il solito compito di fare legna a centrocampo. In una partita del genere non è male, ma è lecito aspettarsi di più. Anche perché qualcuno che fa legna a centrocampo esiste già, e si chiama Felipe Melo. Il brasiliano è un cagnaccio del centrocampo e se viene superato non ci pensa due volte a stendere l’avversario. Muscoli e cattiveria agonistica, insieme a Medel e Kondogbia potrebbe formare un gang bang e rapinare gli avversari ad ogni partita. Ovviamente si scherza, ma neanche troppo.
CAPITANO VERO – Nel primo derby da capitano Icardi stecca e dimostra di essere ancora poco maturo. Poco lucido sotto porta, troppo “prima donna” quando non viene servito bene dai compagni di reparto. Jovetic inventa più per sé che per gli altri e Perisic non è ancora l’“Ivan il terribile” che l’Inter sogna. Ma se l’argentino è probabilmente il più talentuoso nerazzurro, è necessario che qualcuno gli spieghi cosa significhi essere capitano. Magari proprio Ranocchia, che nonostante l’assenza di Miranda parte dalla panchina per giocare solo pochi spezzoni di partita. Quanto basta per essere decisivo con un recupero stellare su Luiz Adriano, scappato via a Murillo. Lavorare in silenzio e dimostrare prontezza e lucidità nei momenti decisivi. E’ così che ragiona un capitano vero. E’ così che Ranocchia vuole riconquistare Mancini dopo quel “Dove c…avolo vai?” urlato nell’Inter-Juventus dello scorso maggio. Parafrasiamo noi, perché il tecnico non aveva parlato di ortaggi. Anche se più che l’adattato Medel a ballare dietro è stato Murillo, che ha bisogno di un riferimento per esprimersi al meglio. Ancora una volta san Samir Handanovic è riuscito a tappare i buchi, ma qualche movimento va rivisto. Il tempo per migliorare c’è, e intanto la classifica sorride all’Inter. Per la prima volta dopo cinque anni, proprio nel giorno del derby. Vietato montarsi la testa adesso, l’obiettivo (per nulla semplice) è il terzo posto. Ma rispetto a un mese fa è lecito essere un pochino più ottimisti.