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Catania, l’alba del giorno dopo: la città si piega ma non si spezza
Pubblicato
6 anni fa|
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Manlio Mattaccini
23 Giugno 2015. Più che una data, una fermata. La fermata più brusca che il treno rossazzurro potesse affrontare sul proprio cammino. Più di un derby perso malamente, più di una retrocessione ottenuta sul campo. Un risveglio che ha letteralmente buttato giù dal letto un’intera città, mentre si appresta ad affrontare la frenetica routine di una mattina soleggiata d’inizio estate. Catania è su tutte le prime pagine dei giornali, nazionali ed internazionali: ma non per un’eruzione di Mamma Etna, che guarda caso ha ripreso a sbuffare. E nemmeno per la festa di Sant’Agata, che coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di devoti. E molti devoti, sono anche tifosi del Calcio Catania. Quella squadra, amata sin da piccoli, che all’improvviso ha tradito e ha messo alla berlina mondiale la propria reputazione.
Antonino Pulvirenti, numero uno etneo dal 2004, ha sfiorato per lungo tempo la beatificazione da parte del suo pubblico, da sempre fedele all’immortale Massimino. Quello stesso pubblico che ora si ritrova negli inferi, più del suo stesso presidente costretto agli arresti domiciliari, perchè la delusione di un amore profondo e a poco a poco scalfito è impossibile da risanare. Sì, perchè il treno del Catania era già da quasi due anni che non correva più come prima. La stagione dopo il record di punti in serie A è iniziata male, proseguita peggio. Il mercato di riparazione non porta nessun rinforzo, la squadra si scioglie su se stessa. Eppure, anche l’anno scorso, i rossazzurri sembravano potessero agguantare un’incredibile salvezza con una serie di risultati positivi nelle ultime giornate, come il 4-1 sulla Roma. Poi, la retrocessione in B dopo otto anni, è diventata la dura realtà. E tutti credevano, speravano, che un anno di purgatorio sarebbe bastato, e avanzato, per tornare nel giusto palcoscenico.
La squadra rossazzurra allestita per la cadetteria, sulla carta è una corazzata, ma sciorina di sabato in sabato prestazioni barbine. Sannino, tecnico subentrato, capisce di trovarsi in un ambiente che col calcio professionale e professionistico ormai c’entra ben poco, e fa le valigie. Dario Marcolin, il nuovo direttore sportivo Delli Carri, e un mercato di riparazione stavolta azzeccato, non riescono lo stesso a macinare gioco e punti.
Ad aprile però la squadra, come per magia, sembra avere ritrovato orgoglio. I giocatori ora corrono, lottano, creano e gioco e soprattutto, vincono. Cinque vittorie consecutive non solo significano una salvezza dapprima insperata ora messa in cassaforte, ma addirittura ripresentano sul piatto il tema play-off finito troppo presto nel dimenticatoio. La sconfitta a Bologna risveglia un pò tutti dal sogno. I rossazzurri, guarda caso, non vinceranno nessuna delle ultime cinque gare. Molti non lo sapevano, qualcuno lo ipotizzava, ma la triste vicenda sportiva del Catania si è conclusa proprio con quella trasferta. Quando ormai, pensare di “truccare” tramite telefoni l’esito di un match, era ormai ininfluente.
Oggi, 24 giugno 2015, è il giorno dopo il cataclisma sportivo ed etico che ha travolto un’intera città. A freddo, le ferite iniziano a fare male. Si ripensa alle centinaia di chilometri percorsi in macchina, agli “extra” del proprio salario messi da parte per la causa etnea, sacrificando tempo e denaro per i propri cari. Si ferma il cuore. Si ferma il calcio nel capoluogo etneo fino a tempo indeterminato, fino a quando la giustizia sportiva comminerà le giuste sanzioni. Non si ferma l’orgoglio del tifo etneo, che sabato sfilerà in corteo lungo le vie della città per rivendicare la propria fede, che non retrocederà e soprattutto non è inquinata da scandali e dalla cupidigia di ex idoli locali ora intenti ad “avvulare” sulle spalle degli altri.
Parafrasando Ungaretti, “è il cuore del tifoso il paese più straziato“.
Manlio Mattaccini
(foto Maurizio Laganà)
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