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Formula 1

Perché Vettel è migliore di Alonso

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Vettel sul podio a Melbourne

Pochi giorni dopo l’annuncio della “staffetta” tra lui e Vettel, Alonsò dichiarò con un pizzico di malizia che il tedesco avrebbe avuto tanto bisogno di fortuna al Cavallino. Quella che non ha avuto lui, o meglio: quella che non ha saputo sfruttare, specialmente nei primi anni della sua avventura con la “rossa“. A dir la verità, per lo spagnolo Bicampione del Mondo nel 2005 e nel 2006, da quando è tornato nella scuderia di Woking, di buona sorte ne ha avuta quasi niente. Anche se, nella più comune delle allusioni, è l’uomo che decide il suo fato, e non viceversa. Sebastian Vettel ha desiderato d’indossare il rosso più di ogni altra cosa. E la sua passione per la Ferrari non è nata soltanto poco prima che firmasse su un contratto che gli garantisse soldi a palate. I tifosi di Maranello d’altronde l’hanno preso in simpatia sin dal 2008, quando nell’ultimo drammatico Gran Premio in Brasile, a bordo di una Toro Rosso, superò Hamilton, “consegnando” a Massa un titolo Mondiale che gli sarebbe sfuggito ad un chilometro dal traguardo.

Facile pensare che l’avventura dell’erede di Schumacher, simile ma anche molto diverso da lui, possa continuare sullo stesso binario di come sia iniziata. Non dimenticando che una vittoria e due podi nelle prime quattro gare era un bottino poco preventivato anche dal team manager Arrivabene. Di facile, comunque, da quando la scuderia italiana ha cambiato la sua prima guida, c’è stato ben poco. E’ bene rammentare lo stato in cui versava la Ferrari, al termine di una stagione tra le più complicate degli ultimi vent’anni. E’ vero che ricostruire spesso viene apparentemente più semplice di una conferma, ma è innegabile che il processo di rinascita abbia un suo tempo fisiologico. Può essere celere, può essere giurassico. Dov’è necessaria la giusta sinergia e sintonia tra il pilota e un gruppo di quasi mille persone per cui corre. Il talento in pista poi contribuirà al distacco con i rivali. E di talento, lo stesso Alonso ne ha da vendere. Come professionalità, non è stato e forse ancor oggi non è secondo a nessuno. Nel suo ricco palmares, pesano comunque alcune scelte. Ha scelto di andar via da una scuderia perchè non la riteneva più alla sua altezza. E la Ferrari, al momento della firma, non era la vettura ideale nemmeno per Vettel. Torna alla McLaren, ambiente che lui ha vissuto nel 2007, per “finire un lavoro in sospeso“. Quel Mondiale 2007, l’iberico lo gettò via alle ortiche al termine di una stagione dove non sopportò da subito il dualismo col giovane astro Hamilton. A Maranello invece brucia ancora quel Gran Premio di Abu Dhabi del 2010, quando una sciagurata strategia di gara improntata sullo “specchietto per le allodoleWebber mandò all’aria il titolo, vinto per la prima volta proprio da Vettel. Dopo un inizio di carriera folgorante, i titoli mondiali con la Renault, Fernando più di una volta ha sbagliato qualcosa. Nei box, più che in pista. Essere il numero uno significa trascinare il gruppo, e non aspettare che sia automaticamente il gruppo a lavorare per te. Questo, Vettel, lo sa e l’ha capito: con la Ferrari, negli anni a venire, può erigersi a simbolo della rinascita. In questo, Alonso ha fallito. E anche per questo sarebbe riduttivo considerare il tedesco superiore soltanto in base ai numeri e ai primati conquistati, alcuni di essi a scapito proprio dell’asturiano.

Manlio Mattaccini

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