Ciclismo
Parigi-Roubaix, l’elogio della follia: dal passaggio a livello al trionfo di Degenkolb
L’ha sognata, l’ha cercata, l’ha inseguita ed infine l’ha conquistata: John Degenkolb vince la Parigi-Roubaix ed entra nella cerchia dei campionissimi della storia del ciclismo. Il tedesco, velocista puro, ha dimostrato un inaspettato senso d’adattamento all’ostico pavé francese, prima rendendosi protagonista di una bella rimonta su Lampaert e Van Avermaet, e poi regolando il gruppo dei migliori con una volata maestosa. Il successo del tedesco della Giant è un mix letale di senso tattico, esplosività fisica ed un pizzico di follia. Riprendere i fuggitivi con un’azione simile in solitaria è un’impresa impensabile per tutti, o quasi.
A SPASSO SUI BINARI – Si parlava di follia; il ciclismo è uno sport in grado di esprimerla ed elogiarla in mille modi. Anche attraversando un passaggio a livello con la sbarra abbassata, pochi secondi prima dell’arrivo di un TGV. Una trentina di corridori, incuranti del pericolo, si sono resi protagonisti di un gesto temerario che sarebbe potuto sfociare in tragedia. Inspiegabilmente, non sono stati squalificati: anche questa è una follia. Un po’ come l’ultimo acuto di Wiggins, che ha sfidato la storia dove nessuno aveva mai osato: conquistare la pista, un Tour de France ed infine la Parigi-Roubaix sarebbe stato bellissimo, ma non c’è riuscito. Avrebbe scambiato il trionfo alla Grande Boucle con uno nell’Inferno del Nord: per capire il personaggio, è sufficiente questa affermazione. Le braccia alzate sono quelle di Degenkolb, capace di bissare il successo alla Milano-Sanremo: l’ultimo a riuscirci era stato Sean Kelly nel 1986. Una vita fa. La polvere, la fatica, 253 chilometri di speranze, la follia di chi rischia la vita per inseguire un sogno, gli inseguimenti in solitaria, le lacrime di un ragazzone con i baffi: la Parigi-Roubaix riassume perfettamente l’essenza del ciclismo, nel bene e nel male. Prendere o lasciare.
@antoniocasu_