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Dal 1929 a oggi: le cinque meteore della nostra Serie A

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Il Treviso 2005/06, meteora della Serie A

Conquistarsi sul campo la serie A per la prima volta spesso è un’alchimia di vari elementi. C’è il caldo tifo di provincia, l’idea vincente di un allenatore, l’amalgama giusta di una squadra operaia e l’abilità economico-organizzativa della dirigenza. Il Sassuolo di Squinzi ne è il più fulgido e contemporaneo esempio: la matricola emiliana non si è dimostrata una vittima sacrificale e ha tutta l’intenzione di restare nella massima serie per ancora molte stagioni, un po’ come il Chievo. L’avvento di aprile coincide con il momento-clou della stagione: per molte squadre invischiate nella lotta retrocessione, è giunto il tempo di spremersi al massimo per la sopravvivenza. La storia però ci dice che per alcune nostre società, aprile è stato soltanto un mese indicante la quasi arrivata fine del calvario. Le ultime partite di una stagione iniziata con l’entusiasmo del debutto e finita con la più grossa delle delusioni. Sfortuna, inesperienza o incompetenza: cambiando l’ordine dei fattori, il risultato è stato nefasto. Ai posteri, e a noi, rimane il ricordo di decantare le vicissitudini di chi ha incarnato perfettamente lo spirito di “l’importante è partecipare” di Decoubertiana memoria. Matricole o meteore? Fate un po’ voi.

Una foto della Ternana, meteora della Serie A

Una foto della Ternana, meteora della Serie A

TERNANA – In Umbria non c’è solo il Grifone biancorosso. Le Fere biancoverdi “vivono” costantemente nella cadetteria, ma negli anni ’70 giocarono per ben due volte in serie A. Il Perugia farà “miracoli” soltanto dopo l’avvento della Ternana, primo club umbro nel massimo campionato. Corrado Viciani detto “Il Maestro” allena un gruppo di ragazzi che vincerà per la prima volta la B, nel 1971-72. Il segreto? Una riproduzione in miniatura dell’innovato calcio totale olandese, passato alla storia come “gioco corto”. Nella prima gara della serie A 1972/73, al debutto assoluto, pareggerà 0-0 contro il Milan. Sarà l’unico acuto di una stagione dove un tasso tecnico non eccezionale, nonostante un gioco innovativo, non basterà ad evitare l’ultimo posto in classifica. Dopo un solo anno di purgatorio a Terni si fa di nuovo festa: la squadra è ai nastri di partenza del campionato 1974/75, il mister è diventato Riccomini. Il gruppo ora è più esperto, sembra aver metabolizzato il salto di categoria: tuttavia cinque sconfitte consecutive nel finale di campionato vanificano il tutto. Nuova retrocessione, stavolta quella definitiva: e proprio in quei giorni il Perugia festeggiava la prima promozione. Doppia beffa.

SALERNITANA –  Anche il club guidato attualmente da Lotito vanta un passato in serie A. Per la precisione, è successo addirittura in due stagioni. Molti ricorderanno la breve parentesi a fine anni ’90, ma il debutto risale addirittura all’immediato dopoguerra, nel 1947/48. Oltre ai granata del Grande Torino, pure i granata allenati da Gipo Viani avevano un loro perchè: il “Vianema”, sistema di gioco precursore del celebre catenaccio, creava grattacapi alle avversarie. La salvezza al primo colpo era a portata di mano: sarà un controverso scontro diretto alla penultima contro la Roma (udite udite..) a sancire l’amara retrocessione, nonostante le tredici vittorie sul campo. Per respirare aria di gran calcio all’Arechi dovranno aspettare 50 anni: nel 1998/99 saranno addirittura ben 28 mila gli abbonati, impazienti di sfidare le big del calcio italico. La squadra parte male, Di Vaio e un giovane Vannucchi non riescono a trascinare un gruppo di nuovi arrivati che deluderà parecchio. Nel mercato di riparazione arrivano un tal Gennaro Gattuso, Fresi e Giampaolo: nel girone di ritorno i granata danno spettacolo soprattutto in casa e si giocano le chances di salvezza nella drammatica ultima giornata col Piacenza. L’1-1 finale, e i 12 gol totali di Di Vaio, non saranno sufficienti: per i 1500 supporters giunti in Emilia la delusione sarà totale e quattro di loro invece non torneranno più a casa, morti nel rogo in galleria del treno, a pochi chilometri da Salerno.

TREVISO – Nella città degli “sport”, con grande tradizione in Basket, Pallavolo e Rugby, il calcio passa un pò in sordina. La squadra trevigiana è stata sempre una buona “mestierante” delle categorie inferiori, fino a quando un bel giorno del giugno 2005 si ritrova in serie A “per caso“. I biancazzurri si qualificarono per i play off, perdendoli, contro il Perugia; sarà il fallimento di quest’ultima, del Torino e il declassamento per illecito del Genoa a regalare al club veneto la prima serie A della storia. E’ la stagione 2005/06. Un regalo inaspettato pure per la dirigenza, che si farà sorprendere da una sessione estiva di mercato ricca in quantità ma poca in qualità, nonostante alcuni nomi di sicuro valore. L’indisponibilità per un’ampia fetta di campionato del Tenni, unito ad un triplo cambio di allenatore, sono solo alcune delle cause della deludente stagione: affidare la salvezza ad un gruppo ancora troppo giovane composto da ottimi giocatori ma inesperti come Handanovic, Maggio, Borriello e Acquafresca è stata scelta azzardata. La retrocessione giungerà con cinque giornate d’anticipo, senza colpo ferire. Complice il declassamento all’ultimo posto della Juventus, la società ufficialmente si piazzerà penultima.

ANCONA –  Con Dino Baggio, Jardel, Maurizio Ganz, Eusebio di Francesco e Goran Pandev si può puntare alla Champions League. Già, bisogna vedere in che era geologica. La società marchigiana ha in effetti avuto in organico contemporaneamente i sopracitati giocatori: era il 2003/04 e la squadra si presentava ai nastri di partenza dell’ultimo campionato a 18 squadre. Non si è trattato del debutto: la prima in A risale al 1992/93. La società del presidente Pieroni dopo 10 anni fa il salto di categoria e pensa di allestire un collettivo competitivo grazie a una sfilza di nomi altisonanti ma in palese parabola discendente. L’impatto è disastroso: la squadra chiude l’andata con soli 5 punti, frutto di altrettanti pareggi. L’Ancona riuscirà comunque a concludere il torneo vincendo almeno una partita (ci riuscirà alla 29^) e conquistando un punto più (13 totali) dei 12 del Brescia, che nel 1994/95 chiuse ultimo col minor numero di punti conseguiti in assoluto. E dire che la prima esperienza era andata meglio, almeno dal punto di vista dell’onore: la squadra arriverà penultima nonostante la presenza di  Vecchiola, Detari e il “bidoneSergio Zarate detto “El Raton“, ma almeno in casa si toglierà la soddisfazione di battere l’Inter 3-0. L’anno seguente la società marchigiana, militante in B, arriverà fino alla finale di Coppa Italia, a conferma di un gruppo che non era proprio da buttar via.

PISTOIESE –  Ultima per ordine ma non per importanza, l’avventura breve ma intensa del club toscano e del suo presidente Melani. A metà degli anni ’70, dopo diverse stagioni in serie D, il pistoiese Doc Melani rileva la proprietà della società e promette l’approdo nella massima serie in addirittura cinque anni. La sua idea si rivelò molto meno folle del previsto: la Pistoiese di anni ne impiegò sei, ma in A ci andò per davvero tra lo stupore di tutti. Nel 1980/81 la matricola toscana, soprannominata “Olandesina” per via dei colori sociali (all’epoca l’Olanda era la squadra del momento) ingaggia un tale Luis Silvio Danuello, mirabiliante brasiliano col fiuto del gol, ma sconosciuto ai verdeoro gia militanti nel nostro torneo. Un indizio che si rilevò ben più di una prova: dopo sei partite il “colpo” di mercato sparì dai radar, diventando il primo ufficiale “bidone” sbarcato in Italia. Ciononostante la squadra toscana disputò un buonissimo girone d’andata, condito dalla vittoria fuori casa nel derby con la Fiorentina. La vera dannazione nella prima e unica stagione in A fu il girone di ritorno: l’accoppiata in panchina Lido Vieri – Gianbattista Fabbri vi conquistò appena tre punti, frutto di tre pareggi e nessuna vittoria. Epilogo amaro per il bomber Vito Chimenti e per Mario Frustalupi, che disputò la sua ultima stagione tra i professionisti: carriera che lo vide vincitore di due scudetti con Inter e Lazio. Qualche anno dopo diverrà proprio presidente dei toscani, ma la squadra era ormai ben lontana dai fasti di quell’esperienza più unica che rara.

Manlio Mattaccini

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