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Roma-Garcìa: 5 motivi per un divorzio
Rudi Garcìa e la Roma: un matrimonio destinato a interrompersi o a continuare nella prossima stagione? La fallimentare stagione giallorossa (da considerarsi tale anche in caso di raggiungimento del secondo posto, vite le premesse iniziali) impone una riflessione sul tecnico francese e sulla sua gestione dello spogliatoio. Elenchiamo qui i cinque capi d’accusa mossi all’ex allenatore del Lille.
CATTIVA GESTIONE DELLA ROSA – Garcìa ha toppato anzitutto nella gestione della rosa. Il tecnico ha, di fatto, creato due gruppi, dando fiducia incondizionata ad alcuni uomini (Gervinho, Pjanic, De Rossi) anche questi erano palesemente fuori forma. A questo proposito emblematico è il caso Totti. Il capitano è stato costretto agli straordinari, giocando 2018 minuti su 3600 in stagione, venendo sostituito 26 volte e partendo titolare in 30 gare su 40. Troppi anche per un’atleta straordinario come il numero 10 giallorosso. Non è un caso che il suo rendimento sia finito in picchiata, costretto ad un superlavoro che ha finito per sfiancarlo. L’utilizzo eccessivo di Totti ha portato alla cessione di Destro, che Garcìa ha utilizzato solo contro squadre medio-piccole, non giudicandolo all’altezza. Nella gestione della rosa rientra anche la scarsa fiducia nei giovani: solo ora, più per necessità che per reale convinzione, il tecnico sta utilizzando la linea verde, ma, non va dimenticato che ai nastri di partenza della serie A, la Roma era la squadra con più over 30 in campo. Ben 5 giocatori giallorossi infatti (De Sanctis, Maicon, Cole, De Rossi e Totti) superano le trenta primavere e questo per precisa volontà del tecnico che non ha mai nascosto la sua predilezione per giocatori esperti.
POCO CARATTERE – Altro capo d’accusa: lo scarso carattere mostrato nelle sfide che contano. Lo scorso anno la Roma perse convinzione dopo essere stata schiacciata allo Juventus Stadium nello scontro diretto contro gli uomini di Conte. Da quel momento i giallorossi, tra campionato e Champions hanno giocato 25 big match (i 4 in Champions contro Bayern e Manchester City più le sfide di campionato Coppa Italia ed Europa League contro i vari Lazio, Napoli, Juve, Milan, Inter e Fiorentina), con un bilancio di 6 vittorie, 8 pareggi e 11 sconfitte. Non certo un bilancio da top club, specie se si conta che due dei sei successi sono arrivati in Coppa Italia lo scorso anno, nei quarti contro la Juventus e nell’andata delle semifinali contro il Napoli (poi ribaltato al ritorno). Insomma: Garcìa non è riuscito a cambiare mentalità ad una squadra che, ogni volta che si ritrova un avversario di livello, sparisce, vittima delle sue paure. Questo, per una squadra che punta a grandi livelli è un handicap non da poco.
TATTICA SEMPRE UGUALE – Altra colpa di Garcìa è la povertà tattica della Roma. La squadra, in due anni, ha sempre giocato nello stesso modo. Lo spartito “palla a Gervinho e confidiamo nelle sue accelerazioni” non ha mai subìto modifiche, anche quando l’ivoriano è palesemente calato di forma. I giallorossi non hanno uno schema su palla inattiva, vivono delle idee dei singoli, (ovvero Pjanic, Totti e Ljajic) e, quando questi non sono in giornata, non c’è nessuno che si carichi la squadra sulle spalle. La partita contro il Parma è stata emblematica: Gervinho (e Doumbia), palesemente fuori forma, è stato buttato nella mischia per cercare di dare una scossa che, ovviamente non c’è stata. Gli schemi di Garcìa hanno finito per penalizzare Iturbe, confinandolo sulla fascia, lui che, a Verona, era solito, partendo da destra, sfrutta il proprio istinto per accentrarsi o cambiare fascia. La libertà che Mandorlini gli concedeva, Garcìa gli ha tolto. E’ questa (oltre ai problemi fisici) la causa del flop del “Messi Guaranì” nella capitale. Il 4-3-3 è un dogma a cui il tecnico non è riuscito a trovare, come non è riuscito a trovare una collocazione ideale a Pjanic, troppo spesso confinato sulla sua zolla, per poter lasciare spazio all’inventiva di Totti.
PREPARAZIONE SBAGLIATA – Tra le accuse mosse a Garcìa c’è anche quella sulla preparazione fisica. La Roma da dicembre, ormai, cammina, invece di correre. Uno dei segreti della straordinaria stagione scorsa fu lo strapotere fisico che Totti e compagni mostravano. Gente come De Rossi e Nainggolan erano ovunque, sia in fase di possesso che quando dovevano difendere. Quest’anno non è così. Il doppio impegno campionato/coppe ha logorato presto le energie dei giallorossi. Le gare giocate nel 2015 sono tutte sotto ritmo e i difensori non arrivano a recuperare palla per mancanza di forza nelle gambe. E’ chiaro che il tecnico ha sottovalutato il logorìo fisico che la coppa genera. La differenza di condizione tra i giallorossi e squadre come la Lazio e la Fiorentina, in questo momento, è abissale e questo, è un dato che deve far riflettere nella corsa alla Champions.
TROPPE CHIACCHIERE – Garcìa ha sbagliato anche nella fase comunicativa. Dalle parole post sconfitta con la Juventus, all’attacco recente fatto ai propri giocatori, il tecnico francese ha infilato un errore dietro l’altro, finendo per minare anche lo spogliatoio. Il francese è passato dai proclami di “grandeur” a giudicare la squadra “scarsa”, come nello sfogo post Chievo. Alcune frasi del tecnico non sono piaciuti agli stessi giocatori che averebbero chiesto maggior rispetto. L’uomo pacato arrivato lo scorso anno si è tramutato in una persona che, quest’anno, ha attaccato tutto e tutti in puro stile italiano (che si è detto orgoglioso di aver acquisto, ndr), ma non ha mai ammesso i propri errori nè in fase di scelte di mercato (la rinuncia a Salah, la cessione di Destro, l’arrivo di Doumbia), nè per quel che riguarda tattica o uomini. E’ chiaro che qualcosa ormai si è rotto tra Garcìa e i giocatori. Il tecnico era stato ingaggiato nell’ottica di una crescita di squadra che, però, si è fermata molto tempo fa.
Per tutti questi motivi, l’esonero di Garcìa a fine stagione pare essere inevitabile.
Davide Luciani