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Oggi come 20 anni fa, l’Inter sarà sempre dei Moratti

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Moratti ed il Triplete

Per 32 anni, quasi un quarto della sua storia, l’Inter è stata dei Moratti. Prima di Angelo, dal 1955 al 1968, poi di Massimo dal 1995 al 2014: oltre la metà dei trofei neroazzurri sono stati conquistati sotto la loro presidenza, 23 per l’esattezza. Un cognome che ieri, oggi e domani, sarà indissolubilmente legato alla grande famiglia dell’Inter, al di là di ogni carica e nomina più o meno ufficiale. Ci è voluto del tempo prima di abituarsi all’idea, per Massimo in primis, o forse ancora non si è del tutto usciti dall’idea di Moratti n.1 dell’Inter.

DI PADRE IN FIGLIO…. – I tempi cambiano, le persone vanno e vengono, i ricordi e le emozioni sono immortali: c’è qualcosa di magico nel lungo ponte che collega papà Angelo al figlio Massimo, mezzo secolo quasi per una Coppa dei Campioni ed un cognome in comune. Nessuno prima di Angelo, nessuno fino all’arrivo di Massimo e chissà per quanto ancora sarà così fino a quando, chi lo sa, il nipote e poi figlio Angelo Mario prenderà le redini della società. Oggi c’è Thohir, il segno tangibile che le cose cambiano, il modo di intendere e vedere il calcio: quando Moratti prese l’Inter esattamente 20 anni fa non rilevava una società, ma tornava “Padre” di una figlia accudita da altri per 27 anni. Il patrimonio versato dalla famiglia Moratti nella beneamata è inquantificabile, si supera il miliardo, all’interno del quale si calcolano i cartellini dei giocatori più forti del pianeta di quegli anni. R.Carlos, Baggio, Vieri, Ibra, Crespo e soprattutto lui, Ronaldo..quello vero. Perchè ancora oggi, nonostante i tre palloni d’oro vinti da Cr7, il tradimento-Real del 2002, il Fenomeno resta un amore tanto forte da aver lacerato il cuore in primis di lui, Massimo, poi di tutti i tifosi, che però ricordano con orgoglio di aver ammirato con la maglia neroazzura il miglior Ronaldo (e per alcuni il miglior giocatore) di tutti i tempi. Massimo Moratti ha compiuto il gesto d’amore più grande che vi possa essere, lasciare la proprietà di famiglia per il suo bene, cosa che per esempio sull’altra sponda del Naviglio non si è ancora capaci di fare, impedendone una rinascita e portando la società ad un sempre più profondo declino. Ma come biasimare Berlusconi, o ancor prima Moratti: la visibilità che offre la presidenza di un club tanto blasonato è pari a poche altre cariche istituzionali, l’orgoglio di vederla trionfare e di farla rinascere poi, dalle sue stesse ceneri. Legare il proprio nome ad ogni successo o sconfitta, in tutto il mondo: non è facile, ma amare vuol dire anche e soprattutto questo, anteporre il bene di ciò che si ama al proprio orgoglio. Moratti lo ha fatto, con la signorilità e pacatezza di sempre, tipica di uno degli ultimi Signori del Calcio. Non immune a polemiche, uscite talvolta fuori dagli schemi (quasi sempre per la troppa passione), qualche scheletro nell’armadio lo avrà senza dubbio anche lui. Sporcarsi un po’ è inevitabile a certi livelli, così come in politica, occorre essere lupo fra i lupi per non essere mangiati, come insegna l’orrenda storia di Calciopoli.

La notte di Madrid la sognava da 45 anni, di padre in figlio, intanto cambiava il nome e la coppa, ma non il prestigio del titolo “Massimo” raggiungibile da un club, ribadito col titolo di Campioni del Mondo pochi mesi dopo. Personaggi indimenticati hanno contraddistinto questi 20 anni: gli ultimi Josè Mourinho, in tutto e per tutto alter-ego di Helenio Herrera, Giacinto Facchetti, compianto filo-conduttore fra i due Moratti e poi il Capitano. Quel Javier Zanetti che un giorno, più o meno lontano, potrà essere quel figlio acquisito ideale per passione, amore ed eleganza: degno di associare il proprio nome a due Presidenti, Moratti di cognome, Massimo di fatto.

Giornalista pubblicista, coordinatore presso SportCafe24 da oltre due anni. Amo lo sport in ogni sua forma e disciplina, raccontandolo con la voce di chi spesso non ne ha una, con un unico valore trainante. La verità: nel più profondo dei suoi significati.

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