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Inter e Geometria: la quadratura del cerchio si ottiene sempre col rombo
Roberto Mancini sembra finalmente aver risolto i guai della sua Inter. I successi contro Palermo e Atalanta hanno ridato morale a un gruppo apparso sottoterra dopo un inizio di 2015 a dir poco terrificante. Merito dei nuovi arrivati (Shaqiri e Brozovic su tutti), della rinascita di alcuni protagonisti – leggasi Guarin – e del ritorno a un modulo storicamente sfruttato dai tecnici interisti per uscire da pericolose strade a senso unico. Se il talento di un allenatore è dovuto soprattutto a capacità intuitive, esperienza ed elasticità mentale, il tecnico di Jesi ha dimostrato ancora una volta di avere tutte queste doti. Dopo aver provato – con esiti disastrosi – a implementare anche all’Inter il 4-2-3-1 di manchesteriana memoria, il Mancio ha capito i propri errori, ed è tornato al passato. Trovare la quadratura del cerchio attraverso il rombo sembra più un problema di geometria che sportivo, ma i precedenti sono confortanti.
DEJAN PROVVIDENZIALE – Stagione 2006/07. Dopo due annate deludenti impostate sul più classico dei 4-4-2, Mancini ha in mano finalmente una squadra di primo livello. L’estate – con l’aiuto di Calciopoli – ha portato in dono gente come Ibrahimovic, Vieira, Crespo e Maicon, ma le cose non funzionano benissimo. L’inizio di campionato è stentato, e gli sfottò per un’altra stagione disastrosa sono alle porte. La mancanza di ali di ruolo convince il Mancio a un cambio drastico: spazio alle cavalcate di Maicon sulla destra, con capitan Zanetti spostato in mediana insieme a Cambiasso (davanti alla difesa) e Vieira. A supporto delle punte, come trequartista atipico, Dejan Stankovic. È la svolta, con il nuovo modulo e i gol di Ibra arrivano le 17 vittorie consecutive, il record di punti e lo scudetto numero 15.
MOU CAMBIA IDEA – Passano un paio d’anni, e le delusioni europee convincono l’Inter e Mancini a un cambio di strategia. Arriva Josè Mourinho, e il mercato prova a rispondere alle sue esigenze di 4-3-3 con l’arrivo di Mancini (quello brasiliano) dalla Roma e il Trivela Quaresma dal Porto. Il primo è appesantito e lontano parente di quello ammirato in giallorosso, il secondo è semplicemente imbarazzante. L’età di Luis Figo (alternativa ai due) non consente più al portoghese di danzare sulla fascia come ai tempi belli. Urge un ritorno immediato al passato, e al centrocampo già disegnato dal mister marchigiano. Il risultato coincide di nuovo con la cucitura di un triangolino tricolore sul petto. Il rombo viene confermato dal Vate di Setùbal anche nella stagione successiva, con Sneijder vero numero 10 alle spalle delle punte, e Thiago Motta a sostituire Vieira. L’arrivo di Pandev cambia le carte in tavola, facendo virare lo Special One verso un 4-2-3-1 oggettivamente foriero di qualche risultato utile. Questa però, stando a vedere l’Inter odierna, è davvero tutta un’altra storia…