Focus
Buffa al Menotti: musica e racconti fanno da cornice alla Berlino del 36′

Breve e noiosa premessa: Federico Buffa NON è un attore, lo si intuisce da certe inclinazioni monotematiche del suo tono di voce, dalle movenze incerte con cui calca il palco e dallo sguardo d’ammirazione con cui osserva i propri colleghi, loro SI professionisti del settore. Quindi? quindi chi se ne frega!? E’ sempre lui, “l’avvocato“, la voce più ammaliante e intellettualmente elevata della televisione italiana, un uomo che potrebbe anche leggere tutto d’un fiato l’elenco telefonico di Avigliana (TO) e strappare i 92 minuti d’applausi di fantozziana memoria, uno che con le parole dipinge, disegna e conquista.
LE OLIMPIADI DEL ’36 – Sul palco c’è Buffa, interpreta il ruolo di Wolfgang Fustner, il comandante del villaggio olimpico, testimone di alcune tra le storie più affascinanti dello sport come quelle di Jesse Owens e Sohn Ki-chung, ma anche dell’arte se è vero come è vero che la regista Leni Riefensthal, l’architetto Albert Speer e perfino il mitico maestro Richard Strauss diventano personaggi delle orazioni del vate di Sky Sport. La mission è spiegare attraverso la narrazione non soltanto la parte “agonistica” delle Olimpiadi, ma di condirla con preziosi excursus storici per permettere allo spettatore di diventare idealmente uno dei 110’000 paganti dell’Olympiastadion, perfettamente inserito nell’atmosfera follemente mutevole di quel periodo. Nell’illustrare i dettagli della ritirata di Parigi o nel citare il contenuto delle lettere dirette al figlio del commerciante nord-coreano il protagonista si commuove come il più giovane dei presenti in sala, ma si riprende con un po’ di humor, la sua arma segreta, spesso utilizzato per fare riferimenti al basket che idealmente fanno alzare tutti sui seggiolini. Si perchè Buffa è sempre quello delle telecronache con Flavio Tranquillo, scanzonato e coinvolgente quant’altri mai, ma nel frattempo è diventato anche il volto di “Storie Mondiali”, il programma che ha fatto innamorare di lui l’italico stivale, e adesso anche attore, alle primissime armi, ma pur sempre attore: la sua forza sta alla base, nell’idea che attraverso lo sport si può parlare anche di altro, si può dare un insegnamento, si può fare cultura insomma; non è dato sapere se ci troviamo all’alba di una nuova era dell’informazione oppure dell’ennesima galoppata in direzione di un mulino a vento, ma posso dirvi che chiunque sia stato al Teatro Menotti in questi giorni, come il fortunatissimo sottoscritto, all’uscita si è sentito una persona un pochino migliore rispetto a prima, più lucida, più preparata su quella che è la maniera giusta di guardare il mondo “ovverosia” (cit.) tenendo conto di quella meravigliosa, chimerica, fondamentale cosa chiamata CONTESTO. Me quito la gorra señor.
Jacopo Bertone (@JackSpartan92)
