Connect with us

Non Solo Sport

Il buono, il brutto e il cattivo della legge di stabilità

Pubblicato

|

senato della repubblica

 

Durante l'approvazione della legge di stabilità, altro caos per il M5S

Durante l’approvazione della legge di stabilità, altro caos per il M5S

L’amore non è bello se non è litigarello. Deve esserci questo particolare rapporto di amore-odio tra M5S e Matteo Renzi, visto che i grillini non perdono occasione per dare una mano al premier per uscire dalle difficoltà, organizzando ciarlatanate industriali. Durante la discussione della legge di stabilità 2015, hanno occupato i banchi del Governo, collezionando 13 espulsioni ( del resto sono stati già abituati da Beppe Grillo).
Mentre va in secondo piano il fatto che il governo Renzinator abbia  posto per il maxi emendamento alla legge di stabilità  la fiducia numero 34 in trecento giorni, più o meno una ogni 9 giorni. Berlusconi, Monti e Letta erano dilettanti allo sbaraglio a confronto. Ciò che è più sconcertante, nel secondo passaggio del testo al Senato, non è tanto l’orario da golpe sui conti correnti -Amato do you remember? – ma il fatto che si è votato non conoscendo il testo finale. Sulla fiducia appunto. Così vanno a finire sotto il tappeto della legge di stabilità, insieme queste inezie da repubblica delle banane, anche le dimissioni di tre parlamentari pentastellati– ma sarà un caso, suvvia sempre a pensar male.

NOTE POSITIVE- A volte guardo anche il bicchiere mezzo pieno. Nella legge di stabilità ci sono note positive  riguardo le famiglie ; uno tra i benefici più importanti è la conferma del bonus Irpef da 80 euro per tutti i redditi al di sotto dei 26mila euro. Una misura che diventa permanente, ha assicurato il ministro Padoan, strutturale: diventa una detrazione in busta paga, applicata dal sostituto d’imposta. Altri 80 euro mensili saranno erogati alle famiglie con un Isee inferiore a 25mila euro, sotto forma di bonus-bebè,per ogni figlio nato o adottato tra il primo gennaio 2015 e il 31 dicembre del 2017. Sotto i 7 mila euro di Isee, il bonus poi raddoppia. Per il 2015 sono previsti inoltre 45 milioni di euro per un buono acquisto da 1.000 euro a favore delle mamme con almeno 4 figli e un Isee al di sotto  degli 8.500 euro

COSI COSI’- La riforma del Regime dei Minimi prevede l’introduzione del nuovo forfait al 15% -aliquota sostitutiva di IRPEF, IRES, IRAP e IVA- con nuovi requisiti di ingresso nel  regime fiscale agevolato (scaglioni di reddito differenziati per diverse tipologie di Partite IVA). Una modifica introdotta al Senato vieta l’accesso al nuovo Regime dei Minimi 2015 per chi cumula reddito dipendente e autonomo e supera i 20mila euro annui. Non viene recepito l’adeguamento alle nuove concessioni della UE, che dal 2014 concederebbero di innalzare la soglia di reddito. Uno strumento per far emergere il nero da chi magari è in mobilità, che vuole semplicemente tirare alla fine del mese. Occasione persa

IL NUOVO BUSINESS DELLE “ASSUNZIONI”- Per quanto riguarda il lavoro, la novità della legge di stabilità è data dalla piena deducibilità, ai fini del calcolo dell’Irap, del costo del lavoro per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato (quello a tutele crescenti). Il problema, come vi avevo già anticipato è che, mancando tutele, si possono licenziare ed assumere dipendenti a gogò, mettendo in tasca fino ad un massimo di 6200 euro l’anno per dipendente. Una vera e propria assurdità che porterà probabilmente a gonfiare le cifre dell’aumento di occupazione, nel periodo di decontribuzione. Ed un nuovo business dopo l’immigrato clandestino.

ANTISINDACALISMO– Per i patronati invece, resta la sforbiciata ai fondi nella legge di stabilità,  che però si riduce dagli originari 150 a 35 milioni. Visto che non si possono- almeno per ora- abolire per legge i sindacati, Renzi prova ad affamarli. Riducendo di  milioni di euro i fondi per i patronati. Sapete, i CAF a cui molti pensionati si rivolgono perchè assisti gratutitamente ad esempio.

NO SPENDING– Così come resta sulla carta della legge di stabilità, lo sbandierato piano di “disboscamento” delle società partecipate pubbliche, che secondo i dati stimati dall’ ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, costano alla Stato 1,2 md/euro di perdite annuali. Non ci sono criteri che fissano le società da sopprimere. Non ci sono incentivi per gli enti che invece di vendere, desiderano accorpare le società. Soprattutto non ci sono penalità per gli inadempienti. Il termine ultimo per governatori, sindaci e chi per altro per approvare un piano operativo- 31 marzo 2015- diverrà probabilmente l’ennesima scatola vuota.

Autore della rubrica Fuoridaidenti , sul sito SportCafè24 e di Politically Uncorrect per Radio Cogito. Articolista "interista" per Blasting News. Scrittore latente , ha pubblicato un racconto breve tra il noir ed il paranormale, "Per un giorno. Un giorno soltanto".

Clicca per commentare

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *