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Basket

Nba, Il fiasco dei Pistons: storia di tre torri decadenti e di un Messia inoperoso

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“La pioggia appanna la mia finestra e io non riesco a vedere. Anche se riuscissi a vedere fuori sarebbe tutto grigio”, parole e musica di Eminem, uno che di Detroit sa qualcosa, contenute all’interno di una canzona dal titolo più che mai appropriato, “Stan”. Questa è l’atmosfera che attualmente regna sovrana nella città dei motori, perchè le vittorie mancano da tanto, perchè l’intero Michigan vive un momento socio-economico terribile e perchè il proprio allenatore è al contempo uno dei più grandi geni cestistici degli ultimi 15 anni e la reincarnazione un po’ sovrappeso di Schopenhauer.

Josh Smith, stella cadente dei Detroit Pistons

Josh Smith, stella cadente dei Detroit Pistons

MOTORE INCEPPATO – L’attuale record dei Pistons è 5-21, un dato a dir poco allarmante e del tutto inaspettato se si pensa al modo con cui in Estate è stato accolto Stan Van Gundy, l’uomo che nella mente di tutti quanti avrebbe trovato il modo di far funzionare quel mostro a tre teste chiamate Drummond, Monroe e Smith, che avrebbe domato il talento di Jennings, che avrebbe dato una chance al nostro Gigi Datome, che avrebbe riportato il sorriso in una città che l’ha perso da molto tempo, per tanti motivi. Eufemismo MODE ON: la cosa non sta funzionando. Il primo quarto di stagione Nba se n’è andato e Detroit sembra la stessa squadra moscia, disfunzionale e irritante dell’anno scorso, lo dicono i risultati e le iridi perchè quel gioco lento e molto poco incisivo non passa inosservato. I problemi sono i medesimi: Smith prende tiri osceni, Drummond è distratto e acerbo, Monroe smette di difendere nel momento in cui non riceve palloni in attacco e Jennings si fida solo di Jennings, giocando da Jennings e solo ed esclusivamente per Jennings. Dal resto del roster non ci sono novità, Singler è sempre un insipido buon giocatore, Caldwell-Pope è ancora giovanissimo, Meeks (acquisto principale dell’estate) è infortunato e il nostro Gigione non vede il campo nemmeno con il binocolo. La situazione è imbarazzante, il baffo chiede tempo per trasmettere il suo credo tattico ai ragazzi e nel mentre valuta le opportunità del mercato che per motivi salariali non sembrano essere moltissime, ma continuare così sembra a impraticabile. I giocatori non si fidano dei propri compagni, un problema gigantesco per una squadra di pallacanestro, perciò la soluzione più giusta sarebbe quella di liberarsi delle mele marce dello spogliatoio inserendo elementi funzionali tanto al gioco quanto al clima dei Pistons, a costo di rimetterci tanti pezzi in verde. I tempi dei vari Thomas, Rodman e Laimbeer piuttosto che di Sheed e Billups sono lontani, pure troppo per una città che fa dello spirito operaio e dell’umiltà una religione, rimanendo inevitabilmente sdegnata di fronte alla pochezza dei propri beniamini. Un briciolo di ottimismo c’è perchè comunque di Van Gundy ci si deve fidare e Drummond sembra veramente troppo forte per non emergere, poi però si dà un’occhiata al campo e… Sigh.

 

 

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