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11/9/01, la grande menzogna: gli 11 settembre nella storia dello sport
Pubblicato
7 anni fa|

Chiunque di noi a distanza di 13 anni ricorda esattamente il momento, il luogo in cui si trovava e come è venuto a sapere dell’11 settembre: una tragedia immonda scolpita indissolubilmente nella nostra memoria. A tenerla viva negli anni un susseguirsi di stati d’animo, dall’iniziale tristezza infinita alla seguente rabbia mista ad orrore per i dettagli emersi successivamente. Credere nell’11 settembre quale simbolo dell’odio iracheno verso l’occidente è quanto ci hanno voluto far credere: proprio quell’odio, piuttosto, è stato strumentalizzato per giustificare un auto-attentato dai risvolti troppi chiari per essere smentiti. Un giorno che non può che portare alla mente di tutti gli sportivi alcune delle più grandi tragedie che hanno colpito il calcio ma non solo: un bagno di sangue senza confini, al quale molto spesso si è anteposto l’interesse di tv, media e sponsor. Perchè lo show deve andare avanti, sempre e comunque.
L’UOMO DIETRO LA STRAGE: NELLO SPORT, NELLA VITA – Serviva una ragione per attaccare l’Iraq, serviva un forte consenso politico e cittadino, serviva qualcosa di forte che muovesse gli animi degli americani. Ma non è questa la sede per parlare di un buco al pentagono causato dall’impatto di un boeing (le ali si sarebbero sbriciolate all’impatto e per questo non vi fu traccia di esse) dopo una manovra a 360° che sarebbe stata praticata da un iracheno capace a malapena di pilotare un elicottero. Non siamo qui per parlare di torri che cadono così come palazzi auto-demoliti, in egual tempo e modalità. Non siamo qui per parlare del ritrovamento integro di documenti dei dirottatori sotto le macerie delle torri gemelle, mentre nel frattempo si faticava a trovare pezzi indistruttibili degli aerei. O non siamo qui a parlare di come il Norad, il sistema di sicurezza tecnologico più potente al mondo, abbia permesso a 4 aerei di svolazzare per i cieli americani senza che alcuno facesse nulla per 40 minuti. Vi sarebbero altre decine di incongruenze scientifiche, fisiche e chimiche studiate dai migliori ingegneri del mondo che hanno sgretolato una ad una le teorie presenti nella 9/11 Commission, il documento ufficiale di quanto accaduto quell’orribile giorno in cui gli Stati Uniti d’America si bagnarono di sangue.
Lo sport non è esente da colpe in fatto di tragedie, spesso messe a tacere o calpestate in buon nome dello spettacolo. Una delle più ignobili fu quella dell’Heysel, una finale di Champions mandata avanti mentre morivano 40 persone, con Platini esultante dopo aver realizzato il gol vincente (su un fallo avvenuto mezzo metro prima dell’area). Gli hooligans del Liverpool attaccarono gli Ultras bianconeri che tentarono di scappare: la polizia belga creò un muro fra le parti, ma la tribuna cedette per il peso eccessivo e fu il caos. Sempre l’11, sempre nel 2001 ma ad aprile: all’ Ellis Park di Johannesburg il derby fra Orlando e Kaiser finisce in tragedia. La polizia per disperdere la folla di 120 mila persone accorsa ad uno stadio capace di occuparne quasi 70 mila, lanciava lacrimogeni contro i tifosi che spingevano verso i cancelli d’ingresso. Nella fuga generale, 43 persone rimasero schiacciate nella calca, ormai prive di vita. Nell’ottobre dell’82 a Mosca, nell’attuale Luzniki, una delle peggiori tragedie del calcio, insabbiate per non recare danno alla “limpida” reputazione dei russi. Lo Spartak Mosca conduceva 1-0 sull’Harlem nei sedicesimi di Coppa Uefa, il freddo e il sopraggiungere del novantesimo convinse gran parte degli spettatori a lasciare l’impianto: ma al minuto 88 arriva il raddoppio dello Spartak, la gente torna indietro in massa, trovando il muro della polizia. Il sovraffollamento causò la morte di 66 persone, volevano solo festeggiare un gol. Ma nell’aprile del 1989 si consuma il dramma peggiore, anche per le evidenti responsabilità della polizia locale: semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forrest all’ Hillsborough di Sheffield. Ai reds vengono assegnati quasi 15 mila posti nell’apposito settore della Leppings Lane, è evidente siano accorsi in molti di più. Poco dopo l’inizio del match la polizia ebbe l’intuizione di aprire i cancelli che davano alle curve e settori laterali: fu la fine. La curva ospitava appena 2 mila persone, il tunnel d’ingresso fu preso d’assalto, chi sedeva in tribuna tentò la fuga trovando lungo la strada chi invece provava ad entrare. 96 persone morirono, si consumò quel giorno la più grande tragedia del calcio inglese, ma non solo.
La tragedia che rimane viva, nel ricordo di tutti noi italiani, è senza dubbio quella di Superga e del Grande Torino. Nessun dubbio, lo schianto fu vero, senza premeditazione alcuna: tragica fatalità. Persero la vita 31 persone. 52 anni dopo ne morirono quasi 3 mila, per un attentato, dicono. “Ripetete una bugia cento, mille ed un milione di volte, diventerà verità” diceva Joseph Goebbels. I media lo impararono alla lettera.
Orazio Rotunno
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