Cinema
L’amore bugiardo: il lato oscuro del matrimonio
NON SUCCEDE PIÙ, TE LO PROMETTO – Stiamo per affrontare un argomento piuttosto delicato. Avviso chi è abituato a leggere articoli che trattano questi temi con descrizioni minuziose e dense di informazioni utilissime come il numero di scarpe della vittima, la densità per millimetro quadro di peluria sulle dita dell’assassino e la pressione esercitata sul coltello, che qui non troverà niente di tutto questo. Spiacente, esistono le edicole e Google dove rimpinzarvi. Altro tentativo di fare desistere i cercatori di macabro: non ci saranno nomi – né di vittime, né di carnefici – non ci saranno casi noti ai più, citati: non ci saranno riferimenti. Se ne parla tanto (non troppo, non è troppo finché esiste)della violenza sulle donne. Cosa c’è da dire se non che è una delle cose più riprovevoli della storia dell’umanità e che dovrebbe finire? Eppure, ogni giorno, giornali e servizi tv ci raccontano del tal marito, tal amante, tal fidanzato che uccide la sua donna. Non cancello la scelta lessicale perché è emblematica di un’errata forma di pensiero, ma rettifico: la donna. Perché, ed è proprio questo forse l’errore, non è sua. L’automobile è sua, la moto e il profumo di Ralph Lauren, ma gli esseri umani non sono oggetti che si possono possedere. Sono storie che si possono condividere, è ben diverso. A proposito di tutto questo, vi consiglio di guardarvi il cortometraggio di Stefano Chiodini: La casa di Ester. E poi non venite a dirmi che non abbiamo giovani promettenti nel cinema italiano (https://www.youtube.com/watch?v=rOMY_AlD92k ).
NICK HA UCCISO AMY? – Gillian Flynn scrive thriller e il suo L’amore bugiardo (Gone girl) è presto diventato un best-seller negli USA. Nick e Amy sono una coppia perfetta, almeno all’apparenza. Il giorno del loro quinto anniversario di matrimonio, Amy sparisce. Nel salotto ci sono tracce di sangue. Così scopriamo che la vita coniugale di Nick e Amy non era per niente rosea come poteva sembrare. Poi il diario di Amy, le verità su quel matrimonio. E Nick, chi è? Un marito innamorato distrutto dalla scomparsa della moglie o un assassino? A curare la regia del film è David Fincher e per chi non sapesse di chi stiamo parlando, quest’uomo è il regista di film come Il curioso caso di Benjamin Button, The social network, Fight Club e Seven. Per non parlare poi dei due attori protagonisti: Ben Affleck e Rosamunde Pike, dei quali bellezza e bravura sono noti anche ai profani. Il 2 ottobre tutti al cinema a godersi questo thriller, allora. Ma vi invito a compiere un piccolo test.
PICCOLO ESPERIMENTO PRECINEMA – Vi propongo un affare (mi rivolgo a chi non abbia letto il libro o si sia fatto spoilerare il finale). A dire il vero si potrebbe fare anche direttamente con la realtà, ma risulterebbe indubbiamente più arduo. Un passo per volta. Provate (proviamo, che tanto siamo fatti tutti della stessa pasta) ad andare al cinema senza alcun pregiudizio: noi non lo sappiamo se Nick ha ucciso o no la moglie. «Che sciocchezza!» starete pensando: ovvio che non lo sappiamo, è questo il motivo che ci spinge a guardare il film: scoprire se l’abbia uccisa lui o meno. E a me verrebbe da rispondervi che quello che dovrebbe incuriosirvi è sapere cosa sia accaduto ad Amy, senza partire dal presupposto che, con buona probabilità, il marito psicolabile l’abbia tagliata a pezzettini e ne abbia sparso i resti lungo il Missouri. Vi chiederei anche di fare lo sforzo di guardarvi dentro ed essere sinceri: lo sperate (concedetemi il termine, ma sfumatelo un poco), in fondo, che sia stato lui. Lo sperate non per sadismo, ma perché siete umani e ci servono i mostri. Ci serve qualcosa su cui riversare il nostro rancore, il nostro disgusto, lo sdegno, lo schifo, l’odio. Ci serve cibo capace di nutrire il nostro gusto per il macabro. Ci serve la paura per sentirci vivi. Ci servono streghe da bruciare e mostri da cacciare. Chi scrive non lo sa, se Nick abbia o non abbia ucciso Amy. Chi scrive si augura solo, una volta scoperto cosa sia successo ad Amy (nel film, e a Tania, Anna, Katia, Giulia, Maria e metteteci tutti i nomi che volete, nella vita reale) di provare il giusto disgusto, il giusto rancore, il giusto sdegno. Di sperare che prima o poi l’uomo riesca a fare quel benedetto salto evolutivo, che pare essergli tanto arduo, fino a capire che certi soprusi fanno semplicemente schifo nel modo più assoluto. Ma chi scrive si augura anche di saper guardar quell’uomo senza indicarlo col dito. Di usare il pensiero e la sensibilità per comprendere il male e combatterlo. Di condannare nel modo più ferreo il gesto, non l’uomo. E di lasciare nella cassetta degli attrezzi chiodi e martello, che i “mostri” li crocifiggevano i romani, secoli fa. E qualche volta crocifiggevano anche Cristo.
Elisa Belotti
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