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Dramma Brasile: dal Maracanazo al Mineirazo

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brasile mineirazo

Un Mondiale cominciato con un autogol, fatto di lacrime, critiche e pressioni, terminato con l’ennesima beffa per il Brasile. L’ennesimo incubo per i brasiliani. Nella Semifinale tra la Germania e la Nazionale verdeoro si è assistito ad un vero e proprio massacro calcistico. Chiunque abbia visto la partita avrà cercato tra i propri ricordi, frugando nei cassetti della mente altri episodi di pianto generale sulle tribune di uno stadio, dopo soli 28 minuti di gioco. Gli Dei del calcio a volte sanno essere davvero impietosi, quasi quanto i tedeschi. Per il Brasile la maledizione continua e, a distanza di 64 anni, si aggiunge un’altra pagina, dopo quella del 1950, quando più di 200mila persone gremirono il Maracanã e videro l’uruguaiano Ghiggia strappare la Coppa del Mondo – allora Rimet – al popolo carioca, sicuro di una vittoria casalinga. Era il celebre Maracanazo, come venne poi rinominato quell’infausto evento. Da oggi, sul libro speciale delle tragedie sportive brasiliane, troverà posto anche il “Mineirazo”: quella partita che vide la Nazionale verdeoro inchinarsi davanti al suo pubblico, umiliati e impotenti.

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Una tifosa del Brasile piange disperata a fine gara

UMILIATI – La Germania ha espresso un calcio di livello stellare, quello che tutti i tifosi in maglia gialla avrebbero voluto vedere da Neymar e compagni, durante questo Mondiale. Non si può dire che la seleção esca dalla competizione a testa alta, probabilmente è questo che più delude i brasiliani, non solo la pessima – a dir poco – prestazione contro la Germania, ma per aver mostrato per tutto il Mondiale un gioco privo di quella frizzantezza, fantasia e gioia che il calcio ha sempre invidiato al Brasile. Al maracanazo l’Uruguay ebbe la meglio in un match giocato e combattuto, deciso solo da quei due fuoriclasse in maglia celeste, Schiaffino e Ghiggia, che batterono il grande Brasile di Jair, Ademir, Friaça, ecc. Quella di ieri è tutta un’altra storia. Il Brasile ha realizzato in modo violento che nel calcio di oggi la difesa è importante quanto l’attacco e che un Thiago Silva vale tanto quanto Neymar. Già, perchè l’assenza del capitano era passata in secondo piano in confronto a quella del 10 verdeoro, ma ieri è pesata parecchio, anche se probabilmente non sarebbe bastata la sua presenza a fermare quegli indiavolati con la maglia scura, capaci di entrare da tutte le parti nel fragile e frastornato reparto arretrato brasiliano. Avrebbe però limitato l’umiliazione, rendendo per quanto si possa, leggermente più dolce l’eliminazione dal secondo Mondiale di casa della storia carioca. Anche questo terminato invece in modo drammatico.

LA TRAGEDIA – Seppur non si trattasse di una finale, il colpo è stato durissimo. Il Brasile si è svegliato stamattina con un senso di sgomento ancora vivo, ancor più intenso per tutti coloro nati nella prima metà del secolo scorso, già testimoni dell’altra tragedia sportiva. La Germania ha umiliato non solo una Nazionale, ma un popolo intero, non abituato a subire sconfitte di tale portata. Il fardello di questa disfatta verrà ricordato a lungo, resterà vivo nei ricordi del popolo carioca, così come a più di mezzo secolo di distanza ancora si parla del maracanazo, per molto tempo circolerà la parola Mineirazo, il giorno tragico in cui il Brasile si inchinò ai piedi dell’umiliazione più totale. Sette gol presi. Mai nella storia della Nazionale brasiliana c’era stata una sconfitta tanto roboante e il dramma è proprio il fatto che sia arrivata nel Mondiale di casa, quello della speranza di un popolo che desiderava dimenticare il 1950, ma soprattutto poter lasciare tutti i problemi del paese alle spalle – almeno per un po’ – per festeggiare uno dei simboli del loro essere, la Nazionale di calcio che rappresenta lo stile di vita dei brasiliani, il cuore pulsante del Brasile stesso. Ci vorrà tempo per tornare a sorridere, ma tutti gli appassionati di calcio non possono non sperare che l’attesa sia breve perchè in fondo, il calcio più divertente è sempre stato roba loro. Boa Noite Brasil.

Jacopo Rosin (@JacopoRosin)

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