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Argentina-Olanda ed il Mondiale dei desaparecidos
Desaparecidos come le tante vittime di una dittatura ignobile, desaparecidos come gli eroi che non vollero prendere parte ad una sceneggiata. Nel momento in cui la storia di uno sport e quella di una nazione in fiamme si intrecciano, ogni gesto tecnico perde la sua essenza ed un gioco smette di essere tale. È successo in Argentina nel 1978, anno in cui il tenente generale Jorge Videla trasformò un Mondiale di calcio in uno strumento di propaganda politica.
IL MONDIALE DEI DESAPARECIDOS – Non era stato Videla a volere quel Mondiale, ma volle comunque farlo suo. Il calcio fu un’opportunità per esaltare lo spirito nazionalista dell’Argentina e distogliere l’attenzione dai mali di una dittatura sanguinaria. La Fifa, di fatto, appoggiò il disegno del militare e nessuno, o quasi, boicottò la manifestazione. Quasi. Lo fecero il maoista tedesco Paul Breitner, il capitano dell’Argentina Jorge Carrascosa ed il grande Johan Cruijff, ufficialmente assente per la paura di un nuovo tentativo di sequestro (era stato aggredito a Barcellona pochi mesi prima dell’inizio del torneo), ma, probabilmente, anche per non mettere piede in un mondo che non gli piaceva. Un altro grande assente fu il diciassettenne Diego Armando Maradona, escluso dal tecnico argentino Menotti, ma quella è un’altra storia.
L’ARANCIA MECCANICA CI RIPROVA – Quasi inutile dirlo: l’Argentina, trascinata dalle giocate di Kempes e Passarella e, soprattutto, da numerosi favori arbitrali, arrivò in finale. Si giocò al Monumental di Buenos Aires il 25 giugno del 1978. Trovarono di fronte la squadra più bella di quegli anni, l‘Olanda di Ernst Happel, alla seconda finale mondiale consecutiva dopo quella persa quattro anni prima contro la Germania Ovest. L’assenza di Cruijff non si fece sentire: gli Oranje facevano del gioco corale e del calcio totale le loro armi più pericolose, le giocate del singolo erano una ciliegina sulla torta, non tutto. Il match fu diretto dall’arbitro italiano Sergio Gonella, protagonista in negativo di centoventi minuti vergognosi.
UN PALO MALEDETTO – L’Argentina passò subito in vantaggio con un gol di Kempes, ma soffrì poi i ritmi forsennati del gioco olandese. Gli Oranje sfiorarono più volte la rete del pareggio, ma la porta di Fillol sembrava essere maledetta. Gonella ci mise del suo favorendo il gioco durissimo degli argentini, che ricorrevano a falli da macellai per fermare gli avversari. Nonostante tutto, a dieci minuti dalla fine, l’Olanda trovò l’1-1 con un gol di testa di Nanninga. Quasi allo scadere, l’Arancia Meccanica sfiorò addirittura la rete che avrebbe consegnato quegli uomini agli annali della storia del calcio, ma il tiro di Rensenbrink finì beffardamente sul palo. I militari argentini tirarono un sospiro di sollievo. Quel Mondiale da vincere a tutti i costi si poteva ancora conquistare, e così fu.
IL TRIONFO DELL’ARGENTINA – Ai supplementari infatti, la’Arancia Meccanica, spremuta da novanta minuti ad altissimo livello, cadde sotto i colpi di Kempes, alla sesta rete in quel Mondiale, e Bertoni. Finì 3-1 per i padroni di casa. Videla consegnò la coppa nelle mani di Passarella, ma, di fatto, accadde il contrario. Aveva vinto la forza del sangue e della corruzione, aveva perso il calcio. Lo sport è un’altra cosa.
Antonio Casu
@antoniocasu_