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Brasile, allarme “ choradeira ”: i giocatori piangono come bambini
Tutto cominciò con Thiago Silva, scoppiato a piangere nel tunnel dello stadio poco prima dell’inizio del match inaugurale dei mondiali fra Brasile e Croazia. Poi è stata la volta di Neymar, sorpreso a singhiozzare in mondovisione (la partita era Brasile-Messico) durante l’ultima strofa dell’inno nazionale verdeoro. Infine – non c’è due senza tre – è toccato al portierone Julio Cesar, che dopo aver parato due rigori decisivi contro il Cile ha “rotto gli argini” davanti al reporter Tino Marcos di Globo Tv: “Tino” – esordisce l’ex campione d’Europa e del mondo – “quattro anni fa ho fatto un’intervista molto triste con te, e piansi per ciò che era successo (uscita contro l’Olanda ai quarti di finale di Sudafrica 2010, ndr) e perché sapevo di avere le mie colpe. Piango anche adesso, ma queste sono lacrime di gioia ed emozione. Solo Dio e la mia famiglia sanno ciò che abbiamo passato. Adesso il mio grande sogno è darti un’altra intervista, tra due settimane, con il Brasile tutto quanto in festa. Sapevamo che il Cile ci avrebbe reso la vita difficile – aggiunge Julio continuando a singhiozzare – e infatti dopo aver segnato con Sanchez si è ritrovato e ci ha messo in grossa difficoltà. (…) Ora sono troppo emozionato, piango perché rappresentare il nostro paese è sempre una pressione molto forte. Spero di aver cancellato quella sconfitta con l’Olanda in Sudafrica che mi ha fatto così male per tanto tempo”.
IL PARADISO DEGLI STRIZZACERVELLI – Ogni partita un pianto, quindi, e ora in molti si chiedono a chi toccherà contro la Colombia. La speranza, naturalmente, è che alla fine non capiti un po’ a tutti di piangere a dirotto sia in campo che sugli spalti, ma il think positive non basta a scacciare lo spettro del Maracanazo (la finale mondiale persa in casa nel 1950 contro l’Uruguay) e l’incubo di una nuova “tragedia” collettiva. Come sono fatti i brasiliani, sotto questo aspetto, si sa, e quindi questa improvvisa e imprevista choradeira dei giocatori allarma (e non poco) un intero popolo, dai media sportivi allo staff tecnico della Selecao. Lo “squilibrio emotivo” che si sta diffondendo nel gruppo, lungi dall’essere considerato come il riflesso di un “disagio” ben più ampio, è un problema che riguarda i giocatori e che deve essere affrontato e risolto in tempi stretti. Qui ci vuole uno psicologo di quelli bravi, si è detto il ct Felipe Scolari, anzi, una psicologa, la bravissima dottoressa Regina Brandao, la stessa che fu già di grande aiuto nel 2002 ai tempi della vittoriosa spedizione coreana.
MEGLIO LA PSICOLOGA PRIMA CHE LO PSICHIATRA POI – Detto, fatto. La dottoressa Brandao, “convocata” in tutta fretta, ha già raggiunto il ritiro di Teresopolis, e ora ha il delicato compito di sconfiggere una truppa ritenuta emotivamente allo sbando. Le lacrime dei verdeoro, infatti, non sono il segno di un comprensibile trasporto ma di un’eccessiva fragilità, questo pensano un po’ tutti, e i colloqui individuali con i 23 giocatori della rosa hanno lo quindi scopo di restituire la necessaria serenità a chi già si tormenta al pensiero della Colombia del matador James Rodriguez e del ct argentino José Pekerman. Per riuscire nell’impresa, e alleggerire la terribile pressione esercitata sui giocatori anche dallo stesso Scolari (che alla vigilia del mondiale disse “Giochiamo in casa, il minimo che possiamo fare è vincere”), la dottoressa Brandao ha solo due giorni di tempo, quelli che dividono il Brasile dal match contro la Colombia. Solo 48 ore, quindi, per capire la vera natura dello “squilibrio” e correre ai ripari. In bocca al lupo.
Una domanda, nel frattempo, resta in sospeso. Il problema dei brasiliani è la subdola choradeira di cui ora parlano tutti o si tratta di pura e semplice cagarellão? Di banale consapevolezza di non essere un granché e di aver lasciato un po’ a desiderare fin qui? Di aver vinto con la Croazia grazie a Nishimura-gol e impattato col Messico senza incantare, di aver subito l’unico gol messo a segno dal Camerun in questo torneo e di aver poi rischiato di brutto contro un Cile forte ma non trascendentale? Chissà. Di sicuro la dottoressa Brandao capirà al volo qual è la magagna, ma se questa fosse dovuta all’inquietudine di cui sopra beh…nessuno sa meglio dei giocatori stessi (e, forse, del ct) se è motivata oppure no. E se lo è, più che Regina qui ci vuole Mandrake. O Nishimura.
Enrico Steidler