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Nel regno di Ochoa: l’eroe disoccupato
Quanti conoscevano il nome di Guillermo Ochoa prima di Brasile-Messico? Forse gli appassionati di calcio più estremi che mangiano pane e calcio, oltre agli addetti ai lavori che sentono il nome di Ochoa già da qualche tempo. Già, perchè se proprio vogliamo dirla tutta, “Memo” – soprannome del portiere messicano – non è proprio un perfetto sconosciuto. Il suo procuratore, Jorge Berlenga, aveva provato ad avvisarci qualche mese fa: «Ochoa non ha bisogno di giocare la Coppa del Mondo per dimostrare il suo talento». Ieri sera ha dimostrato di avere ragione lui, durante la seconda gara del gruppo A contro la Seleção, Ochoa ha praticamente fermato da solo l’arrembaggio brasiliano – degna di nota anche la solida difesa del Messico – vincendo poi il premio di migliore in campo al termine del match e attirando su di sè gli occhi dei club in cerca di un portiere: Ochoa si prende a zero perchè, udite udite, è senza contratto.
UN REGNO DI 5,50 m x 18,32 m – Ochoa è il nuovo padrone dell’area piccola del Messico, paese che ha già sfoggiato in passato portieri memorabili: da Antonio Carbajal a Oswaldo Sanchez, passando dal coloratissimo Jorge Campos, vero e proprio idolo in patria, con quei suoi pittoreschi completini ispirati ai colori sgargianti degli uccelli tropicali. Guillermo Ochoa è l’ennesimo prodotto della scuola dei portieri messicana, anche lui con un look tutt’altro che conformista, con quei riccioli e quello stile tutto suo che mette al primo posto il non prendere gol più che l’estetica della parata. Tesi tutto sommato condivisibile. Cresciuto con il mito di Peter Schmeichel, Ochoa è agilissimo e anche un po’ eccentrico, caratteristica che in piccole dosi non guasta in un portiere, ma soprattutto insuperabile con quei riflessi davvero incredibili, vedere il salvataggio sulla zuccata di Neymar per credere. La carriera di Ochoa inizia in una delle società più prestigiose del Messico, il Club América, del quale diventa titolare appena 19enne. Con le aquile giallo-blu vince nel 2005 la Primera División messicana e il Campeón de Campeones, nel 2006 la Coppa Campioni Centroamericana e la CONCACAF Champions League ed un’InterLiga nel 2008. Altro che sconosciuto: nel suo continente era già una leggenda, e Ochoa, classe ’85, aveva strabiliato anche quelle autorità dall’occhio lungo di France Football che nel 2007 misero il suo nome nella lista per il Pallone d’oro, in quell’élite del calcio mondiale dove non si entra per caso, ancor meno da oggetto misterioso.
PASSATO E FUTURO – Nel 2011, nel pieno di un brutto caso di doping che lo aveva coinvolto – poi scagionato – che aveva allontanato le squadre europee che si erano interessate a lui, si fa vivo l’Ajaccio, che vuole Ochoa per difendere la porta corsa. Ecco l’occasione che “El Games” – il videogioco – come viene chiamato in patria, stava aspettando. Certo, l’Ajaccio non sarà un top club, ma lui firma e vola in Francia: «Quando nessuno mi cercava più per colpa di accuse ingiuste, l’Ajaccio è stata l’unica squadra a credere in me». Tre anni in Corsica con prestazioni più che buone, ma nella stagione appena conclusa la squadra retrocede, più a causa della scarsa qualità della rosa che per eventuali colpe di Ochoa. Il suo contratto è in scadenza e Memo non rinnova trovandosi così attualmente svincolato. Ad aprile si era interessato a lui il Milan, poi convinto a virare su Agazzi anche per una questione di passaporto extracomunitario. La destinazione rossonera era – e rimane comunque – più che gradita: «Futuro? Ho 28 anni, so di poter crescere ancora molto – aveva risposto Ochoa – Sogno di approdare in un grande club, come il Milan, ad esempio, ma non ho fretta». Indiscrezioni delle ultime ore hanno segnalato su di lui i binocoli del Liverpool, Napoli e dello stesso Milan, Espanyol, ma occhio al Marsiglia che sembra aver già preso contatti con l’entourage del giocatore che, per ora, non ha altri pensieri che per il Mondiale con il suo Messico.
Jacopo Rosin (@JacopoRosin)