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Milan: tra la tarantella della panchina e il De Profundis dello stile
In via Aldo Rossi (solo uno dei cambiamenti epocali, per i tifosi dell’ultima generazione che hanno sempre visto la sede del Milan nella storica e prestigiosa Via Turati) suona musica dissonante e policorde, di certo stonata e non facilmente mescolabile: le ballate della tarantella con la gravità del de profundis. Che succede davvero in casa rossonera?
LE IDI DI NOVEMBRE – Succede che bisogna fare un passo indietro, e tornare ad una data precisa: il 12 novembre del 2011. Silvio Berlusconi si “dimette” da Presidente del Consiglio, e, come in una battuta di Woody Allen, cerca ossessivamente di rientrare lì da dove è uscito, ma la notizia scatena un devastante effetto domino. Tutte le sue pendenze giudiziarie gli presentano il conto e gli amici politici di una vita, vista la malaparata, lo abbandonano. L’ex Cavaliere (nel frattempo ha perso anche il titolo) demanda a Galliani il dominio sull’operato del Milan con una sola accortezza: “Non so economicamente quanto posso darti, quindi risparmia il più possibile”. Ma l’assenza di Berlusconi si fa sempre più sentire e diventa decisiva nel momento peggiore
ALLEGRI(A) DI NAUFRAGI – Bisogna scegliere il destino di Allegri dopo il deludente (per gli standard del Milan) terzo posto 2012-2013. Berlusconi vorrebbe cacciarlo a pedate, Galliani gli consiglia di guardare il portafoglio e Silvio si lascia convincere, ma decidendo di affiancare a Galliani una sorta di supervisor: la figlia Barbara. Ma le nuove elezioni e la chiusura dei processi incombono, così, dopo aver rotto il monopolio ventennale di Galliani, è costretto a scappare, senza neanche aspettare che il mutamento si assorba. Così in un clima di totale caos e di mancanza della dirigenza si consumano nell’ordine: il siluramento di Allegri, ormai chiaramente inviso alla squadra, e l’entrata di Seedorf che corona una serie di debutti di altissimo livello: primo allenatore scelto da Barbara (Galliani non glielo perdonerà mai), prima esperienza senza neanche una gavetta ecc, prima scelta tecnica che da Berlusconi ha avuto solo l’avvallo ecc.
LA PAROL(ACCI)A AL CAMPO – Seedorf si trova davanti un disastro: Allegri ha fatto più danni della grandine a livello tecnico, di preparazione atletica e di gestione del gruppo, ma l’olandese si mette a lavorare sodo. Paga a carissimo prezzo errori importanti, (sì ma sarebbe la prima esperienza, e in una situazione d’emergenza….) ma riesce a dare un gioco al Milan e a trovare la quadra verso fine stagione, con i risultati che arrivano. Ma manca la qualificazione in Europa League (troppo ampio il divario da colmare). Una dirigenza normale, che avesse seguito il corso degli eventi, lo avrebbe confermato in toto: il Milan no.
Galliani fa la vipera, relaziona Berlusconi su Seedorf come peggio non si può e il presidente decide per l’esonero. Ma senza accordarsi col diretto interessato, che ad oggi risulta ancora l’allenatore del Milan, in attesa che Filippo Inzaghi prenda il suo posto. E forse proprio Filippo Inzaghi, insieme alle ultime vicissitudini politiche, potrebbe essere l’ultima possibilità per il Milan di Berlusconi.
LUCE ALL’ORIZZONTE – La fortuna del quarto di secolo berlusconiano è quella di aver sfornato uomini validi, prima ancora che giocatori, in quantità industriale. Figure carismatiche, grande appeal sul tifoso medio e profonda conoscenza del calcio giocato e insegnato (aver avuto come allenatori Sacchi e Capello aiuta…). Alcuni sono già diventati allenatori (Donadoni, tutto il trio olandese, ecc.) altri hanno tutti i crismi per diventarlo, come Superpippo, che potrà imparare subito dagli errori gestionali del suo predecessore, che lo hanno fatto esonerare ben oltre i meriti sul campo. Inoltre, dopo le Europee, Berlusconi avrà molto tempo senza appuntamenti politici e imprenditoriali decisivi (ricordiamo che è ai servizi sociali) per rilanciare la sua immagine. E il rilancio è spesso ripartito dalla gestione in prima persona della squadra, che Berlusconi ha assicurato subito dopo la tornata elettorale. Con Pippo, con Silvio, e con l’unico pensiero di ritornare grandi. Il nuovo Milan può nascere da qui
Modestino Picariello